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lunedì 28 febbraio 2011

Crollo via Dalmazia: abitanti senza risposte


BOLZANO. Uscire di casa e immaginare di vedersi piombare in testa il cornicione del proprio condominio non è certo pensiero da lasciar tranquilli. Normale, quindi, che gli inquilini degli appartamenti in via Dalmazia 83 pretendano ora controlli e risposte sull'incidente che l'altro pomeriggio, solo per pura fortuna, ha danneggiato due macchine e spaventato un intero caseggiato. Per pochi passi, infatti, i calcinacci potevano colpire un ragazzo di 19 anni o una famiglia seduta al tavolo del proprio terrazzo. Parte del cornicione è piombato sul balcone della famiglia Massimi all'ultimo piano. Gli inquilini puntano il dito verso la costruzione di un grande palazzo accanto, rea di far tremare l'edificio durante la posa dei pali e di un incidente con la gru del cantiere avvenuto sull'altro lato della casa. Racconta Anna Salsotto: «Ero affacciata alla finestra quando ho visto cadere tutti i calcinacci. Inizialmente, alla vista delle fioriere spezzate, ho addirittura pensato fosse crollato un balcone tanto è stato il baccano. Ieri aspettavamo i periti dell'assicurazione che ci potessero dare delle spiegazioni, ma ancora siamo in alto mare e nessuno si è visto». «Aspettiamo i rilievi al più presto - le fa eco Christine Barbi - così possiamo tornare, oltretutto, a usare il portone d'entrata, senza dover passare dalle cantine. Vero che la casa avrà 40 anni, ma non può essere una spiegazione plausibile per questo disastro potenzialmente molto pericoloso». In molti puntano il dito verso il cantiere del palazzo accanto al condominio: «Durante la costruzione vibravano i pavimenti e il nostro condominio era sottoposto a pesante stress, soprattutto durante la posa dei pali. Non solo, la gru del loro cantiere ha toccato una volta il lato opposto dell'edificio. Mettere in relazione questo con il crollo di ieri è forse affrettato, ma di certo non ha aiutato». Carlo Salzburger, nel frattempo, pensa a un possibile esborso per i condomini. «Non so quanto copriranno le assicurazioni, ma i lavori di rifacimento del tetto immagino saranno a carico dei proprietari degli alloggi. Sarebbe bene, quindi, apportare tutti i controlli di sicurezza necessari e fornirci delle spiegazioni». Chi ha ancora negli occhi il crollo di martedì è Anna Bruni: è lei la nonna del ragazzo di 19 anni che ha evitato i calcinacci per un pelo. «Lo aspettavo sull'uscio quando ho visto un'ombra cadere verso il basso dai lucernari del giroscale, poi il tonfo. Subito mio nipote ha pensato al temporale, poi siamo scesi e abbiamo realizzato. Non oso nemmeno immaginare cosa sarebbe successo se avesse tardato anche solo di un minuto». I danni al suolo sulle due macchine parcheggiate sono evidenti, ma il crollo ha coinvolto pure qualche abitazione. «Sul mio balcone - indica Agnese Dalla Vecchia - sono ancora piena di calcinacci che solo per fortunata casualità non sono andati a sbattere contro le finestre o sulla mia testa». Più colpita è senza dubbio la terrazza di Giuseppe Massimi: «Per fortuna nessuno era seduto fuori al momento del crollo...». (a.c.)

«Prendete i soldi e fate il raddoppio»


BOLZANO. «Tra i bolzanini gli unici contrari al raddoppio dell'arginale stanno in Comune». I bolzanini vogliono una seconda corsia lungo l'arginale, senza troppi tentennamenti. La competizione con gli interventi in galleria sulla Statale 12, inoltre, appare unicamente come un pretesto: tempi, luoghi e utenza troppo differenti per essere realmente comparabili e per decidere di realizzare un'opera e l'altra no. La Provincia che allunga il vassoio con il finanziamento e il Comune che lo rimanda indietro, inoltre, viene visto come l'ennesimo episodio di un'istituzione paralizzata, incapace di fare un passo sul cammino delle grandi opere. Il raddoppio poteva essere realtà da due anni, sarebbe fattibile tra due, ma intanto si potrebbe cominciare immediatamente con la riapertura di viale Trento. «Il traffico è pazzesco - le parole di Hadaj Shkelqim -. Il raddoppio è assolutamente necessario, prima si realizza e meglio è». Dal banco del bar "Johnny's" in via Roma interviene, risoluto, Luigi Orsolin. «La seconda corsia era da realizzare due anni fa e ancora siamo qui a chiederci se costruirla oppure no. Non ha senso, inoltre, metterla in alternativa con la variante alla SS12 perché ormai sappiamo tutti che si tratta di bacini, tracciati e utenze differenti, senza considerare che i tempi sarebbero molto più lunghi. Persino finanziariamente, per una volta, non parliamo di lavori in antitesi perché uno sarebbe saldato dalla Provincia e l'altro dall'A22. L'ultima incongruenza cronica, infine, è l'ostinazione di voler lasciare chiusa al traffico viale Trento». Massimiliano Fugaro prende tutto: «Facciamo la doppia corsia e anche le gallerie. Dobbiamo trovare un modo per alleggerire il traffico urbano, senza continuare a nascondersi e rimandare senza veri motivi». Concordano Flora Maria Kruger e Gigi Rogna del bar "Giuliano, il Brigante". «Il sindaco, è chiaro, non ha idea di come sia l'arginale. Non possiamo credere, infatti, che chiunque sia transitato almeno una volta in quella strada possa definirla accettabile. Entrate e uscite sono al limite della sicurezza, gli scambi di carreggiata esagerati e rischiosi. Non solo, in caso di tamponamento a catena viene da chiedersi da dove possano arrivare i soccorsi: è tutto troppo angusto. L'amministrazione ha abbandonato i cittadini sulla viabilità per accontentare i propri equilibri politici dentro ai quali rientra anche la chiusura di viale Trento. Vogliono fare le gallerie sulla SS12? Bene, purchè le facciano complete fin dall'inizio». Qualche riserva in più al raddoppio dell'arginale sembra alzarsi da via Claudia Augusta, già fortemente penalizzata da smog e inquinamento. «Con tutto il traffico dell'autostrada - interviene Ennio Grossi, residente di Oltrisarco - cosa volete che cambi una corsia in più? Evidentemente se il Comune ha tutte queste riserve per il nostro rione è perché il tanto sbandierato interramento dell'A22 non rientra veramente tra le priorità». Remo Zandonella propone un ragionamento molto semplice. «Il traffico a Bolzano è insostenibile. Vedere molte auto in coda, inoltre, aumenta la sensazione di disagio, quindi varrebbe la pena di adoperarsi per trovare delle soluzioni immediate piuttosto che rimandare. Non sfruttare gli aiuti provinciali, inoltre, è un peccato e difficilmente potremmo giustificare ancora il sindaco che si lamenta dei pochi finanziamenti al capoluogo». Ivana Cappello si allinea: «Via Roma sta scoppiando. Se ci sono i soldi si agisca subito». (a..c) 24 febbraio 2011
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La cultura si «vende» nel negozio sotto casa: un successo


26 febbraio 2011 — pagina 42 sezione: Agenda


BOLZANO. Il porta a porta funziona, anche per la cultura. L’operazione di marketing che ha consacrato le aspirapolveri a domicilio riscontra un buon successo pure sotto il profilo dell’offerta di musei, spettacoli e arte cittadina. A certificarlo sono i primi numeri in arrivo dal progetto dell’assessorato provinciale alla cultura «Partendo da via Cagliari»: in soli 15 giorni, infatti, sono già 150 i questionari compilati a fronte di un quantitativo simile di biglietti omaggio offerti. Le risposte ricevute dagli operatori andranno chiaramente a confluire in una statistica utile a tracciare il profilo della domanda culturale di un quartiere popolare come Don Bosco e una strada simbolica come via Cagliari. Aspettative e bisogni, dunque, trovano riscontri numerici e allargano un sorriso all’interno dei curatori del progetto e degli uffici provinciali. «Siamo ben oltre le più rosee previsioni - le parole di Sergio Camin, ideatore e curatore dell’iniziativa - tanto che nella piattaforma di informazione abbiamo inserito la piccola novità della comunicazione minimale nei mercati in collaborazione con Confesercenti».
Non si tratta, però, del classico volantinaggio tra le bancarelle: sport assai praticato tra i politici a caccia di crocette. «No - spiega Camin - abbiamo inserito tra i prezzi e le indicazioni dei banchi alcuni cartelli dedicati alle diverse offerte culturali». Alla prima reazione positiva dei commercianti stessi è seguita l’approvazione dei clienti, talmente entusiasta da suggerire una replica in occasione di altri mercati cittadini.
L’azione promozionale, lo ricordiamo, rientra all’interno del progetto «Casa Haus Scuola Cultura» dell’assessorato che si pone come obiettivo anche la ricerca di nuove strade per la promozione culturale di un territorio che, a livello di offerta, ha ben poco da invidiare ad altre realtà europee. Il porta a porta di via Cagliari, quindi, non ha inventato nulla di nuovo nell’utilizzo delle tecniche commerciali del «direct» e del «multilevel», ma quello che ha convinto i bolzanini è stata senz’altro la novità del prodotto veicolato oltre, inutile negarlo, al biglietto omaggio offerto in base alle inclinazioni di ogni singola famiglia. «Quel ticket - precisa Camin - non va inteso come un regalo per averci aperto la porta. Tutt’altro: è proprio la prima chiave che serve ad avvicinare il pubblico a certe manifestazioni, rompendo un primo grande ostacolo che è quello di convincere le persone a uscire di casa per un evento culturale». Dall’uscio di casa alla bancarella della spesa la morale di fondo è sempre la stessa: la cultura che bussa nella vita quotidiana. In 150 hanno già scelto di aprirle la porta.

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Alan Conti

Il volontariato ora entra nella scuola con un volume destinato ai giovani


23 febbraio 2011 — pagina 34 sezione: Agenda


BOLZANO. Connettere il volontariato alla scuola con un opuscolo orientativo. Questo l’intento della Federazione per il sociale e la sanità che ha presentato ieri una nuova pubblicazione intitolata, per l’appunto, “Volontariato e scuola”. Un insieme di iniziative, numeri, modelli, informazioni ed esempi utili come importante bussola per i ragazzi che volessero avvicinarsi al mondo del sociale. Nella nostra provincia, infatti, sono oltre 3.300 le organizzazioni no-profit, con 180.000 persone attive nel volontariato a vario titolo, il che corrisponde a circa il 42% della popolazione (in tutta Europa ci si ferma al 28%). Di questa forza di aiuto addirittura il 12% è formato da giovani: un bacino promettente. Le indagini a livello nazionale, oltretutto, indicano nei ragazzi tra i 17 e 26 anni impegnati nel volontariato un atteggiamento positivo verso se stessi e le altre persone, incidendo positivamente nello sviluppo dell’autostima e dell’identità personale.
Gran cerimoniere dell’opera e della presentazione è Simonetta Terzariol, responsabile del servizio per il volontariato sociale: «Il volume è la sintesi di un lavoro decennale e di molteplici esperienze di giovani in questo campo. Ovviamente abbiamo inserito dei resoconti personali, ma senza perdere mai di vista la base scientifica dell’opera, così come l’utenza degli insegnanti che possono giocare un ruolo decisivo nell’indirizzare i giovani. Sicuramente sarà distribuito in tutte le scuole. E’ importante ricordare, comunque, come il volontariato sia un percorso che necessita di un accompagnamento per chi lo affronta in giovane età». Concordano il presidente della fondazione Stefan Hofer e la collaboratrice Claudia Ceccanese: «Il nostro intento è sostanzialmente quello di offrire nuove opportunità». Ruolo strategicamente decisivo, logicamente, è quello recitato dalla scuola, italiana e tedesca. «Queste attività - hanno spiegato la Sovrintendente italiana Nicoletta Minnei e l’ispettrice Maria Rita Chiaromonte - vanno sostenute perché rientrano perfettamente in un percorso di crescita individuale degli alunni. Non a caso stiamo studiando un sistema di riconoscimenti in crediti del tempo e delle energie che vengono spese in questo campo dai ragazzi».
Scelta apprezzata anche dall’Intendenza tedesca, rappresentata alla conferenza stampa di presentazione da Brigitte Regele e Veronika Pfeifer. «Creare questa connessione con il mondo scolastico è certamente positivo, così come va salutato con piacere il fenomeno delle collaborazioni dei singoli istituti in autonomia con le associazioni locali». Testimonianza diretta arriva da Daniel Prusco di “Volontarius”. «Rispetto a qualche anno fa siamo molto contenti di constatare come siano molte più le scuole che ci contattano direttamente rispetto a quelle dove siamo noi ad andare a presentarci. Un’evoluzione importante e positiva». Chiusura con Antonella Diano e Roberto Vincenzi di “Pro Positiv”. «Noi ci occupiamo di malati sieropositivi e tocchiamo con mano il disagio di alcuni giovani nell’avvicinarsi a questo tipo di malattia. Esistono ancora tabù forti e ignoranze contro cui lottare».

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Alan Conti

Le famiglie: case di riposo, no ai tagli


25 febbraio 2011 — pagina 21 sezione: Cronaca


BOLZANO. Tagli e privatizzazioni: sono queste le preoccupazioni dei familiari dei residenti nelle case di riposo. Il passaggio dei dipendenti dei distretti dall’Assb al Comune e l’esternalizzazione di Villa Europa rappresentano decisioni strategiche che i parenti non intendono farsi imporre dall’alto. I progetti dell’assessore comunale alle politiche sociali Randi creano preoccupazione e perplessità.
Ecco, quindi, che lo slogan “stiamo uniti”, che ha fatto la fortuna del festival di Sanremo, diventa un preciso orientamento dei familiari degli utenti nel creare un’associazione riconosciuta dal Comune. Un osservatorio, quindi, che sia considerato dall’amministrazione come valido interlocutore nelle svolte politiche. Il successo dell’iniziativa, per ora, è certificato dalla partecipazione alla riunione preparativa di ieri sera nella sala riunioni della chiesa “Don Bosco”. Tra il pubblico anche il direttore di Assb Bruno Marcato. Chiesto dai familiari, comunque, un incontro con l’assessore comunale ai servizi sociali Mauro Randi, immediatamente fissato a venerdì prossimo alle 9.
«Siamo preoccupati dalle ultime notizie trapelate - spiega Giuseppina Brando - con tagli economici che non dovrebbero colpire un settore sensibile come la cura degli anziani. La qualità del servizio, inoltre, deve rimanere la priorità assoluta nelle riorganizzazioni. Chiediamo un maggiore coinvolgimento delle Circoscrizioni, più attenzione nelle linee Sasa e una comunicazione diretta e più trasparente delle novità». Villa Europa dovrebbe essere il primo esperimento di privatizzazione: «Operazione molto delicata - intervengono Vittorio Tosi e Fermino Bernardi, rappresentanti dei familiari nella struttura - in cui si parla di progetto pilota. L’assessore Randi in riunione parla di simulazione, quindi non intendiamo considerarla una scelta definitiva. Attenzione, però, perché su questa sperimentazione si potrebbe giocare il futuro di 150 lavoratori precari e la relativa qualità dell’assistenza, messa a rischio da eventuali riduzioni di personale». Donata Fabbri fotografa con lucidità la situazione. «L’utenza è sempre più numerosa, anziana e con problematiche diverse e complesse. Non c’è, però, una crescita d’organico che cammini di pari passo, anzi, si discute di probabili decurtazioni. La privatizzazione, non dimentichiamolo, mira sostanzialmente al profitto».
«Le strutture sono nuove, con dotazioni d’arredo all’avanguardia - riprendono Maria Bobbi e Severino Melis - ma il personale non è più al livello degli anni passati. Cresce, oltretutto, la presenza di stranieri, il che rappresenta un problema più che altro nella gestione dei rapporti interpersonali». Alessandra Pozzan chiede «una maggiore sensibilità nell’ascoltare bisogni ed esigenze di queste persone e dei loro parenti. Il taglio di fondi paventato è una prospettiva che non possiamo accettare». Opinione professionale quella di Stella Montresor, 30 anni di assistenza geriatrica alle spalle. «La qualità, ad essere onesti, è piuttosto calata nell’assistenza all’anziano. Oggi, inoltre, si opera sempre in due, ma questo comporta solo il dialogo tra colleghi, escludendo il più delle volte l’utente. Manca proprio la professionalità degli assistenti, ancor più dell’aspetto numerico». Daniela Pellegrin torna sulla costituzione dell’associazione. «L’incontro serve a tastare il polso dei familiari e cominciare una riflessione importante». Gabriella Bissaco, Paolo Borella e Carla Zaccone pretendono «più considerazione nelle scelte che coinvolgono i residenti delle case di riposo. Abbiamo il diritto di essere rappresentati ed interpellati».
Dall’assemblea, infine, si alzano molte proteste condivise: «La verità - l’applaudito intervento di una signora - è che i vertici non si chiedono se sia il caso di creare una fermata del bus o meno, ma si concentrano semplicemente sul risparmio, infischiandosene delle condizioni degli ospiti. Con queste premesse non possiamo evitare di alzare la voce per chiedere rispetto».
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Alan Conti

Le medie Aufschnaiter minacciano: a scuola torneremo con il casco


BOLZANO. «Altri dieci anni in queste condizioni non abbiamo nessuna intenzione di passarli». E' un velato ultimatum quello che trapela dalle parole di Ingrid Pertoll Froner, dirigente della scuola media "von Aufschnaiter" e di tutto il circolo scolastico in lingua tedesca Bolzano-Centro. A metà dicembre, infatti, insegnanti e alunni avevano inscenato una pittoresca protesta contro lo stato fatiscente in cui versava l'istituto di via Leonardo da Vinci: tutti a scuola con l'elmetto da protezione o il casco della bicicletta. Sorrisi, certo, ma anche una crescente preoccupazione per un livello di sicurezza al limite del sopportabile, con finestre della palestra che si staccavano per piombare al suolo. Poco, da allora, è cambiato. L'unico passo avanti rilevante è stato fatto sotto il profilo di alcuni lavori utili a garantire un minimo di sicurezza all'interno dell'edificio. «Comune e Provincia - spiega la dirigente Pertoll Froner - si sono accordate circa la competenza del finanziamento dei lavori, passata alla Provincia, e dopo la protesta ci hanno contattato in breve tempo. Francamente non si poteva pensare di continuare l'attività scolastica trascurando l'incolumità di ragazzi, docenti e personale: assolutamente improponibile». Ecco, quindi, che alcuni lavori sono stati iniziati: «Logicamente in palestra, dove la caduta della finestra aveva spaventato tutti». La protesta, però, non era mirata unicamente a ottenere un livello minimo di vivibilità, ma spaziava sulle condizioni fatiscenti dell'intera struttura che oggi non sono cambiate molto. «Ho voluto personalmente - continua la preside - evitare azioni eclatanti come scioperi delle lezioni o degli studenti. Abbiamo cercato, quindi, di mantenere un atteggiamento pedagogicamente adeguato che ci ha consentito di aprire un dialogo con le amministrazioni che procede abbastanza bene». In piazza Municipio, infatti, le istanze della Pertoll hanno trovato ascolto nel vicesindaco Ladinser e nell'assessore Judith Kofler Peintner: «Mi hanno spiegato i meccanismi burocratici che legano il nostro possibile trasferimento dietro via Vintola alle trattative con i Padri Francescani. Si tratta di questioni patrimoniali non semplici da risolvere in poco tempo. Abbiamo apprezzato il sincero interesse dell'istituzione comunale nel parlare con noi e la loro volontà di risolvere una volta per tutte il disagio nostro e delle famiglie». Fin qui lo zucchero per l'amministrazione che, però, dopo aver parlato sarà chiamata a passare alla fase più difficile: dare delle risposte. «Dico cinque anni - continua perentoria la dirigente - perché sarebbe il tempo minimo con le trattative con i Padri Francescani già concluse, ma per la verità temo che il tutto possa durare un decennio. Ecco, tutti sanno che nella scuola abbiamo pavimentazioni vetuste, bagni da ristrutturare e aule artistiche dentro le quali filtra l'acqua piovana. Il quadro, insomma, non può essere confortante e sicuramente, pur non volendo abbandonare la strada del dialogo, non siamo disposti ad aspettare così tanto tempo prima di vedere migliorare radicalmente le cose». Che l'indirizzo dove bussare per gli interventi sia Palazzo Widmann lo conferma l'assessore ai lavori pubblici comunali Luigi Gallo: «Noi alle "Von Aufschnaiter" non dobbiamo più piantare nemmeno un chiodo dato che la competenza è totalmente provinciale. Quello che spetta al Comune, semmai, è risolvere la questione patrimoniale con i Padri Francescani per il trasferimento di docenti e studenti nella struttura dietro via Vintola». Cauti, ma con i radar ben accesi sono anche i genitori che, per bocca della rappresentante Barbara Rottensteiner, seguono l'evolversi della situazione. «Sappiamo dei macrointerventi per la sicurezza che sono il minimo che ci si possa aspettare in un luogo frequentato dai giovanissimi. Nei prossimi giorni incontrerò la dirigente e gli altri genitori: insieme decideremo quali altre azioni intraprendere per tutelare i nostri figli, gli insegnanti e tutti coloro che lavorano all'interno delle "von Aufschnaiter"», conclude Barbara Rottensteiner. Resta una realtà che è triste, soprattutto se paragonata alla ingenti risorse per l'edilizia scolastica che vengono messe dalla Provincia in tutto il territorio altoatesino.

mercoledì 23 febbraio 2011

Vodka e caviale, ecco Matrioska


22 febbraio 2011 — pagina 37 sezione: Agenda


BOLZANO. Metti un pezzo di Cremlino in via Roma e sarà un successo. Quella che sembra una provocazione in una città che già fatica a governare i propri, di monumenti, diventa simpatica realtà al bar “Matrioska” che da poco più di tre mesi rappresenta un autentico avamposto sovietico a Bolzano, nello slargo alla destra prima del Ponte Roma. L’idea è venuta a Nadiya Tsurkan, ucraina e componente della Consulta immigrati comunale: «Ho pensato che in città ancora non esisteva un negozio che offrisse specialità e delizie russe, così con il mio compagno Franco Cofone abbiamo aperto un bar con queste caratteristiche. In fondo portiamo un po’ della nostra terra qui da voi e in cambio riceviamo parecchio entusiasmo».
D’accordo, ma cosa dovrebbe indurre un bolzanino ad avventurarsi nel mondo gastronomico della Grande Russia?
«Le opportunità sono diverse. Partendo dalla più scontata, infatti, direi la vodka di ogni tipo e gusto: dal peperoncino alle classiche con la frutta, senza trascurare la liscia, evergreen tra il popolo di Putin. Particolarmente ricercati, invece, sono i latticini o i salami, ma anche il caviale rosso e nero è sicuramente tra i prodotti più apprezzati. Spazio, infine, a cioccolatini e dolcetti di vario genere».
E’ qui, infatti, che spunta la confezione con le guglie di piazza Rossa.
«Devo ammettere - continua Tsurkan - che il rapporto con i bolzanini è davvero stimolante perché la curiosità e l’apertura mentale sono straordinarie. I tedeschi conoscono più facilmente i nostri prodotti perché sul loro mercato sono più diffusi, ma anche gli italiani non disdegnano di fare un tentativo».
La soddisfazione deve essere tangibile se Maia Gordei e Alessandro Perto si spingono a consigliare dei tortellini russi a chi annovera sul territorio nazionale la Romagna... «Vero - ridono - ma la pasta è molto differente, quindi vale la pena assaggiarli. Non si possono mettere in competizione perché si tratta sostanzialmente di due primi piatti molto differenti».
Non dimentichiamoci, però, che l’insegna recita “bar” Matrioska e quindi le caratteristiche del classico locale di casa nostra vanno rispettate.
«Abito qui vicino - spiega Yuli Kalvin - e mi trovo molto bene qui. Oltre all’ambientazione russa, infatti, anche il classico caffè è buono».
Tra i tavoli incontriamo Marika Gardasanik: «Viviamo in un alloggio qui sopra e quando hanno aperto il Matrioska siamo stati molto contenti. “Finalmente qualcosa di diverso”, abbiamo pensato. I cioccolatini sovietici, comunque, sono una delizia, e poi non sottovaluterei l’aspetto umano e l’affetto che si riceve a questo bancone. E’ stato un colpo di fortuna avere tutto questo proprio sotto casa».
Per chi volesse tentare l’avventura gastronomica, comunque, l’appuntamento è fissato: «Ogni venerdì - conclude Nadiya - organizziamo un piccolo buffet per gli ospiti. Si tratta di una proposta senza impegno, in modo da consentire l’assaggio a tutti coloro che non vogliono subito acquistare una confezione intera dei vari prodotti. Provare una nuova esperienza, comunque, può essere un valido motivo per avvicinarsi alla cultura russa. In molti, oltretutto, sono attratti dalla Russia come meta per le proprie vacanze e per noi, chiaramente, è un grande piacere poter parlare della nostra terra con chi ha interesse a visitarla. In questo modo ci sentiamo più vicini a casa».
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Alan Conti

Galleria Sernesi: bisogna potenziare l'illuminazione e migliorare l'arredo


Alan Conti
zoom . BOLZANO. Una galleria, metaforicamente e concretamente, in chiaroscuro. Commercianti ed esercenti del passaggio «Sernesi» si dividono abbastanza nettamente nel giudizio di uno spazio che collega due aree importanti del Centro storico come piazza Università e via della Mostra. C'è chi vede un progressivo miglioramento della galleria rispetto ai mesi difficili del proliferare dei locali sfitti e chi chiede alla mano pubblica di intervenire su piccole e grandi questioni per migliorarne l'appetibilità commerciale. L'arredo urbano, l'illuminazione e la piazzetta Università sono i tre punti su cui intervenire. «L'organizzazione di qualche evento o iniziativa - le parole di Cinzia De Mario dell'agenzia viaggi «Yes Travel» - potrebbe portarci ad una dimensione più commerciale richiamando nuova gente nella zona. Bisogna, però, essere onesti e ammettere che negli ultimi mesi il passaggio e la vivacità sono aumentati, grazie anche a nuove attività, come i bar o il negozio per le feste di bambini, che funzionano e svolgono un ruolo di catalizzatore. Nel complesso, quindi, non possiamo troppo piangerci addosso». Stessa opinione per Mirko Angelini che con le piadine del suo bar «Meeting» è entrato da protagonista in galleria Sernesi. «Siamo pronti - dice - a fare la nostra parte nell'organizzazione di feste: le prossime per la primavera e il Carnevale. Noi ci mettiamo la voglia di fare e il finanziamento, ma sarebbe bello si potesse avere uno sgravio dei costi Siae per i piccoli strumentisti locali che avrebbero così una buona vetrina dove esibirsi, aiutando contemporaneamente il commercio. Un bacino d'utenza particolare, comunque, è certamente quello formato dai ragazzi dell'Università che bisogna essere capaci di conquistare. Non basta, infatti, aprire un locale vicino a loro per avere successo». Nelly Stevanato con la sua «Bottega del Girasole» si affaccia in galleria Sernesi da moltissimi anni: «La situazione è abbastanza cambiata a livello di attrattiva, essendo scomparsi l'ospedale e la fermata del bus. Per il resto, la galleria offre delle buone opportunità che bisogna essere in grado di valorizzare». Toni Pichler abita proprio sopra il passaggio: «Da residente posso dire che, forse, ci sarebbe bisogno di più varietà nell'offerta. Non è possibile, infatti, che continuino ad aprire solo bar: per spostare gli equilibri basterebbe una farmacia. Il turn-over, poi, è esagerato e disorienta i clienti che amano la fidelizzazione». Toni molto critici quelli di Serena Dell'Omo del caffè «Leonardo» e Alice Hrustic: «Commercialmente e da bolzanine viene da considerare questa galleria come la vera zona di serie B del centro storico. L'architettura è vecchia e obsoleta, l'illuminazione troppo fioca e la pavimentazione vetusta e poco accattivante. Il passaggio c'è ma pochissimi sono quelli che si fermano per fare qualche acquisto o semplicemente prendere un caffè. La sensazione, però, è che né i privati né il pubblico abbiano voglia di investire per apportare migliorie significative in grado di durare a lungo nel tempo. È un peccato perché comunque il potenziale c'è e sarebbe importante». Galleria nella galleria, invece, è quella che ospita il Pulisecco «Wash&Clean» di Walter Bertagnolli, dove troviamo Evelyn Ferrari. «Per noi, se vogliamo, la visibilità è ancora più difficile da ottenere nascosti come siamo. Diciamo, però, che il vero punto di forza è la fidelizzazione dei nostri clienti. Certo che aumentare l'accessibilità sarebbe senz'altro un importante vantaggio. Noi commercianti, però, dobbiamo metterci il nostro entusiasmo perché talvolta sembriamo spenti e con scarso spirito d'iniziativa».
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martedì 22 febbraio 2011

Patentino, gli esperti: si deve uscire dal monopolio ma senza crearne di nuovi


di Alan Conti
zoom . BOLZANO. Le certificazioni linguistiche devono avere, anche in provincia, la stessa dignità del patentino. E' forte il messaggio che arriva dalla tavola rotonda organizzata dall'"Azb" l'altra mattina all'hotel "Laurin" che ha riunito in una sala gremita alcuni tra i massimi rappresentanti degli enti certificatori europei. Una realtà, quella altoatesina, che vede l'equipollenza come un punto d'arrivo, ma ancora stenta a farne uno di partenza. Manca, infatti, un'informazione chiara sulle offerte alternative, così come continua il meccanismo per cui documenti riconosciuti in tutta Europa, a Bolzano debbano essere vidimati dall'ufficio provinciale. Dell'altro giorno, inoltre, la firma dell'accordo tra Provincia e centro linguistico della Lub che permetterà anche all'università cittadina il riconoscimento della validità dei certificati. All'orizzonte, intanto, si profila la nuova questione del test linguistico per gli immigrati. La prima forte presa di posizione arriva da Oskar Putzer, docente dell'università di Innsbruck e rappresentante dell'ente certificatore tedesco Telc: «Dobbiamo uscire dal monopolio del patentino, ma senza entrarne in un altro che pone come unica alternativa l'attestato del "Goethe Institut": il panorama è vasto. La struttura dello studio delle lingue, inoltre, negli ultimi anni si sta spostando verso una maggiore competenza comunicativa rispetto alla mera e singola conoscenza linguistica: è la modernità che, forse, non appartiene totalmente all'esame dell'ufficio bilinguismo». Appuntito l'intervento dell'avvocato bolzanino Gianni Lanzinger che seguì in prima persona il caso Angonese da cui nacque la riflessione sulle equipollenze. «In Alto Adige dobbiamo garantire un'effettiva libera circolazione dei lavoratori, con più cultura e meno burocrazia. Evidente come l'obbligatorietà, comunque, di passare attraverso la vidimazione dell'ufficio bilinguismo delle singole certificazioni rappresenti di per sé una limitazione forte alla libertà. Non è un caso che la sentenza "Angonese" abbia attirato l'attenzione di tutta Europa, ma ci sono voluti dieci anni per arrivare all'equipollenza che, di fatto, veniva già sancita da un dispositivo eloquente. Necessaria, inoltre, una sburocratizzazione delle pratiche». La lingua italiana, chiaramente, è ovvia coprotagonista del patentino e gli enti certificatori, in questo caso, si chiamano "Dante Alighieri" e "Cils". «Mi chiedo - interviene Massimo Arcangeli, responsabile scientifico della "Dante Alighieri" - come sia possibile che in provincia di Bolzano una ragazza laureata in Italia, dopo un percorso scolastico italiano, debba sentirsi dire dall'ufficio bilinguismo che deve dimostrare le sue competenze proprio nella sua lingua. Si tratta di una testimonianza che è stata inoltrata direttamente ai nostri uffici: un'anomalia cui andrebbe posto rimedio». Da Siena, invece, sono arrivati il rettore dell'Università per stranieri Massimo Vedovelli e il professore dell'ateneo toscano Monica Barni, in rappresentanza del "Cils": «E' importante che il quadro di riferimento europeo acquisti sempre più importanza perché qui, come su tutto il territorio nazionale, ancora manca una forte cultura e radicamento dell'industria delle lingue». Proprio gli enti italiani, oltretutto, si trovano a dover fare i conti con i test linguistici per gli immigrati, tema al centro della politica provinciale sugli stranieri. «L'importante - l'opinione di Arcangeli - è che ci sia uniformità e standardizzazione tra tutte le regioni del Paese». «L'uniformità - gli fa eco Vedovelli - è un aspetto cruciale, ma quello che mi lascia perplesso di questa soluzione del test è la mancanza completa, sul tavolo della discussione, del capitolo sulla formazione di queste persone». Se le certificazioni tedesche all'interno delle scuole altoatesine ancora faticano a fare breccia, molto meglio vanno gli omologhi inglesi. «E' anche questione di cultura - spiegano Robert Hill e Rosalind Hunter, rappresentanti dell'ente "City&Guilds" - e siamo molto contenti che nella vostra realtà circa il 70% dei bambini delle primarie riesca ad ottenere una prima certificazione alla fine della quinta. Non si tratta, ovviamente, di un attestato da proiettare subito sul mondo del lavoro, ma è utile comunque a fornire una certa mentalità». Chiusura con Maria Luisa Cama, direttrice dell'"Azb": «Abbiamo voluto questa tavola rotonda perché ci siamo accorti che in Alto Adige c'è ancora bisogno di chiarezza. Sono tantissime, infatti, le persone che vengono da noi con le idee confuse: chiediamo che l'ente pubblico ci aiuti in questa operazione».
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lunedì 21 febbraio 2011

Per la galleria Vintola rilancio difficile senza l’aiuto del Comune


19 febbraio 2011 — pagina 21 sezione: Cronaca


BOLZANO. Rilanciarsi da soli è difficile, ma aspettarsi un aiuto dalla mano pubblica è impresa ancor più disperata. E’ questo il sentimento di chi lavora dietro le casse dei negozi di Galleria Vintola, dove il commercio ammette onestamente di sopravvivere degnamente, ma non fa mistero di alcune criticità permanenti che andrebbero risolte quanto prima.
«Siamo arrivati da poco - comincia Elisabetta Gogala di “Schlaf G’sund” - ma è abbastanza evidente come la galleria soffra di una generale poca visibilità che determina uno scarso passaggio di gente interessata agli acquisti. Una situazione che potrebbe essere parzialmente invertita ideando una qualche promozione pubblicitaria sistematica». Disamina parzialmente condivisa da Angelo Tagliente del salone “Duemila”: «Dall’asilo all’anagrafe i luoghi di attrazione nelle vicinanze di certo non mancano. Il problema, semmai, è riuscire a intercettare quei cittadini che passano distrattamente. Chiaro che un’attività come il parrucchiere può vivere tranquillamente di passaparola e clienti che arrivano da rioni più lontani, ma ragionando in sistema qualcosa si potrebbe realizzare tutti insieme». Le dipendenti Jorida Zenuni e Ornela Salillari avanzano una richiesta da lavoratrici: «Sarebbe bello si potesse aggiungere qualche rastrelliera in più per le bici. Vero che la galleria, come tutto il Centro, gode di un’ampia offerta di parcheggi nei dintorni, ma incentivare l’utilizzo delle due ruote è una scelta saggia». Elena Saccani conferma: «Galleria Vintola è per i bolzanini un centro di commercio importante. Evidente che ci sia grande attenzione nel seguire una sua eventuale valorizzazione». Piccola, ma curiosa, la puntualizzazione di Federica Raffini: «Lungo la galleria c’è la radio in diffusione, ma è sempre e solo in tedesco. Non dico di cambiare tutto, ma perlomeno alternare con l’italiano sarebbe un bel gesto di convivenza». Laure Maver della ferramenta “Setnikar” non è conciliante verso la mano pubblica. «Gli addobbi natalizi erano splendidi e ce li siamo pagati noi, la pulizia nel passaggio è impeccabile e ce la paghiamo noi: evidente come non si possa contare sul Comune per il rilancio commerciale della galleria. Non bastasse questo, adesso giunge voce di un possibile rincaro sulle insegne, mentre continua l’impossibilità di apporre delle segnalazioni con i nomi dei negozi ai due ingressi». Chiusura con le parole di Carmen Milan di “Zoomarket”. «E’ davvero insolito che le pulizie di un passaggio pubblico debbano essere pagate dai singoli negozianti, eppure se vogliamo aspirare ad avere un ambiente decoroso siamo costretti a percorrere questa strada. Il Comune continua a negarci la possibilità di mettere delle tabelle informative lungo via Streiter e via Vintola: a parole sono sempre disponibili, ma all’atto pratico nulla si è mosso. Grossi disagi derivano dall’eliminazione di una piattaforma di carico e scarico adeguata. La nostra attività necessità di ingenti quantitativi di merce in arrivo, eppure siamo impossibilitati a far arrivare con serenità le grandi aziende semplicemente perché non esiste uno stallo adeguato sufficientemente vicino al negozio. Non contenta, la polizia municipale eleva continuamente sanzioni ai fornitori». È vero invece, conclude, «che i grandi negozi e i marchi importanti sono capaci di rivitalizzare una zona commerciale. Noi e “Gutweniger”, seppur con la loro entrata in via Streiter, siamo stati ringraziati da alcuni colleghi per l’indotto e quando per un periodo abbiamo considerato la possibilità di trasferirci, in tanti sono venuti a chiederci di restare. Questi sono i gesti che scaldano il cuore di un commerciante».

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Alan Conti

Bilinguismo: oggi si parla delle varie certificazioni


19 febbraio 2011 — pagina 37 sezione: Agenda

BOLZANO. L’Alto Adige non è più «patentinocentrico» e le nuove certificazioni linguistiche cominciano ad assumere sempre più importanza. Manca, però, un percorso informativo chiaro e così l’«Azb» cerca di colmare questa lacuna con una tavola rotonda che si terrà questa mattina all’hotel Laurin a partire dalle 10.30. Al centro della discussione una carrellata generale sugli enti certificatori presenti in Alto Adige con particolare attenzione alle lingue italiano, tedesco e inglese, ma anche ai meccanismi che le nuove regole sull’equipollenza hanno introdotto sul territorio. Nessuna gara, quindi, con l’attestato di bilinguismo provinciale, ma semplicemente un confronto su meccanismi, validità e riconoscimento europeo dei certificati, in modo da orientare anche i giovani e il mondo della scuola. Oggetto della discussione, inoltre, il sistema di riconoscimento e la relativa burocrazia. Tra i relatori moltissimi rappresentanti degli enti certificatori, del mondo universitario ed esperti altoatesini che potranno contribuire a definire un quadro più preciso della situazione. Per tutti, quindi, la possibilità di raccogliere informazioni su certificati Cambridge, Trinity, Dante, Telc, City&Guilds, Cils e Goethe e di rivolgere domande ai politici competenti.

sabato 19 febbraio 2011

«La Provincia sbaglia» In via Hofer non piace il progetto del museo


BOLZANO. Là dove doveva esserci il verde ci sarà una palazzina? Esercenti e residenti di via Hofer si schierano compatti al fianco del Comune nel braccio di ferro con la Provincia sul destino del parcheggio alle spalle del museo di scienze naturali. Nessuno si fida delle promesse di Palazzo Widmann di rivedere il progetto. «Sarebbe molto meglio poter contare su un nuovo spazio verde - non ha dubbi Angelika Gasser - dato che in questa zona ce ne sono davvero troppo pochi. Il parchetto di via Goethe da poco inaugurato dalla Circoscrizione, per esempio, è molto utilizzato dai residenti e soddisfa un bisogno. Il Talvera non può essere ritenuto sufficiente per bocciare qualsiasi altro progetto di verde pubblico». «È evidente - interviene Nicolò Mantovani - come l'amministrazione provinciale abbia a cuore le sorti di una struttura che può potenzialmente attrarre molti turisti. Troppo spesso, però si dimenticano di chi questa strada la vive quotidianamente e ha bisogno di interventi che possano migliorare la qualità della vita. Non stupisce nemmeno più, invece, che Comune e Provincia abbiano idee di sviluppo differenti, anche se sarebbe auspicabile trovassero una qualche linea unitaria. Parliamo, per esempio, del parcheggio com'è oggi: una disordinata distribuzione di stalli che più di una volta ha portato a liti tra i proprietari delle auto». Andrea Skilagyi prova a mettere qualche paletto: «Benissimo la zona verde, ma che sia calpestabile e fruibile dalla gente. Non ha senso creare un fazzoletto di terra inaccessibile per i bolzanini. In questa zona, oltretutto, abbiamo bisogno di questi spazi e bene ha fatto la commissione urbanistica a bocciare la soluzione di cambio di destinazione proposta dalla Provincia». Si iscrive al partito dell'edificazione, invece, Ottavio Gaioni: «E' vero che oggi lungo la strada ci sono parecchi cantieri, ma si tratta di opere che sono rimaste bloccate per troppo tempo a causa di complicanze burocratiche. Era giusto accelerare le pratiche non appena se ne è avuta la possibilità. La stessa piazzetta ex distributore può tranquillamente essere dedicata all'edificazione: di verde siamo pieni anche nei dintorni della città, non sarà quello spazio a fare la differenza». È la luce a fare distinzione per Konrad Daum, titolare della libreria "Mardi Gras". «Il Comune dovrebbe pensare a intervenire sull'illuminazione. Alla sera è davvero troppo buio per noi, ma dagli uffici preposti ci è stato risposto che mancano i soldi per questo intervento. Senza contare che ci sono tratti di marciapiede e la stessa via Molini che sono ormai diventate un bagno a cielo aperto per i cani, senza alcun tipo di pulizia. Ho visto padroni che li lasciano urinare sulle porte d'entrata dei condomini». Il vicino Manfred Seyr dell'omonima attività chiede che la riqualificazione «porti un parcheggio sotterraneo e un fazzoletto verde. Questa strada ha bisogno di questi due elementi per migliorare. Peccato, invece, che ci sia poco transito di pedoni». Importante la voce della Circoscrizione, per bocca del presidente Rainer Steger (Svp) e del consigliere Generoso Rullo (Pdl), allineati sulle stesse posizioni. «Il rione ha bisogno di verde, quindi abbiamo votato all'unanimità a favore del progetto comunale e non ci piace affatto la svolta provinciale. Il parchetto di via Goethe, per esempio, è stato un successo per il bisogno di aree verdi che nutre la zona, ma sappiamo che una parte dell'area potrebbe essere consegnata privatamente alle scuole "Von Aufschnaiter" nell'ambito della riorganizzazione degli istituti. Ci ribelliamo a questa progressiva erosione di spazi per le famiglie. Senza contare, infine, che la superficie della piazzetta è stata comprata dalla Provincia a 300.000 euro perché non edificabile e la variazione d'uso ne farebbe lievitare il valore: una mossa non tanto simpatica». (a.c.)

In mostra la nuova offerta formativa degli istituti


BOLZANO. La riforma scolastica partirà a settembre, ma già in questi giorni tra gli stand della fiera "Futurum" cominciano a fare capolino nella realtà altoatesina i nuovi indirizzi. Le famiglie di 6.000 studenti al terzo anno di scuola media potranno trovare fino a domenica, con orario 9 - 18, un'attenta carrellata di tutto quanto possono offrire gli istituti superiori. La fiera ruota attorno ai tre pilastri della riforma: licei, istituti tecnici e istruzione e formazione professionale, senza distinzioni per gruppi linguistici. Dietro agli stand presenti gli insegnanti delle singole scuole pronti a offrire brochure, ma soprattutto quali siano competenze e interessi fondamentali di ciascun indirizzo. La semplificazione, infatti, ha cancellato numerosi corsi, alcuni non senza polemica, ma la selva di offerte è rimasta abbastanza fitta. «E' stato difficile - spiega un'insegnante del liceo classico "Von der Vogelweide" - adattarsi alla nuova riforma senza perdere importanti indirizzi, però una quadra siamo riusciti a trovarla. Noi, per esempio, nel linguistico abbiamo difeso l'italiano, il tedesco con 4 ore a testa, più l'aggiunta di una terza lingua a scelta tra russo, francese o spagnolo». Completano il quadro dei licei lo scientifico, l'artistico e le scienze umane. Tra gli indirizzi tecnici, invece, attirano la curiosità dei visitatori i settori legati al turismo, alla meccanica, all'elettronica, all'informatica e alle discipline sul territorio. Buona anche l'affluenza negli stand della formazione professionale. Tra le novità comuni della riforma, comunque, spicca il biennio unitario con l'inserimento del diritto obbligatorio. «In realtà - precisa Claudio Scalzon insegnante di diritto all'istituto professionale "De Medici" - gran parte delle scuole già lo prevedeva, quindi non siamo di fronte a un cambiamento epocale. E' un bene che venga esteso a tutti gli indirizzi, ma forse la strada verso la scuola del futuro è ancora lunga». A supporto di tutta l'organizzazione, inoltre, sono presenti esperti dell'ufficio provinciale assistenza scolastica e dell'ufficio orientamento scolastico e professionale. Ieri, intanto, si è tenuta la cerimonia di inaugurazione alla presenza dei due assessori provinciali alla scuola Sabina Kasslatter Mur e Christian Tommasini. Indica la strada della scuola futura Tommasini: «Dobbiamo incentivare sempre più gli scambi linguistici e le collaborazioni tra gli istituti. La scelta del biennio unitario, inoltre, garantisce una formazione di base simile per tutti, con l'aggiunta del diritto, e si tratta di una scelta strategica per permettere ai ragazzi di correggere eventuali scelte sbagliate». (a.c.)

I prof: la vera riforma è la scuola bilingue


di Alan Conti
BOLZANO. Tanti indizi fanno una prova e per una scuola bilingue sistematica, adesso, si schiera gran parte dei professori delle scuole superiori. La lettera degli insegnanti dell'asilo tedesco che sconsiglia alle famiglie italiane la continuazione del bilinguismo "fai da te" è, per i docenti, solo l'ennesima spia di una società pronta ad affrontare qualcosa di nuovo. L'apertura di credito arriva pure dai banchi degli istituti tedeschi e proprio la fiera "Futurum" non poteva essere occasione migliore per gettare lo sguardo, per l'appunto, sul futuro del sistema scolastico altoatesino. Gli stand, quindi, sono organizzati per aree didattiche, senza divisioni linguistiche, ma le unioni che la scuola chiede non sono più solo quelle di facciata. «Gli studenti italiani nella scuola tedesca sono veramente tanti - conferma l'insegnante del liceo classico "Walther von der Vogelweide" Eluana Ingraldi - e insieme all'aumento degli stranieri è evidente come propongano delle nuove sfide didattiche. Il liceo, comunque, rimane abbastanza avvantaggiato per la tipologia di studenti, anche se un percorso condiviso, attraverso i tanti scambi in quarta, si sta sempre più rafforzando e va incoraggiato». «La riforma scolastica è stata un'occasione persa - le fa eco la collega del "Carducci" Luisa Proserpi - perché si poteva cominciare a ragionare su una scuola realmente bilingue, invece si sono mantenute le divisioni. Gli stessi ragazzi che dopo lo scambio in quarta decidono di rimanere nell'istituto dell'altro gruppo linguistico sono la testimonianza di cosa chieda realmente la società». Walter Dorigatti, insegnante nel settore grafico del Centro Formazione Professionale, è parte di una famiglia mistilingue. «Personalmente sarei assolutamente concorde con l'avviare una scuola bilingue che venga incontro alle esigenze di tante famiglie. Bisogna, però, precisare, che per un bambino totalmente italiano è davvero difficile essere catapultato in una realtà come la scuola materna tedesca e non sempre si riesce ad ottenere il risultato di un bilinguismo precoce». L'iscrizione all'istituto tedesco, comunque, è pratica diffusa pure a Merano: «Capita - conferma
Irene Terzer del classico "Beda Weber" - fin dalle prime classi dell'asilo. Generalmente, comunque, il percorso nella nostra realtà porta studenti preparati alle superiori». Più allineata alle posizioni di buona parte della politica tedesca è Priska Neulichedl del "Von der Vogelweide": «Fatico a comprendere tutta questa necessità di istituti bilingui quando bisogna prestare uguale attenzione alla salvaguardia dell'identità della madrelingua. Una maggiore convivenza deve svilupparsi attraverso contesti d'uso che siano esterni alla scuola. Penso alle attività sportive o ai centri giovanili». Testimonianza brissinese con un occhio alle certificazioni linguistiche è quella di Christoph Röock. «Abbiamo letto del giro di vite linguistico della Lub, quindi cerchiamo di capire se i nostri ragazzi siano in grado di ottenere il livello B2 delle certificazioni. I dati sul patentino, per ora, ci dicono che il 50% degli studenti non passa l'esame di carriera A o B: bisogna lavorare duramente sull'aspetto linguistico». Hermine Rainer del liceo scientifico meranese promuove lo scambio di docenti «utile come i soggiorni a Firenze che piacciono a molti ragazzi tedeschi», mentre Raffaele Cavagna spezza una lancia per l'insegnamento veicolare «che potrebbe essere applicato alle materie scientifiche di alto livello. Una volta appreso il linguaggio tecnico nella propria lingua, nulla vieta che si possa fare un tentativo, magari in quarta e quinta. Sarebbe stimolante pure per noi insegnanti». Allarga la questione, invece, la collega Wanda Sarri dell'istituto professionale "De Medici": «Altro che scuola bilingue, io la farei direttamente trilingue. In Alto Adige c'è ancora molto da lavorare sotto questo aspetto, ma il successo delle primarie bilingui deve far riflettere. Io stessa ho iscritto mio figlio alla sperimentazione e nonostante qualche difficoltà vedo che si trova a confrontarsi sul serio con l'altra lingua. I prossimo step è senz'altro il coinvolgimento sempre più sistematico di tutti i gruppi linguistici».Giuseppina Pisani dalla cattedra del "Pascoli" sottolinea «il successo degli scambi in quarta superiore dell'artistico e pedagogico con molti ragazzi italiani che rimangono nell'istituto tedesco e viceversa. Evidente come la voglia sociale ci sia». «Prima la facciamo questa scuola bilingue e meglio è», le parole di Epifani Troja del sociale meranese. Concorde il collega Claudio Scalzon del "De Medici": «In linea di principio siamo tutti favorevoli, bisogna però pensare all'applicazione in scuole dove gli studenti sono meno motivati». «Non devono viverla come un'imposizione - sottolinea la dirigente dell'Itas "Pertini" Fiammetta Bada - ma come opportunità condivisa». Chiusura con Bruno Iob, dirigente dell'Istituto Comprensivo Bolzano II, che guarda alla scuola ladina: «Esempio di quello che vorremmo tutti essere e troppo spesso schiacciata nelle polemiche tra italiani e tedeschi».

venerdì 18 febbraio 2011

Gli abitanti di Casanova: «Manca tutto e il Comune ci chiede ancora soldi»


+-di Alan Conti
zoom . BOLZANO. «Ci sembra di aver consegnato il bancomat alla cassa e non avere idea di quanto sarà il conto finale». È questa la sensazione di chi ha comperato la casa in coop a Casanova il giorno dopo le parole del sindaco Spagnolli che scarica parte dei costi di costruzione del canalone di servizio sulle spalle dei soci. «Abbiamo versato in anticipo un fondo per le infrastrutture di circa 15.000 euro a famiglia - dicono - e sembra che solo il canalone ci costerà tra i 1.000 ed i 2.000 euro. Vedremo. Ci hanno assicurato che i risparmi saranno comunque restituiti ma a dire il vero la nostra preoccupazione è che ci vengano a chiedere altro denaro. Stiamo pensando ai soldi che ci verranno a chiedere per il traliccio interrato e l'Iva dei terreni. «Abbiamo mo già pagato montagne di euro - lamenta Carmen Rombolà - e ora vogliono altro denaro. Il Comune ci prende in giro senza nemmeno lo scrupolo di farlo con discrezione. Ma come mai il sindaco parla solo delle coop e si dimentica dell'Ipes?». Sono i tempi ad infastidire di più. «Da quanto tempo sapevano di questo canalone?» chiede Sabrina Burato. «Perché ce ne parlano solo adesso quando abbiamo già pagato 15.000 euro per le infrastrutture con l'accordo che ci venisse restituito quanto fosse avanzato? E poi il canalone è stato realizzato nell'interesse pubblico e sembra che porti benefici solo al Consorzio ed alle coop». Roberto De Santis sposta il proprio disappunto su quello che ancora manca nel rione. «Siamo abbandonati senza negozi né servizi e ancora vengono a dirci che dobbiamo pagare per dei lavori comunali. Stiamo davvero rasentando il ridicolo nell'amministrazione cittadina. Ci vorrebbe una farmacia, per esempio, ma ormai per fare qualsiasi cosa siamo costretti a spostarci come minimo in via Resia». Mendar Isufai si allinea: «Siamo arrivati da poco, ma quello che stupisce è l'assoluta mancanza di considerazione del Comune che dovrebbe tutelarci». Marco Bergamasco lascia trasparire una notevole amarezza. «Curioso che vengano chiamate infrastrutture "primarie" perché francamente ce ne sarebbero molte altre ancora da consegnare. La scuola, i negozi, la farmacia, la stazione o la ciclabile fino a Firmian sono solo degli esempi di quello che stiamo aspettando da tempo senza riscontro. Quando invece ci sono nuove spese da coprire, il Comune si fa sentire. Il sindaco, inoltre, mostra i muscoli consigliandoci di non ricorrere a vie legali, ma è fin troppo facile parlare da una posizione di forza e non farsi mai vedere su queste strade per discutere con noi di quello di cui abbiamo bisogno». Raffaella Mattivi spinge il passeggino scuotendo la testa: «Chiedono soldi e ancora non sappiamo con esattezza quanto ci verrà a costare questa casa. Forse non è poi tanto conveniente appoggiarsi alle coop. Inutile, infine, continuare a sottolineare come qui manchi tutto». Siluri alla coop arrivano pure da Paola Lorandini. «Ci avevano garantito che saremmo andati a vivere in alloggi Casaclima A che ci avrebbero fatto risparmiare sensibilmente. Bene, abbiamo problemi di ventilazione e le spese, in un anno e mezzo, non sono affatto calate». Franco Simoni, una delle anime del comitato di residenti, è chiaro: «Sapevamo che alla fine avremmo dovuto pagare il canalone. Si parla di una quota intorno a 1.600 euro e a questo punto dovremmo mettercela via. Ora, però, sul traliccio interrato e l'Iva dei terreni siamo pronti a non arretrare di un centimetro: il Comune non ha il diritto di approfittare della nostra situazione. In pochi vogliono le barriere antirumore per il treno e rischiano di pagarle in pochi senza considerare che in viale Trento le pagherà la Provincia».
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giovedì 17 febbraio 2011

Manifestazione della Sasa Gli autisti: sul lavoro condizioni insostenibili


di Alan Conti
BOLZANO. «Un'azienda che non ascolta i suoi dipendenti e li mette costantemente in difficoltà: questa è la Sasa». E' un attacco frontale quello portato avanti da una rappresentanza di trenta autisti contro la municipalizzata del trasporto urbano. Orari e condizioni di lavoro insostenibili sono la causa a monte della protesta, mentre la dichiarazione di inidoneità alla guida è l'effetto a valle che, per un'autista, comporta gravi complicazioni di ricollocamento professionale. Abbonamenti gratuiti, tempi di percorrenza strettissimi, poca tutela di fronte alle lamentele, concertazione assente da un anno e buoni pasto irrisori completano un quadro di forte tensione all'interno dell'azienda di via Buozzi con i 300 autisti pronti a incrociare le braccia dopo aver proclamato lo stato di agitazione. «Abbiamo una spada di Damocle - spiega Benedetto Rarità, rappresentante Rsu interno alla Sasa e segretario provinciale Filt/Cgil - che ci pende sulla testa e porta il nome di inidoneità. Basta questa dichiarazione, infatti, per portare la Sasa ad aprire le procedure di licenziamento. Un nostro collega con 30 anni di servizio, per esempio, è stato messo in aspettativa al 50% con forti ricadute, chiaramente, sul profilo pensionistico. Chiediamo all'azienda che in questi casi si possa trovare delle soluzioni di reintegro dato che le opportunità, dalla manutenzione delle obliteratrici ai servizi, ci sono. Molto spesso, infatti, si tratta di inidoneità temporanee, dovute alle condizioni di stress in cui dobbiamo lavorare costantemente. Un primo passo sarebbe quello di aprire un dialogo con le Rsu che da un anno e mezzo chiediamo inutilmente». A raccontarci queste difficoltà ci pensano Marco Furlan, Hamdoune Hichem e Dina Folgarait: «I tempi di percorrenza sono davvero troppo stretti e non ci lasciano nemmeno il tempo di andare in bagno. Basta un minimo contrattempo, infatti, per andare fuori tabella e in ritardo. A questo aggiungiamo che la generosità pubblica degli abbonamenti gratuiti comporta un aumento dell'utenza poco controllato che crea ulteriori difficoltà. Se anziani e studenti, infatti, salgono sul mezzo per fare solo una fermata anziché camminare possono comportare un inutile attardarsi di tutta la linea. Non dimentichiamoci, inoltre, che quando non si arriva puntuali il giudizio della gente è implacabile e ci mettono poco ad accusare l'autista. Si instaura, quindi, un clima di lavoro stressante in cui, senza voler fare gli uccelli del malaugurio, si alza sensibilmente il livello di rischio di eventuali incidenti». Tra i trenta aderenti all'iniziativa di ieri mattina presenti pure i dipendenti di Merano e delle linee extraurbane. «C'è una certa difficoltà - spiega Claudio De Chiara, autista della tratta Bolzano-Merano - ad essere contemporaneamente controllori e guidatori quando si va fuori città. Il personale, però, non è abbastanza ampio e tutto questo, ovviamente, deriva da questa scelta aziendale». Persino pranzare è diventata questione delicata: «I buoni pasto - interviene Mario Merotto - sono stati cancellati a dicembre. Un'assurdità. Già prima la dotazione di 3,50 euro, a seconda del turno ed escluse le festività, era irrisoria, ma ora siamo arrivati al limite. Chiediamo ci venga riconosciuto il diritto di mangiare un boccone dignitoso». A preoccupare maggiormente, però, è sempre la dichiarazione di idoneità alla guida, come confermano Massimiliano Lorenzini, Dario Galeotti, Maurizio Lovat e Mirco Costantino: «Sembra una fissazione, ma bisogna comprendere che molto spesso è il nostro stesso lavoro ad usurarci e a mettere a rischio il posto e l'occupazione. E' come un gatto che si morde la coda. Stare sempre seduti senza avere il tempo di sgranchirsi al capolinea oppure lavorare costantemente sotto stress comporta delle reazioni sul fisico che danneggiano la nostra prestanza professionale e mettono in discussione esiti di esami fino a qualche anno fa scontati. Per come si sta comportando l'azienda, oltretutto, perdere l'idoneità significa perdere progressivamente lavoro e stipendio». Reinhold Höller torna a battere sulla carenza del personale «che costringe tutti noi ad alternarci costantemente nel ruolo di autisti e controllori senza un minimo di ordine». Presente alla piccola manifestazione anche Fabio Parricchini, segretario provinciale della Fiom: «Completa solidarietà agli autisti della Sasa. Ancora una volta la presunta risalita dalla crisi viene pagata dagli strati sociali più deboli e dalle categorie lavorative meno tutelate dalle aziende».
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mercoledì 16 febbraio 2011

La Confesercenti: penalizzare chi tiene locali commerciali sfitti


13 febbraio 2011 — pagina 15 sezione: Cronaca

BOLZANO. Mirco Benetello, segretario di categoria di Confesercenti, affronta il tema delle agevolazioni fiscali. «Siamo curiosi - dichiara - di capire dal Comune dove si possa intervenire. Immaginiamo sulle quote per l’occupazione di suolo pubblico e sulla tassa rifiuti. Importante, infine, cercare di creare le condizioni di svantaggio per chi lascia i locali vuoti anche se sul mercato degli affitti chi veramente potrebbe incidere seriamente è l’Ipes più che il Comune». Proprio con l’Ipes è in programma un incontro a breve per affrontare la questione degli esercizi commerciali che l’istituto concede in affitto. (a.c.)

Ecco “Tavola Rotonda” club di giovani giuristi che dibatte temi attuali


febbraio 2011 — pagina 42 sezione: Agenda


BOLZANO. Parlare di giustizia in Italia, di questi tempi, è come infilare le dita nella corrente della polemica politica. Ci vuole senz’altro passione, coraggio e voglia di riconsegnare il Diritto alla sua realtà di disciplina scientifica con una dignità di studio di altissimo profilo. Ecco, quindi, che ogni iniziativa in questo senso va salutata con piacere, specialmente se ad avanzarla è un gruppo di trenta giovani. Si chiama “Tavola Rotonda”, infatti, il circolo giuridico che ogni giovedì alle 20 si incontra nella sede dell’Upad in via Firenze per affrontare problemi giuridici, con particolare riguardo alla storia del Diritto e al suo rapporto con la società.
Un vero e proprio gruppo di lavoro composto da giovani giuristi in costante dialogo con studiosi e appassionati di altre discipline, come la medicina o la filosofia, che possono essere collegate alla loro in... punta di Diritto.
A raccontare l’iniziativa pensa il responsabile, Antonio Merlino, docente di storia del diritto all’Università di Salisburgo.
«Abbiamo deciso di promuovere un’iniziativa aperta, dove potersi confrontare con gli aspetti più delicati e stimolanti della materia giuridica. Il tutto, ovviamente, cerchiamo di agganciarlo alla realtà della società, perché la legge non può rimanere ancorata unicamente alle lettere dei testi. In questo abbiamo incontrato l’entusiasmo dell’avvocato Gaetano Gambara, fondatore, coordinatore e vera “anima” dell’Upad, che ha contribuito con generosità all’ampliamento di questo percorso scientifico».
Il circolo giuridico “Tavola Rotonda” è stato presentato ufficialmente ieri nel tardo pomeriggio proprio nella sede dell’Upad. Non manca, in tutto questo, un occhio ben fisso su alcune tematiche locali.
«L’Alto Adige - continua Merlino - è un territorio molto stimolante sotto questo aspetto per molteplici motivi. Evidente che questo argomento sarà parecchio presente nelle nostre discussioni o attività».
Già, perché “Tavola Rotonda” non è destinato a rimanere un club ristretto agli incontri settimanali ma si ripromette di organizzare convegni, approfondimenti e occasioni di scambio in materia.
«Con l’appoggio di Upad - conclude Merlino - auspichiamo di attivare momenti di incontro e riflessione comuni che possano interessare tutta la cittadinanza».
La Giustizia, insomma, non è sempre materia che scotta.

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Alan Conti

La delusione degli italiani di Don Bosco: Durnwalder non è più il nostro presidente


BOLZANO. «Presidente di tutti» è una carica che non ci si può auto-attribuire, ma va conquistata con i fatti concreti. Il messaggio che si leva dal "feudo" italiano di via Resia nei confronti del Landeshauptmann Luis Durnwalder è netto e preciso, al pari della delusione. Non è un mistero, infatti, che il presidente della Provincia peschi voti all'interno del gruppo italiano facendo leva su capacità gestionali e di dialogo da più parti riconosciute. La simpatia verso Durnwalder sta però scemando. Toponomastica, monumenti e festa dell'Unità negata è una tripletta che non ha lasciato indifferenti e sono in tanti, a Don Bosco, ad essere pronti nell'allinearsi al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel contestare dichiarazioni e intenti di Durnwalder. «Sarebbe miope - le parole di Valentina Biasio e Mauro Pancheri - non riconoscere a Durnwalder le qualità decisionali che ha dimostrato negli anni. E' sempre stato attento all'equilibrio per la convivenza, ma questa volta ha spiazzato tutti senza un reale motivo. Diciamocelo pure chiaramente: ha fatto una cavolata deludendo quella parte di italiani che, in fondo, della Svp si fida». «Bene ha fatto - sentenzia Giorgio Tietto - il presidente Napolitano a richiamare a un maggiore rispetto della carica istituzionale. Troppo facile autodefinirsi il presidente di tutti e poi agire al contrario». Sabine Grumser, a sorpresa, recapita al Landeshauptmann un rimprovero tutto tedesco. «Sbaglia nel descrivere un sentimento di fastidio da parte nostra verso questa festa. Deve rappresentare correttamente tutta la popolazione e non creare tensioni che la società non avverte e di cui certamente non ha bisogno». Al bancone del bar "Tiziana" di via Sassari la festa dell'Unità d'Italia è l'argomento principe e le convinzioni della titolare Katia Baldin coincidono con quelle dei clienti Gigi Palmisano e Cesare Murroni. «Siamo dentro i confini italiani, Durnwalder prenda atto delle conseguenze di quello che dice e abbia rispetto delle istituzioni, italiane, che rappresenta. E' banale, ma necessario, ricordare come l'autonomia sia certamente una grande conquista, ma anche un privilegio economico che ci arriva da Roma e che dobbiamo, in qualche modo, considerare. Le nostre autorità, oltretutto, si presentarono in massa alla manifestazione per Hofer a Innsbruck e lo fecero come forma di rispetto: la reciprocità è necessaria, altrimenti ci si mette un secondo a chiedere la revoca della festività tedesca di Pentecoste. Ci allineiamo al presidente Napolitano e chiediamo al Landeshauptmann una marcia indietro e, in più, speriamo che la Svp tolga nel suo statuto ogni riferimento all'autodeterminazione». Sintetici, ma risoluti, i commenti di Felice Castaldo e Simone Antonucci: «La festa va fatta, non si discute. Durnwalder si tenga le sue convinzioni personali e agisca da uomo pubblico e di responsabilità». Paolo Cappellupo inovca «un'atmosfera di pace isolando chi alimenta tensioni come il presidente. Le guerre e le divisioni sono lontane, sbagliato intingere la propria politica in quel passato. Ci eravamo illusi che Durnwalder avesse una capacità d'analisi più completa e saggia di una Eva Klotz qualsiasi e fa molto male scoprire che ci siamo drammaticamente sbagliati. Forse non se ne rende conto, ma in questo modo non solo non è per nulla il presidente di tutti, ma offende pure tutti gli italiani che vivono in questa terra». Stessa lunghezza d'onda per Nicola Bonadio: «Sono italiano e desideroso di festeggiare il mio Paese. Durnwalder non è più il mio presidente». Chiusura con le parole taglienti di Ugo Toni: «Se anche gli italiani hanno creduto in lui, ora la porta si è richiusa». (a.c.)

Via Bari dimenticata: nessuna riqualificazione Fermo il museo del rione


BOLZANO. Gli umori di commercianti e abitanti di via Bari puntano verso il basso e la sensazione di abbandono verso l'amministrazione sempre più netta. La rivalutazione complessiva, insomma, non sembra fare tappa in una strada che continua a proclamarsi dimenticata e poco appetibile. Difficile, insomma, pensare di puntare a una clientela che non sia solo strettamente residenziale, mentre altri rioni si pongono obiettivi altisonanti. Mai come qui, quindi, il concetto di città policentrica sbandierato tra le pagine del Masterplan sembra un capitolo della città dei sogni. Nonostante tutto, però, c'è chi vuole difendere il rione e apre nuove attività e punta a una promozione migliore del rione, magari attraverso il tanto atteso museo delle Semirurali all'interno dell'unica casetta rimasta. «Siamo punto e a capo - la sentenza di Arturo Franchini del bar "Giulia" - e nulla si muove per noi. Continuiamo ad avere una moria di parcheggi che in pochi anni, tra soppressioni e permessi ballerini, sono passati da 90 a 41 e una generale poca considerazione da parte dell'amministrazione. Lo spazzino, per esempio, è passato una volta sola negli ultimi sei mesi. Pensare che di bolletta scuciamo 330 euro al mese: ecco le imposte che vanno detassate per aiutare il commercio di vicinato. Le siepi, inoltre, continuano ad essere incolte e pericolose per le macchine che escono dai parcheggi, mentre nella vicina casetta delle Semirurali stiamo tutti attendendo un museo che ci fu promesso anni fa. Non ci possiamo stupire, quindi, se piano piano molti negozianti se ne vanno». Antonella Cattoi di "Intimo Gabry" è sconsolata: «Non cambia mai niente. Poco passaggio, transito scarso, illuminazione carente, iniziative pari a zero. Cosa dobbiamo fare per sentirci considerati?». Sergio e Marco Baraldi sono occupati negli ultimi lavori prima dell'apertura del bar "Le Petit" che prenderà il posto dello storico "Il Palco". «Viviamo questa strada da molti anni. Venire a lavorare qui è stata un'opportunità dettata dal cuore. E' vero, i bar sono davvero tanti, ma l'importante è cercare il proprio spazio senza danneggiare nessuno. Un poco di varietà in più nell'offerta farebbe bene a tutti, è chiaro, ma l'apertura di un punto di attrattiva come potrebbe essere un museo delle Semirurali sarebbe un primo passo importante. Incrementare il passaggio, infatti, è la soluzione più efficace. Serve a poco, infatti, montare una rastrelliera e una panchina di fronte al negozio di chi si è lamentato di un commercio che stava morendo senza, però, pensare ad interventi realmente strutturali. Certo, comunque, che sarebbe ipocrita non considerare che il bacino d'utenza dei residenti rimane sempre importante». La clientela fissa è la chiave pure per Katja Marcomin e Marion Weiss del parrucchiere "Katja". «E' vero che alcuni negozi di vicinato hanno chiuso, ma bisogna anche considerare che tipo di attività funzionano e quali no. Non possiamo imporre, per esempio, una pescheria se non c'è mercato. E' incoraggiante, invece, che i due bar che si apprestano ad aprire siano gestiti entrambi da italiani». Chiusura con Manuel Conte e Ivano Moltrer del tabacchino che scherzano: «Potremmo levare una vocale e chiamarla via "Bar". Scherzi a parte, comunque, le attività che si basano sui residenti come la nostra possono stare tranquille. Possiamo capire, però, che chi ha bisogno di un bacino più ampio possa incontrare delle difficoltà serie in una strada così». (a.c.) 12 febbraio 2011

martedì 15 febbraio 2011

L'appello dei negozianti al municipio «Le tasse comunali devono scendere»


di Alan Conti
zoom . BOLZANO. Sì al centro commerciale naturale, ma intanto i negozianti di via Torino chiedono misure immediate al Comune. Occupazione di suolo pubblico, tassa sui rifiuti e piccoli balzelli, quindi, sono i margini di operatività che gli esercenti indicano a piazza Municipio. La ventilata imposta aggiuntiva per chi lascia i locali vuoti, inoltre, rappresenta una possibile boccata di ossigeno per coloro che da tempo chiedono una maggiore varietà di offerta. A livello urbanistico, invece, le grosse tematiche riportano al problema parcheggi con una richiesta di viabilità più snella e una rivalutazione efficiente di piazza Matteotti. Una misura nuova, invocata dai commercianti, è la necessità di attrarre in zona qualche grosso marchio di forte richiamo: il rincorrersi di voci, per ora senza nessun riscontro, di un approdo di "H&M" negli spazi di "Sport 40" è lo spunto per rimarcare come anche il negozio di vicinato necessiti di un qualche franchising capace di fare da traino. «La nostra attività - spiega Emanuele Manigrasso della tabaccheria "Nössing" - è particolare e si differenzia dalle altre, ma senz'altro può certificare il buono stato di salute di un rione che risponde ai bisogni di un certo tipo di commercio ad alta fidelizzazione. Certo che se il centro commerciale naturale comportasse l'arrivo di qualche brand di grande appeal come può essere "H&M" ci guadagneremmo tutti». Dal bancone del bar "Cin Cin" è approfondita la disamina dei titolari Alessandra e Stefano Zaninotto. «Non possiamo certamente essere contrari ad un percorso come quello progettato da Confesercenti. Aspettiamo però risposte concrete prima di lasciarci andare a facili entusiasmi. Cosa si intende fare, per esempio, per migliorare l'offerta di parcheggio? Dove si vuole intervenire? Sulle imposte, invece, crediamo che i margini di intervento per venirci incontro siano legati a rifiuti e tassa di occupazione del suolo pubblico». Carlo Zanella, titolare di "Zanella Activewear" ripercorre la storia: «Hanno scoperto l'acqua calda. Già molti anni fa avevamo realizzato un logo unico con lo slogan di "30 metri di vetrina". Riproporlo va più che bene, ma va fatto un ragionamento importante a monte. Leggo, per esempio, di agevolazioni fiscali per chi decide di aprire nuove attività occupando locali vuoti, ma chi resiste da anni, in tutto questo, cosa ci guadagna? Possiamo, inoltre, riempirci le bocca con tutti i buoni propositi che vogliamo, ma finché non si convince qualcuno ad investire in un settore che al momento permette appena di sopravvivere non andremo da nessuna parte». Storica insegna della zona è certamente il bar "Bartolomei". «Siamo favorevoli - le parole del titolare Roberto Fontana - a qualsiasi operazione possa portare dei vantaggi a tutti i commercianti. Speriamo solo che a nessuno venga in mente di fare una zona pedonabile. Ben vengano, comunque, i grandi marchi se contribuiscono a movimentare queste strade». «Devono arrivare più negozi possibili, bene fa il Comune a cercare di invogliare gli imprenditori - dichiarano all'unisono Vladimiro Pattarello e Giorgio Pagano - e bisognerebbe pure tenere aperto fino alle 20.30. Sarebbe questa l'arma in più del quartiere nei confronti del Centro». A proposito di quartiere, adesione importante al progetto è quella della circoscrizione presieduta da Carlo Visigalli. «Siamo contenti se tutto questo dovesse andare a buon fine. Abbiamo il compito di mediare con le esigenze dei residenti perché, per esempio, non possiamo pensare di mettere a disposizione tutti i parcheggi per i negozianti».
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sabato 12 febbraio 2011

Bolzanini delusi dal no di Durnwalder


BOLZANO. «Non è più il presidente di tutti. Ci ha deluso». Sembrano ormai lontani anni luce i tempi in cui Luis Durnwalder scendeva a Don Bosco per la sagra di via Aosta, accolto da applausi, baci e abbracci. Quando veniva coccolato dagli italiani di Bolzano - dagli alpini dell'Ana alle signore del circolo Rodigino - come «uno di noi». Tra piazza Matteotti e via Roma, il rifiuto istituzionale del presidente alle celebrazioni ufficiali per i 150 anni dell'Unità d'Italia suonano come uno schiaffo in faccia. Più che il risentimento nazionalista, fa capolino lo scoramento verso chi alimenta tensioni che gran parte dei bolzanini avverte ormai come anacronistiche. Corrado Erardi va dritto al punto: «Sono molto deluso. Credo si sia persa un'occasione per realizzare un percorso comune alimentando, al contrario, una tensione di cui non si sente il bisogno. Il tutto alla vigilia della discussione di un tasto delicato come la toponomastica». Non tutti gli italiani sentono le celebrazioni in modo così viscerale, ma sono infastiditi dal segnale che arriva da Palazzo Widmann. «Se devo essere sincero - ammette Ermanno Maccaglini - la festa per i 150 anni non mi coinvolge più di tanto. Ciò non toglie, che la Svp abbia dimostrato per l'ennesima volta di vedere solo bianco e rosso, con un orizzonte di pensiero piuttosto limitato. I festeggiamenti, però, sono giusti e, anzi, Bolzano avrebbe bisogno di molte più occasioni simili per trovarsi assieme e sentirsi unita». Risoluta la risposta di Palmina Calabrese: «Siamo in Italia ed è assolutamente evidente che le cerimonie nazionali vanno rispettate con il giusto garbo istituzionale. Su questo non si discute». Elisa e Francesco La Greca del bar "Bianco" in via Roma chiedono la partecipazione «della provincia di Bolzano alla fiera delle regioni a Roma. Non c'è proprio alcun motivo per cui noi possiamo permetterci di disertare. E' un atteggiamento, oltretutto, che ci mette in imbarazzo nei confronti di tutto il resto del Paese». Durnwalder, però annovera qualche estimatore: «Sono di Merano e di famiglia tedesca - spiega
Hannes Meier - e sono totalmente d'accordo con lui. perchè noi con questa festa non c'entriamo proprio nulla e non possiamo celebrare qualcosa di cui non ci sentiamo partecipi». Diametralmente opposto l'atteggiamento di Santo Mastroianni: «Un atteggiamento istituzionale inaccettabile. Il presidente deve rappresentarci tutti e invece fa finta di considerare solo una parte della società altoatesina. Lo Stato italiano ha fatto molto in termini di autonomia e finanziamenti per il gruppo linguistico tedesco: troppo facile, adesso, dire "noi non lo volevamo"». Flora Maria Kruger e Giuliano Brigante, titolari del bar "Brigante" parlano di «sbaglio della Stella Alpina nel riproporre uno schema ormai vecchio e datato. Di fronte alle nuove sfide dell'immigrazione, infatti, fermarsi ancora alla divisione tra italiani e tedeschi è quanto di più sciocco ci si possa aspettare dal politico di maggior spicco del nostro territorio. Il fatto che l'Alto Adige non fosse annesso nel 1861 al Regno d'Italia, poi, è una scusa parecchio traballante perché ci sono altre regioni nella stessa situazione che nemmeno si sognano di non partecipare alle celebrazioni». Luigi Scapin è contrariato. «Qualcuno mi deve spiegare, allora, la contraddizione di chiudere pure le scuole tedesche o tutti gli uffici amministrativi provinciali: ci prendono in giro? Perché l'assessore Kasslatter Mur non si premura di spiegare questa anomalia con la stessa fretta con cui si allinea al presidente? Ora speriamo che il Governo intervenga in modo deciso e risoluto, sempre che non sia troppo preoccupato a non urtare la sensibilità dei due deputati Svp». Franz Weger, dal canto suo, ripropone una vecchia analisi: «Come al solito, dove i tedeschi viaggiano uniti, noi italiani ci perdiamo in mille sfumature. Se vogliamo, abbiamo più fantasia, ma associare tutto questo al concetto di "Unità" è quantomeno incoerente». Considerazioni simili per Vito Caradonna: «Il nostro Paese è in difficoltà e si divide praticamente su tutto. Proprio per questo è ancora più importante, forse, far vedere che esiste la voglia di stare insieme su un territorio che, per quanto non piaccia al presidente della Provincia, arriva fino al Brennero». Stufo, invece, Mauro Scrinzi: «Siamo sinceri, il popolo italiano non ha mai chiesto nessuna festa per i 150 anni dell'Unità. Tutto è nato da un'iniziativa del Governo che, adesso, si lamenta se qualcuno non ha voglia di partecipare». (a.c.)

Il Comune: agevolazioni fiscali per chi riapre i negozi nei quartieri


BOLZANO. Agevolazioni fiscali per chi decide di riaprire un "negozio di vicinato". La proposta arriva del vicesindaco Klaus Ladinser che, in un incontro nella sede di Confesercenti in via Roma, ha provato a dare una prima risposta al quotato refrain della difesa dei negozi di quartiere. La cornice tematica è senz'altro adeguata: il lancio del progetto di centro commerciale naturale nel quartiere Europa-Novacella. Un'idea promossa dall'assessore provinciale Thomas Widmann e ripresa da piazza Municipio, il tutto sotto la regia di Confesercenti. Le intenzioni, ovviamente, vanno fatte seguire da passi concreti ed ecco che all'orizzonte si profilano possibili soluzioni urbanistiche in grado di riqualificare alcune zone come piazza Matteotti. Dei circa 300 negozi chiusi a Bolzano, 47 si trovano nel quartiere Europa-Novacella. «Il modello di sviluppo di questo centro commerciale naturale è molto importante - dice Ladinser -: in Comune stiamo cercando di capire quali possano essere le soluzioni migliori. Posto, infatti, che il negozio al dettaglio è senz'altro un elemento capace di migliorare la qualità della vita, dobbiamo trovare delle strade per incentivare gli investimenti in questo campo. Intervenire sull'aspetto fiscale di competenza del Comune, per esempio, potrebbe essere un'idea che potrebbe tornare utile pure per Firmian e Casanova». D'accordo col centro commerciale naturale l'assessore Chiara Pasquali: «Importante che si inserisce in un tessuto commerciale dalle radici storiche in cui non troviamo le maxistrutture e i franchising del Centro. Per favorire questo sviluppo, però, dovremo risolvere alcuni problemi di mobilità e rivedere il ruolo di piazza Matteotti, oggi abbandonata. La collaborazione con la Provincia, inoltre, è certamente un buon segnale e può portare a ottimi risultati». L'iniziativa ha incassato l'entusiasta adesione della Circoscrizione ed è stata identificata la zona di intervento: via Torino, via Milano (fino a via Montecassino), piazza Matteotti e via Dalmazia. «La sperimentazione - spiega la coordinatrice per Confesercenti Claudia Masera - è un primo passo molto importante». A seguire tecnicamente il progetto, invece, sarà il professor Luciano Pilati. «Prima di tutto intendiamo coinvolgere tutte le realtà attive sul territorio, quindi gli artigiani, i servizi e lo stesso Comune. Bisognerà analizzare la situazione urbanistica per migliorare il flusso del traffico, dei marciapiedi, la ristrettezza delle carreggiate, l'eventualità di nuove piste ciclabili o la possibilità di potenziare l'illuminazione. Si potrebbe anche pensare di introdurre una zona pedonale in via sperimentale. Auspichiamo, inoltre, un ripensamento di alcune isole ecologiche che francamente danneggiano estetica e praticità di alcune strade. Tutto questo, però, dovrà essere accompagnato da un marketing specifico, con la creazione di un logo comune, ma anche di un calendario di manifestazioni che rendano il quartiere fortemente attrattivo». Soddisfatto il presidente di Confesercenti Domenico Sacco: «Il centro commerciale naturale dà nuova linfa agli operatori». (a.c.)

Viale Druso protesta mancano le pensiline la strada è pericolosa


BOLZANO. In viale Druso mancano le pensiline nonostante le molte promesse. Residenti ed esercenti provano a riproporre il disagio, anche se le difficoltà sembrano connesse alla forte presenza di proprietà private lungo il tracciato che rendono angusto l'eventuale spazio di installazione delle cabine. La richiesta, però, si trascina dietro altre criticità della strada: dai marciapiedi dissestati allo scarso parcheggio, passando per una pista ciclabile attesa ormai da tempo. Il primo ad aprire il dibattito sulle pensiline è Luca Sticcotti: «Ci sono strade che in cento metri ne contano addirittura due, mentre nel vialone urbano più imponente scarseggiano in modo incredibile». «Sarebbe veramente una soluzione auspicabile - sospira Sandra Stringari - per garantire riparo a chi aspetta il bus con la pioggia o la neve. Anche col vento gelido potrebbe tornare utile potersi sedere al coperto. Penso alle tante mamme con i bambini o le signore anziane che quotidianamente si recano alla fermata di una delle strade più trafficate di Bolzano. I marciapiedi, invece, meritano una rivisitazione complessiva perché viale Druso non può sempre e solo essere considerata dal punto di vista dell'automobilista». Richieste sottoscritte pure da Adalgisa De Zulian: «Prima arrivano le pensiline e meglio è per tutti. Il freddo e il traffico, talvolta, raggiungono picchi difficilmente sopportabili. Sarebbe ora di offrire un riparo per tutti i residenti e gli utenti della Sasa, tra cui molti anziani». Oltre ai bus, però, c'è un capitolo biciclette sempre aperto. «Un percorso ciclabile aiuterebbe senz'altro la zona - spiega Andrea Fellin del laboratorio "Hands" - ma è di difficile realizzazione dato che se ne parla da tempo. Lo stesso marciapiede andrebbe rialzato e marcato in maniera più netta, magari con qualche pianta e i fiori che ci sono sul lato in direzione Bivio. Il problema, però, sono le tante proprietà private che costringerebbero l'ente pubblico a una trattativa serrata con i condomini per ricavare qualche spazio». Stesso tema, da un'angolatura politica, viene affrontato da Gianni Cassini. «Sono anni che chiediamo la realizzazione di una corsia riservata alle biciclette, ma nulla si è mai mosso. Se oltre alle difficoltà tecniche, infatti, si inseriscono pure quelle di carattere politico come il Comune immobile è molto difficile riuscire ad arrivare a una soluzione. A rimetterci, però, sono i residenti del rione ed è un peccato. Il piano regolatore poteva prevedere qualcosa di simile. La carenza di parcheggi, invece, è legata all'aumento delle macchine, ormai quasi sempre due per famiglia». Dal bancone del bar "Gong" è proprio quello degli stalli il nodo più sentito. Dice Rita Natuzzi: «Osservo la situazione da un punto di vista professionale. Chi viene da fuori non ha altra soluzione che lasciare la vettura in seconda fila e fare tutto di fretta per non incorrere in sanzioni. Per gli esercizi tutto questo determina l'impossibilità di ampliare il proprio bacino d'utenza dovendosi limitare ai soli residenti. Così si trasforma il vantaggio del tanto passaggio nel solo svantaggio dell'eccessivo traffico». Antonio Faliva torna sulla mancanza di pensiline: «La cabina sarebbe utile, in particolar modo per gli anziani, ma molto difficile da realizzare. Gran parte dei posteggi, infatti, sono di proprietà privata e limitano la zona del possibile intervento, rendendo insufficiente il margine per l'installazione di una pensilina. Bisognerebbe chiedere a negozi e condomini quanto interessa un'operazione simile, ma fino ad oggi non abbiamo avuto risposte positive. Il tutto, poi, è aggravato da scelte poco lungimiranti come quella di sistemare il bidone dei rifiuti lungo la strada, occupando due posteggi, quando potrebbe benissimo essere messo nella vicina aiuola comunale della passeggiata Jordan senza arrecare disturbo a nessuno». Chiusura con Italo Capisani,: «In viale Druso servono parcheggi». (a.c.)

Dalla spedizione in Africa alla morte in Russia: il destino dei «bersalpini»



di Alan Conti
Capitano, preparatevi a sostituire tante penne con una sola». Quello che sembra un gioco di parole non lo è se pronunciata da un maggiore del Corpo d'Armata al comandante del settimo Reggimento Bersaglieri, Ugo Morini, nel 1941. Il significato era chiaro e comportava quello che un bersagliere difficilmente può accettare a cuor leggero: il passaggio alla divisa degli Alpini, più precisamente alla divisione Tridentina in partenza per la campagna di Russia. Una comunicazione che cambiò le prospettive di un Reggimento, che era destinato invece in Africa. Nacquero così i Bersalpini, figli di una storia militare conosciuta pochissimo e riesumata grazie alla passione di Silvano Cassini, presidente dell'associazione «Amici della storia» che ha raccolto le memorie dello stesso comandante Morini. «Si trattò - spiega Cassini - di un unicuum della storia militare, originato da due necessità: per i bersaglieri di contare sulle capacità di gestione e addestramento delle mule degli alpini, e per le penne nere di avere a disposizione un'arma controcarro 47/32 in dotazione ai bersaglieri. La campagna russa lo richiedeva e così nacque la 216esima compagnia controcarro 47/32 "Bersalpini" Bolzano». Tutto questo si inserisce pienamente nel contesto altoatesino perché il Reggimento era di arruolamento territoriale, quindi nella Compagnia confluirono moltissimi militari altoatesini: lo stesso Morini non era bersagliere professionista ma insegnante presso la scuola di via Napoli a Bolzano. A essere trasformati da «arditi in terra d'Africa» a combattenti nelle steppe sovietiche sterminate furono quindi anche molti bolzanini. Condizioni di guerra e situazioni avverse costarono la vita a numerosi ragazzi e lo stesso Morini racconta la cattura di alcuni di loro da parte di un gruppo di cosacchi a Nikolajewka e la successiva prigionia a Piniuk, al limite del circolo polare artico: «Continuammo - scrive - a morire per due mesi. Alla partenza dall'Italia si contavano 245 bersalpini: metà circa uscirono dalla sacca in battaglia e si salvarono, ma dell'altra metà ritornammo in patria nel '46 in tre, di cui due congelati». Il momento più simbolico, al di là del dolore per i caduti, rimane la comunicazione e il cambio di prospettiva dei giovani del Reggimento in bersalpini. «Per noi fu un fulmine a ciel sereno - si legge negli scritti del comandante - ma poco dopo ci rassegnammo e partimmo per Caprino Veronese, dove c'era un distaccamento del deposito del 6ºAlpini». Il rapporto con le penne nere fu subito piuttosto facile: «Ci amalgamammo in breve tempo, dato che molti ragazzi erano originari della stessa provincia o, magari, dello stesso paese». Tutto questo, però, non rese più facile rendere i propri simboli per indossarne altri. «Un giorno ricevetti dal Comando l'ordine di ritirare i fez (il classico cappello dei Bersaglieri, ndr) e i piumetti. Comprendevo il loro dolore nel dover consegnare ciò che avevamo meritato dopo tanto sacrificio. Anch'io in quel momento soffrivo». Non tutti, quindi, furono inclini ad accettare le modifiche imposte dall'alto: «C'era chi gettava malamente il fez e il piumetto nelle casse e poi tornava al posto raccolto nel proprio dolore, chi li baciava oppure chi si arrendeva rivolgendosi a me gridandomi che lo faceva solo per rispetto alla mia persona. Restarono, infine, quattro bersaglieri che non si erano fatti avanti quando li avevo chiamati e che avevo fatto finta di ignorare, ma che tenevo d'occhio. Tra loro il caporalmaggiore Carrera con parole decise mi disse che non avrebbero mai consegnato fez e piumetto, anche a costo di pagare l'insubordinazione». La punizione non arrivò, anzi il Reggimento ottenne alcune concessioni simboliche: «Sulla divisa le nostre fiamme cremisi sotto il bavero e un piccolissimo fez da portare all'occhiello del taschino sinistro». Così vestiti «partimmo verso la Russia».
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