Il Conti in tasca
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martedì 11 novembre 2014
Stop all'Abo gratuito per anziani e studenti
La legge provinciale sul trasporto locale sarà rivista entro Natale. D'altronde risale al 1985 e una rinfrescata sembra necessaria. Il primo passo, comunque, è stato fatto questa mattina in giunta provinciale concentrandosi sulle spese e le tariffe. Il treno costa alla Provincia 50 milioni di euro, il bus 80 milioni. Le direttive Ue impongono una copertura del 34%. "Abbiamo riguardato le tariffe partendo dal principio che chi più viaggia più risparmia" l'esordio dell'assessore competente Florian Mussner. La vera novità, peró, è la fine del privilegio gratuito per anziani e giovanissimi: stop, insomma, all'Abo piovuto dal cielo. "Abbiamo investimenti in vista e delle quote europee da rispettare. Non potevamo continuare a non considerare i costi di un servizio". Bambini e giovani, quindi, pagheranno una quota forfettaria annuale di 20 euro per Abo+ fino alla maturità superiore. Capitolo anziani: quota annuale di 75 euro per chi ha un'età tra i 70 e i 75 anni e 20 per gli over 75. Per tutti gli altri predisposte fasce chilometriche con 0,12 centesimi per le percorrenze tra 0 e 1000 chilometri, 0,08 tra 1001 e 2000, 0,03 tra 2000 e 10000, 0,02 tra 10000 e 20000. Il massimo raggiungibile è 640 euro annuali. Previste anche delle modulazioni famigliari al ribasso. (a.c.)
Set a Bolzano per Tornatore
Sono venti le domande presentate per un finanziamento provinciale alle produzioni cinematografiche. La giunta provinciale ne ha scelti sei: "Abbiamo dato via libera per un contributo globale di 1,5 milioni di euro con ricadute sul territorio per 3 milioni di euro" le parole del presidente Arno Kompatscher. Tra questi anche una pellicola di Giuseppe Tornatore con il premio Oscar Jeremy Irons tra i protagonisti. Le riprese saranno anche nella città di Bolzano. Atteso, infine, Christian De Sica per un set sul Renon. (a.c.)
sabato 8 novembre 2014
Teresa, una spagnola alla Caritas per volontariato
“Bolzano è un piccolo paraiso”. Lo dice proprio così,
mescolando l’italiano allo spagnolo perché sciogliere una lingua nell’altra è
prassi quotidiana per Teresa Lapresa, spagnola di 27 anni impegnata per un anno
alla Caritas nel l’ambito del progetto “Erasmus Plus”. Facile tra idiomi
latini, verrebbe da dire, ma Teresa è arrivata alle nostre latitudini sull’onda
del tedesco in un percorso che è quello del servizio civile volontario. “Volevo
provare questa esperienza e, avendo studiato tedesco a scuola e ad Augsburg, mi
hanno subito proposto la Caritas bolzanina”. Il che non è esattamente banale
perché Teresa è originaria di Logroño, Regiona La Rioja a un tiro di schioppo
da Bilbao. Terra d i vino e buona gastronomia, ma non proprio zone dai
frequenti contatti con la realtà altoatesina. “La fortuna ha voluto che qui
cercassero qualcuno esperto di comunicazione con nozioni di tedesco. Io sono
laureata in comunicazione audiovisiva e giornalismo: volevo un’esperienza di
vita”.
Vitto, alloggio e 265
euro al mese: questi gli strumenti per provarci. “Bastano e avanzano – racconta
con un sorriso da prendere nota – perché questi mesi mi stanno regalando
contatti umani che sono un arricchimento continuo”. Binario 7, Casa
Freinademetz, Casa Margaret, Street Life, Young Caritas: dai problemi di
dipendenza agli stranieri in cerca di inserimento, passando per i giovani
all’uscita delle discoteche. C’è di tutto nel lavoro di una ragazza che non
nasce professionista del sociale. “La curiosità fa parte dell’essere giornalisti
o comunicatori e parlare con utenti, educatori e colleghi rappresenta una
crescita costante. Mi fa sorridere come tutti si stupiscano di vedere una
spagnola che parla meglio il tedesco dell’italiano. Rimangono sbalorditi”. Il
che non significa affatto che ignori la lingua di Dante. “L’ho imparata in
questi mesi, tanto affascinante quanto irregolare. Per nulla comoda: si dice
“comoda” anche in italiano no?”.
Non è facile, però,
trovare uno spagnolo in Alto Adige. “No, è vero, ma il nostro Paese attraversa
una crisi spaventosa e sempre più giovani espatriano. Abbiamo il 50% di
disoccupazione giovanile e il lavoro va cercato seguendo altre strade. La
realtà altoatesina, al confronto, fa i conti con una crisi più gestibile.
Moltissimi dei progetti della Caritas o del welfare che voi avete la bravura di
finanziare in Spagna non sono nemmeno immaginabili”. Intanto la “prensa”
iberica si è incuriosita e già alcuni articoli raccontano di questa
connazionale sospesa tra italiano e tedesco portando, così, il nome di Bolzano
in Spagna. “Siete una realtà che stupisce, inserita in un contesto ambientale
meraviglioso”. Da costruirci un futuro anche oltre l’anno di servizio civile
europeo? “Mi piacerebbe molto, ma la vita costa cara e devo trovare una
soluzione che mi permetta di affrontarla. Forse mi concentrerò
sull’insegnamento delle lingue”. L’italiano, comunque, è mediamente curioso
della realtà spagnola. “Sì, assolutamente, ma non bisogna fermarsi alle sole
Madrid e Barcellona. Io lo dico a tutti: visitate Bilbao e vedrete una Spagna
diversa e altrettanto affascinante. Mai smettere di essere curiosi. Mai”.
Alan Conti (Alto Adige)
mercoledì 5 novembre 2014
Spagnolli: "Sel-Aew è una corsa contro il tempo"
"Mi verrebbe da prendere qualcuno per le strazze". È forte la presa di posizione del sindaco di Bolzano Luigi Spagnolli sulla dibattuta querelle della fusione energetica tra Sel e Aew. Troppe chiacchiere, forse, prima di avere un quadro chiaro: "Mancano i dettagli totali dell'operazione. La prossima settimana avremo una maggioranza sugli aspetti giuridici, ma tutte le questioni vanno definite bene prima di poter dare un giudizio". La road map, comunque, è tracciata: "Credo che a inizio dicembre saremo in grado di creare una maggioranza attorno a questo. Rimane la dead line giuridica del 17 dicembre dove ci sarà una decisione sulle concessioni. Un atto giuridico che gli esperti giudicano assolutamente improcrastinabile". Difficile capirne l'esito. "Bisognerà decidere - continua Spagnolli - il destino delle concessioni con la possibilità di una nuova gara con regole che nel frattempo sono cambiate. In questo mercato i piccoli sono destinati a morire nel confronto con i grandi. Lo dicono le statistiche dell'economia. Vale pure per noi". Come uscirne allora? "La volontà è di creare questo accorpamento che sarebbe il quarto d'Italia per quanto concerne le energie rinnovabili. A me piacerebbe, poi, allargare il discorso anche a Dolomiti Energia e alle realtà del Tirolo del Nord per un player che sia dell'Euregio". È un quadro prettamente economico a guidare il primo cittadino: "Ci sono due dati statistici evidenti. Da una parte un prezzo dell'energia destinato a scendere, dall'altra un previsto calo di valore delle piccole aziende. Con l'unione potremmo evitare il secondo deprezzamento". Bisognerà sforbiciare sui posti apicali? "Certo diminuiranno, ma questo da un punto di vista dei costi amministrativi mi pare un vantaggio".
Nel frattempo, peró, ci sarebbe uno studio da 500 pagine che naviga tra gli uffici amministrativi. "Vero, abbiamo chiesto alla Provincia di fornirci un sunto di quanto scritto. Si tratta comunque di un'operazione molto complessa: lo è tra due soggetti privati, figuriamoci pubblica". Sulla maggioranza, invece, Spagnolli è piuttosto fiducioso. "Io sono convinto di portare dietro i miei numeri. Il problema è che non esiste alternativa perché la cara vecchia Ae non potrà continuare a funzionare bene nei prossimi 120 anni come ha fatto finora". A stringere, comunque, è la tenaglia tempistica. "Esatto, ma nella politica si è spesso a correre dietro alla cose a ridosso delle scadenze. Non è detto che sia sempre negativo perché le dead line possono dare lucidità e serietà". Fine novembre o inizio dicembre la questione varcherà il consiglio per qualche seduta con la necessità di votate immediatamente. Uguale percorso per Merano, mentre per Sel si esprimerà la giunta provinciale.
Intanto le amministrazioni aprono i paracaduti economici: "Abbiamo bisogno di cautelarci, ma non posso fare cifre in un momento di trattativa". Ancora prematuro, infine, la discussione attorno al nome di una società con un profilo ancora tutto da definire.
Alan Conti
lunedì 3 novembre 2014
Stop all'uccellagione anche in Veneto
Il ravvedimento, come
sottolineano Andrea Zanoni e Caterina Rosa Marino della Lega per l’abolizione
della caccia, è sostanzialmente figlio delle norme europee stringenti.
“Finalmente anche l’amministrazione regionale si è piegata a una direttiva
continentale che fin dal 1979 tutela un bene transnazionale che non conosce
confini”. Il concetto è semplice: i migratori si spostano continuamente e non
possono essere considerati parte integrante di un solo territorio. Ergo niente
reti per fare di pochi quel che è di tutti. “Questo sistema di uccellagione è
proibito perché assolutamente non selettivo e capace di danneggiare seriamente
pure le specie protette”. Specie che, per inciso, non è affatto detto soffrano
meno di un comunissimo passerotto da balcone.
La vittoria delle
associazioni, in ogni caso, è anche un momento per godersi la fine di una lunga
battaglia. “E’ dal lontano 1995 che ci diamo da fare per evitare questa
barbarie – ricorda Zanoni che è anche deputato a Bruxelles – con controlli in
veste di guardie volontarie, denunce alla magistratura penale, ricorsi al Tar,
al Consiglio di Stato, petizioni e manifestazioni pubbliche. Senza dimenticare
l’intensa attività all’interno del Parlamento Europeo e gli incontri con la
relativa commissione ambiente”. Una vittoria che, ovviamente, è anche politica.
“La giunta Zaia ha dovuto gettare la spugna perché non aveva più argomenti per
difendere questo sistema di annientamento. Oltre a questo, comunque, credo che
abbia un grande valore morale e normativo il riconoscimento di questi animali
come bene internazionale. Una ricchezza che spetta a tutti e che, come tale, va
difesa da tutti”. Nessuno, insomma, può considerare suo il cielo e chi lo
sorvola.
Alan Conti (www.altoadige.it)
Via Cagliari al buio: "Abbiamo paura"
“Dateci una mano” chiedono a noi.
In realtà basterebbe accendere i lampioni e piantare due fiori per migliorare
un minimo la situazione nei cortili delle case Ipes chiusi a sandwich tra via
Cagliari e via Genova. Non esattamente operazioni tra le competenze di un
giornale che, però, può raccogliere paure e fastidi che a tratti hanno
dell’incredibile.
Al calar del sole, infatti, la piccola lingua d’asfalto che corre dietro ai civici 51-53 di via Cagliari e il parco attiguo restano completamente al buio. Oscurità fitta, roba che nemmeno i più nascosti carrugi genovesi. Il motivo comincia a spiegarlo Elvia Bevilacqua: “Bastano poche gocce di pioggia per far saltare i lampioni. Per ovviare a questa situazione l’Ipes aveva fatto installare dei faretti di nuova generazione che dopo pochissime settimane si sono tutti rotti”. Un investimento a vuoto che tuttora occhieggia lungo pareti esterne che, tra muffa e intonaco cadente, paiono lasciate a loro stesse. Il buio pesto, chiaramente, è humus naturale per timori e microdelinquenza. “Abbiamo paura di uscire dopo il tramonto – le parole di Bruna Stichuaser che abita al piano terra con un curato terrazzo direttamente sul piccolo parco Ipes – e spesso si aggirano personaggi equivoci”. La droga e gli scippi non sono sconosciuti. “Abbiamo trovato un bilancino – continua Bevilacqua – e dosi nascoste all’interno dei cespugli. La questura lo sa e i passaggi delle auto della polizia sono regolari, ma non possono essere sempre qui. Negli ultimi anni, poi, ben due persone anziane sono state scippate decedendo poco dopo per le conseguenze fisiche e psicologiche. Siamo preoccupati”. Il marito, intanto, qualche giorno fa è caduto in cortile a causa della scarsa visibilità serale.
Al calar del sole, infatti, la piccola lingua d’asfalto che corre dietro ai civici 51-53 di via Cagliari e il parco attiguo restano completamente al buio. Oscurità fitta, roba che nemmeno i più nascosti carrugi genovesi. Il motivo comincia a spiegarlo Elvia Bevilacqua: “Bastano poche gocce di pioggia per far saltare i lampioni. Per ovviare a questa situazione l’Ipes aveva fatto installare dei faretti di nuova generazione che dopo pochissime settimane si sono tutti rotti”. Un investimento a vuoto che tuttora occhieggia lungo pareti esterne che, tra muffa e intonaco cadente, paiono lasciate a loro stesse. Il buio pesto, chiaramente, è humus naturale per timori e microdelinquenza. “Abbiamo paura di uscire dopo il tramonto – le parole di Bruna Stichuaser che abita al piano terra con un curato terrazzo direttamente sul piccolo parco Ipes – e spesso si aggirano personaggi equivoci”. La droga e gli scippi non sono sconosciuti. “Abbiamo trovato un bilancino – continua Bevilacqua – e dosi nascoste all’interno dei cespugli. La questura lo sa e i passaggi delle auto della polizia sono regolari, ma non possono essere sempre qui. Negli ultimi anni, poi, ben due persone anziane sono state scippate decedendo poco dopo per le conseguenze fisiche e psicologiche. Siamo preoccupati”. Il marito, intanto, qualche giorno fa è caduto in cortile a causa della scarsa visibilità serale.
La sicurezza, naturalmente, occupa le prime
posizioni di un’insoddisfazione nota all’Ipes. Camminando per il cortile, però,
si capisce la volontà progettuale di fare di questo passaggio un piccolo
gioiello verde. Un intento che si scontra drammaticamente con una realtà fatta
di aiuole secche, incolte e ricettacolo di immondizie. “E’ un degrado assoluto,
un peccato quotidiano. Basterebbe qualche piccola attenzione e un briciolo di
investimenti sul decoro” allarga le braccia Tranquillo Petrocco. Parliamo di
famiglie che svuotano ogni mese tra i 400 e gli 800 euro mensili sul tavolo
dell’Istituto di via Milano per l’affitto. “Soldi che non si trasformano mai in
servizi per tutti. Anzi, veniamo spesso rimbalzati dalla stessa Ipes".
Intanto ogni giorno qualche sacchetto
dell’immondizia viene abbandonato al fianco dei bidoncini mentre le luci
(ancora loro) a led dei garage funzionano un giorno sì e tre no lasciando nella
penombra box facilmente raggiungibili data la totale assenza di cancelli.
Qualche senzatetto ha già capito l’opportunità di rifugiarsi al caldo per la
notte. Molti affacci esterni degli edifici, infine, sono contornati da
piastrelle azzurre fisse al muro come i denti da latte di un bambino alle
elementari. “Un giorno sono stata colpita da una mattonella cadente sul braccio
– chiude Stichauser - e ho dovuto correre al pronto soccorso con varie ferite”.
Un po’ troppo?
Alan Conti (www.altoadige.it)
mercoledì 29 ottobre 2014
Contro il tumore vince la terapia del sorriso
C’è la medicina delle terapie e
quella del sorriso. Alla prima si tende a dare fiducia, alla seconda si riserva
una benevolenza più retorica che pratica. Ecco la vera prospettiva che regala
la mostra fotografica inaugurata ieri nel foyer del Municipio di Bolzano a
firma di Emanuela Laurenti, trentenne bolzanina guarita dal linfoma di Hodgkin,
e di Fabrizio Giusti, presidente del Fotoclub Immagine Merano. Le sedici fotografie di un caleidoscopio in
bianco e nero colorano di vita una lotta, inutile nasconderselo, contro la
morte. Emanuela sorride e sbertuccia ironica un destino che ha messo i suoi
piedi su un baratro lasciando la testa ben salda a terra. Tra una risata e una
riflessione artistica, quindi, questi pannelli non formano solo una rassegna ma
sono mosaico di una terapia. Senza paura di ammetterlo.
“Assolutamente – risponde con
competenza il dottor Paolo Coser, presidente della sezione bolzanina della Lilt
che ha organizzato l’installazione intitolata “Luce” – non bisogna
sottovalutare questo messaggio psicologico. Emanuela ha saputo uscire dal buio
e tenere bene davanti a sé la luce in fondo al tunnel attraverso uno spirito
forte di analisi e divertimento. Di fatto ha esorcizzato la malattia e si è
aiutata in modo sostanziale nel percorso di guarigione”. Un atteggiamento che è
spia di un carattere solido, ma anche incoraggiante per il sistema altoatesino.
“Un punto di vista così dirompente è possibile con determinate qualità
personali collegate a un elevato grado di fiducia nei propri medici e nel sistema
in cui mettono in pratica le terapie. E’ tutto il contesto che viene premiato
da questa storia fotografica che è testimonianza e incoraggiamento”.
Curiosamente durante il vernissage presentato
da Paola Bessega si scopre che persino alcuni scatti hanno giocato un preciso
ruolo nel percorso di guarigione come spiega lo stesso Giusti. “Alcune immagini
sono fortemente metaforiche ricorrendo al parallelo con il pugilato. Non è
stata solo e semplicemente una scelta artistica. In quel momento, infatti, c’era
bisogno di allontanare alcune difficoltà e non c’è nulla di più efficace di un
buon linguaggio metaforico per mettere a fuoco la giusta distanza”. Poi tocca
direttamente ad Emanuela prendere la parola, intimorita più dal pubblico
accorso che non dal raccontare un’esperienza comunque difficile. “I momenti
peggiori sono stati la diagnosi e la perdita dei capelli. Attraverso le
fotografie, per esempio, sono riuscita a trasformare la rasatura in un qualcosa
di ironico e divertente. Ho dato a una tappa complicatissima una nuova
fisionomia psicologicamente più accettabile e, di conseguenza, anche
fisicamente”. Poi, tra una frase e l’altra, sgusciano fuori delle parole che
sembrano quasi di contorno e invece sono di sostanza: “Queste foto riprendono
attimi in cui onestamente non sapevamo come sarebbe potuto finire questo
percorso”. Noi le guardiamo con la coscienza di chi conosce già un lieto fine
che per quegli occhi è ancora oscuro. Iridi che sorridono dando una lezione.
Alan Conti
lunedì 27 ottobre 2014
Debra e il difficile volo dei bambini farfalla
Quanto gusto c’è in un abbraccio?
Quanta libertà nel camminare scalzi a casa propria? Sono solo due delle
sensazioni che i bambini farfalla non possono sentire sulla propria pelle
aggredita da una malattia meschina che si infila nelle pieghe della vita quotidiana
ingarbugliandola.
Si chiama “epidermolisi bollosa”, ma nel nome
comune si associa semplicemente alla delicatezza delle ali di una farfalla
perché basta un nulla per causare delle ferite, esterne o interne, su una pelle
colpita da fastidiose bolle. Una malattia che non ha cura e che rende la vita
di tutti i giorni una sfida persino difficile da immaginare. Al loro fianco l’associazione
Debra. In Alto Adige sono 15 i casi registrati e, a dispetto del nome, non si
tratta di soli bimbi perché farfalle, purtroppo, lo si rimane per sempre.
“Persino la banalità di un gesto come l’apertura di una porta – spiega Arabella
Gelmini che si occupa della comunicazione per Debra – diventa un’operazione da compiere con estrema
delicatezza”. Difficile anche camminare. “Ci riescono se sono fasciati bene, ma
il più delle volte si spostano in carrozzella. E’ necessario prestare estrema
cautela pure nella frequentazione di posti affollati. Purtroppo basta un minimo
tocco, anche involontario, per causare piaghe o ferite”. Situazioni che non sono nemmeno troppo note
tra la gente. “Devo essere sincera – continua Gelmini – ed ammettere che il
mondo tedesco ha molta più coscienza del problema. Gli italiani lo conoscono
meno, ma c’è sempre tempo per fare informazione”. Non è semplice, però, fare
sempre i conti con gli altri. “Affatto e per esperienza posso dire che l’età
peggiore è quella tra i 13 e i 18 anni. Nella fase di sviluppo, infatti,
diventa davvero difficile fare i conti con una condizione così tanto invalidante”.
Nemmeno trovare un lavoro appare una passeggiata. “Bisogna riuscire a
ritagliarsi delle mansioni che siano logicamente compatibili con una condizione
simile. E’ praticamente sempre necessario, inoltre, un accompagnamento”.
La possibilità di aiutare chi è affetto da
epidermolisi bollosa, tuttavia, esiste e non è nemmeno troppo difficile da
mettere in pratica. “Si possono fare delle donazioni direttamente sul sito di
Debra (www.debra.it) per sostenere la ricerca
e i costi per i medicinali che alleviano le conseguenze della malattia”. Dal
punto di vista della quotidianità, invece, come si allunga una mano verso
persone che sanno di non poter guarire? “Molto semplicemente con piccoli
interventi che a noi possono sembrare banalità e invece non lo sono affatto.
Qualche tempo fa, per esempio, abbiamo comprato delle parrucche che hanno
regalato nuova sicurezza ad alcune ragazze portandole ad uscire di più. Di
solito, infatti, i capelli cadono. Una soluzione che ha permesso di evitare la
chiusura in se stessi: il vero demone di una sfortuna che mette in pericolo la
socialità stessa”. Distendere una mano, delicatamente, si può: se si chiamano
farfalla, forse, è giusto aiutarli ogni tanto a librarsi in volo.
Alan Conti (www.altoadige.it)
domenica 26 ottobre 2014
Neruda, voglia di playoff
L’anno scorso hanno preso quota, quest’anno si dovrà provare a volare definitivamente. In un campionato di serie A2 più stretto di un budello di montagna, dove tra playoff e retrocessione può passare il soffio di qualche punto, il Neruda Volley, presentato ieri ufficialmente, può certamente provare a dire la sua. Tredici le compagini al via (dopo il ripescaggio di Forlì in A2), da nord a sud, per una stagione che vedrà otto squadre agli spareggi promozione. Inutile girarci attorno: questo è l’obiettivo per considerare positivo il campionato della squadra targata Volksbank. Il roster, allestito dal presidente Rudi Favretto e dal coach Fabio Bonafede, è un mix di esperienza e promesse giovanili, tecnicamente valido e attrezzato per provare giocarsela da protagonisti. Fortuna permettendo. Gli infortuni di Valeria Papa (salterà i primi tre match) e Noemi Porzio (fuori tutta la stagione), infatti, hanno costretto la società, arricchita quest’anno dalla presenza di un direttore generale di esperienza come Luca Porzio, a tornare a sondare il mercato in banda. In arrivo, dunque, Lucia Bacchi, stella nazionale ad alti livelli indoor e nel beach volley. “Si tratta – le parole del presidente Favretto - di un innesto importante che ci permette di consolidare un gruppo che ritengo assolutamente in grado di correre per un posto ai playoff. Non voglio nemmeno pensare che una rosa simile possa rischiare la retrocessione”. Aspettative confermate dall’allenatore che, al solito, insiste molto sul tasto di un gruppo capace di forgiarsi nel carattere: “Ho sempre detto che contiamo su 14 titolari senza distinzione e lo stiamo dimostrando. Dalle ragazze pretendo sempre grinta, forza e la voglia di gettare il cuore oltre l’ostacolo. In questo campionato partiamo tutte pari a zero punti: possiamo dire la nostra”. Il Neruda, comunque, affiderà la regia alle mani dell’alzatrice tedesca Lena Moellers, curriculum di spessore tra A1 (l’anno scorso a Novara) e rappresentative nazionali, seguita dalla giovane promessa trentina Aurora Bonafini. Mettere giù i punti sarà compito del vertiginoso opposto estone Anna Kajalina (2.05 metri d’altezza). Nella batteria delle schiacciatrici, oltre al bomber Papa, ecco la mano di Francesca Trevisan, l’orgoglio altoatesino di Kathrin Waldthaler e la versatilità di Sara Bertolini, idolo di casa essendo di Bronzolo. Tra le centrali occhio alla scoppiettante Giuditta Lualdi e alla grinta calabrese di Vittoria Repice. Tanto ci si attende pure da Elena Gabrieli, reduce dalla serie A francese. Chiudono la rosa i liberi con il ritorno di Giulia Bresciani e la crescita controllata del gioiellino di casa Greta Filippin, 16 anni appena. Primo impegno di campionato domenica 2 novembre a Milano contro Club Italia, mentre l’esordio casalingo è in programma la settimana dopo al Palaresia contro Bakery Piacenza.
Alan Conti (www.altoadige.it)
Alan Conti (www.altoadige.it)
lunedì 13 ottobre 2014
Sigismondi: "No alla lista unica"
Nessuna voglia di perdere la propria identità tornando a
confluire in un gruppone del centrodestra compattato verso le comunali. Che
Fratelli d’Italia non avesse troppa fretta di infilare i propri candidati
all’interno della lista unica che sembra profilarsi nel futuro di Forza Italia,
Alto Adige nel Cuore, Unitalia, La Destra e Italia Unica lo si era intuito fin
dai primi incontri. La conferma arriva dalle parole di Alberto Sigismondi,
consigliere comunale Fdi, che non chiude tutte le porte, ma lascia al minimo
qualsiasi spiffero. “Abbiamo fatto un percorso di smarcamento a livello
nazionale e locale che non intendiamo rinnegare immediatamente. Tornare a
confluire in una formazione messa in piedi solo per l’appuntamento elettorale
non ci entusiasma particolarmente: bisogna garantire di essere poi in grado di
governare”. In molti, però, vedono in questa formazione l’unica possibilità di
sedersi al tavolo da gioco da parte del centrodestra bolzanino. “Capisco, ma
noi abbiamo un profilo ben delineato cui non vogliamo rinunciare”. Correre da
soli, comunque, potrebbe portare con sé il rischio di essere meno
rappresentanti in consiglio comunale. La riduzione del numero di consiglieri, inoltre,
aumenterà il quorum per l’ingresso nell’aula. “Lo sappiamo, ma non si può
sempre scendere a compromessi per calcolo elettorale. Abbiamo un’identità
politica da difendere e un aggancio nazionale che riteniamo sempre fondamentale
all’interno di un preciso pensiero politico. Il legame con Roma non è
secondario, nonostante ci siano altre forze che lo pensano”.
I big, intanto, hanno
tutti annunciato un passo indietro o quantomeno un impegno non da candidati. E
Giorgio Holzmann? “Assolutamente nessuna voglia di tornare in campo da parte
sua, in coerenza con quanto sempre annunciato”. Così, però, dovrete andare a
caccia di un candidato sindaco destinato a una lotta improba. “No, questo non è
detto. Se la lista unica dovesse proporre un personaggio capace di attirare il
nostro consenso non avremo problemi ad appoggiarne la corsa alla fascia
tricolore”. La sensazione, comunque, è che dentro al centrodestra più di
qualcuno tema una campagna elettorale condotta in prima linea da Alessandro
Urzì e Michaela Biancofiore una volta che i giorni saranno caldi. Tutta da
verificare, invece, la disponibilità della lista unica nell’accettare appoggi
esterni al proprio candidato sindaco. Il “dentro o fuori”, infatti, non è
affatto escluso e il tempo delle decisioni non è poi così lontano.
Alan Conti (www.altoadige.it)
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