Cerca nel blog

martedì 11 novembre 2014

Stop all'Abo gratuito per anziani e studenti

La legge provinciale sul trasporto locale sarà rivista entro Natale. D'altronde risale al 1985 e una rinfrescata sembra necessaria. Il primo passo, comunque, è stato fatto questa mattina in giunta provinciale concentrandosi sulle spese e le tariffe. Il treno costa alla Provincia 50 milioni di euro, il bus 80 milioni. Le direttive Ue impongono una copertura del 34%. "Abbiamo riguardato le tariffe partendo dal principio che chi più viaggia più risparmia" l'esordio dell'assessore competente Florian Mussner. La vera novità, peró, è la fine del privilegio gratuito per anziani e giovanissimi: stop, insomma, all'Abo piovuto dal cielo. "Abbiamo investimenti in vista e delle quote europee da rispettare. Non potevamo continuare a non considerare i costi di un servizio". Bambini e giovani, quindi, pagheranno una quota forfettaria annuale di 20 euro per Abo+ fino alla maturità superiore. Capitolo anziani: quota annuale di 75 euro per chi ha un'età tra i 70 e i 75 anni e 20 per gli over 75. Per tutti gli altri predisposte fasce chilometriche con 0,12 centesimi per le percorrenze tra 0 e 1000 chilometri, 0,08 tra 1001 e 2000,  0,03 tra 2000 e 10000, 0,02 tra 10000 e 20000. Il massimo raggiungibile è 640 euro annuali. Previste anche delle modulazioni famigliari al ribasso. (a.c.)

Set a Bolzano per Tornatore

Sono venti le domande presentate per un finanziamento provinciale alle produzioni cinematografiche. La giunta provinciale ne ha scelti sei: "Abbiamo dato via libera per un contributo globale di 1,5 milioni di euro con ricadute sul territorio per 3 milioni di euro" le parole del presidente Arno Kompatscher. Tra questi anche una pellicola di Giuseppe Tornatore con il premio Oscar Jeremy Irons tra i protagonisti. Le riprese saranno anche nella città di Bolzano. Atteso, infine, Christian De Sica per un set sul Renon. (a.c.)

sabato 8 novembre 2014

Teresa, una spagnola alla Caritas per volontariato

“Bolzano è un piccolo paraiso”. Lo dice proprio così, mescolando l’italiano allo spagnolo perché sciogliere una lingua nell’altra è prassi quotidiana per Teresa Lapresa, spagnola di 27 anni impegnata per un anno alla Caritas nel l’ambito del progetto “Erasmus Plus”. Facile tra idiomi latini, verrebbe da dire, ma Teresa è arrivata alle nostre latitudini sull’onda del tedesco in un percorso che è quello del servizio civile volontario. “Volevo provare questa esperienza e, avendo studiato tedesco a scuola e ad Augsburg, mi hanno subito proposto la Caritas bolzanina”. Il che non è esattamente banale perché Teresa è originaria di Logroño, Regiona La Rioja a un tiro di schioppo da Bilbao. Terra d i vino e buona gastronomia, ma non proprio zone dai frequenti contatti con la realtà altoatesina. “La fortuna ha voluto che qui cercassero qualcuno esperto di comunicazione con nozioni di tedesco. Io sono laureata in comunicazione audiovisiva e giornalismo: volevo un’esperienza di vita”.


 Vitto, alloggio e 265 euro al mese: questi gli strumenti per provarci. “Bastano e avanzano – racconta con un sorriso da prendere nota – perché questi mesi mi stanno regalando contatti umani che sono un arricchimento continuo”. Binario 7, Casa Freinademetz, Casa Margaret, Street Life, Young Caritas: dai problemi di dipendenza agli stranieri in cerca di inserimento, passando per i giovani all’uscita delle discoteche. C’è di tutto nel lavoro di una ragazza che non nasce professionista del sociale. “La curiosità fa parte dell’essere giornalisti o comunicatori e parlare con utenti, educatori e colleghi rappresenta una crescita costante. Mi fa sorridere come tutti si stupiscano di vedere una spagnola che parla meglio il tedesco dell’italiano. Rimangono sbalorditi”. Il che non significa affatto che ignori la lingua di Dante. “L’ho imparata in questi mesi, tanto affascinante quanto irregolare. Per nulla comoda: si dice “comoda” anche in italiano no?”.


 Non è facile, però, trovare uno spagnolo in Alto Adige. “No, è vero, ma il nostro Paese attraversa una crisi spaventosa e sempre più giovani espatriano. Abbiamo il 50% di disoccupazione giovanile e il lavoro va cercato seguendo altre strade. La realtà altoatesina, al confronto, fa i conti con una crisi più gestibile. Moltissimi dei progetti della Caritas o del welfare che voi avete la bravura di finanziare in Spagna non sono nemmeno immaginabili”. Intanto la “prensa” iberica si è incuriosita e già alcuni articoli raccontano di questa connazionale sospesa tra italiano e tedesco portando, così, il nome di Bolzano in Spagna. “Siete una realtà che stupisce, inserita in un contesto ambientale meraviglioso”. Da costruirci un futuro anche oltre l’anno di servizio civile europeo? “Mi piacerebbe molto, ma la vita costa cara e devo trovare una soluzione che mi permetta di affrontarla. Forse mi concentrerò sull’insegnamento delle lingue”. L’italiano, comunque, è mediamente curioso della realtà spagnola. “Sì, assolutamente, ma non bisogna fermarsi alle sole Madrid e Barcellona. Io lo dico a tutti: visitate Bilbao e vedrete una Spagna diversa e altrettanto affascinante. Mai smettere di essere curiosi. Mai”.
Alan Conti (Alto Adige)

mercoledì 5 novembre 2014

Spagnolli: "Sel-Aew è una corsa contro il tempo"

"Mi verrebbe da prendere qualcuno per le strazze". È forte la presa di posizione del sindaco di Bolzano Luigi Spagnolli sulla dibattuta querelle della fusione energetica tra Sel e Aew. Troppe chiacchiere, forse, prima di avere un quadro chiaro: "Mancano i dettagli totali dell'operazione. La prossima settimana avremo una maggioranza sugli aspetti giuridici, ma tutte le questioni vanno definite bene prima di poter dare un giudizio". La road map, comunque, è tracciata: "Credo che a inizio dicembre saremo in grado di creare una maggioranza attorno a questo. Rimane la dead line giuridica del 17 dicembre dove ci sarà una decisione sulle concessioni. Un atto giuridico che gli esperti giudicano assolutamente improcrastinabile". Difficile capirne l'esito. "Bisognerà decidere - continua Spagnolli - il destino delle concessioni con la possibilità di una nuova gara con regole che nel frattempo sono cambiate. In questo mercato i piccoli sono destinati a morire nel confronto con i grandi. Lo dicono le statistiche dell'economia. Vale pure per noi". Come uscirne allora? "La volontà è di creare questo accorpamento che sarebbe il quarto d'Italia per quanto concerne le energie rinnovabili. A me piacerebbe, poi, allargare il discorso anche a Dolomiti Energia e alle realtà del Tirolo del Nord per un player che sia dell'Euregio". È un quadro prettamente economico a guidare il primo cittadino: "Ci sono due dati statistici evidenti. Da una parte un prezzo dell'energia destinato a scendere, dall'altra un previsto calo di valore delle piccole aziende. Con l'unione potremmo evitare il secondo deprezzamento". Bisognerà sforbiciare sui posti apicali? "Certo diminuiranno, ma questo da un punto di vista dei costi amministrativi mi pare un vantaggio". 
Nel frattempo, peró, ci sarebbe uno studio da 500 pagine che naviga tra gli uffici amministrativi. "Vero, abbiamo chiesto alla Provincia di fornirci un sunto di quanto scritto. Si tratta comunque di un'operazione molto complessa: lo è tra due soggetti privati, figuriamoci pubblica".   Sulla maggioranza, invece, Spagnolli è piuttosto fiducioso. "Io sono convinto di portare dietro i miei numeri. Il problema è che non esiste alternativa perché la cara vecchia Ae non potrà continuare a funzionare bene nei prossimi 120 anni come ha fatto finora". A stringere, comunque, è la tenaglia tempistica. "Esatto, ma nella politica si è spesso a correre dietro alla cose a ridosso delle scadenze. Non è detto che sia sempre negativo perché le dead line possono dare lucidità e serietà". Fine novembre o inizio dicembre la questione varcherà il consiglio per qualche seduta con la necessità di votate immediatamente. Uguale percorso per Merano, mentre per Sel si esprimerà la giunta provinciale. 
Intanto le amministrazioni aprono i paracaduti economici: "Abbiamo bisogno di cautelarci, ma non posso fare cifre in un momento di trattativa". Ancora prematuro, infine, la discussione attorno al nome di una società con un profilo ancora tutto da definire. 
Alan Conti

lunedì 3 novembre 2014

Stop all'uccellagione anche in Veneto



Il concetto di esca viva fa abbastanza rabbrividire, specie se si utilizza per catturare e uccidere altre prede. Una sorta di doppia barbarie che la Regione Veneto, dopo anni di permessi, ha deciso di frenare chiudendo i roccoli destinati all’uccellagione. Da vent’anni sul territorio della Regione confinante, infatti,  venivano autorizzati impianti a rete per catturare piccoli uccelli migratori provenienti dal Nord Europa come Allodole, Cesene, Tordi e Merli destinati a fare da richiami. Vivi, naturalmente. Una delle pratiche più criticate dalle associazioni animaliste e non solo.
 Il ravvedimento, come sottolineano Andrea Zanoni e Caterina Rosa Marino della Lega per l’abolizione della caccia, è sostanzialmente figlio delle norme europee stringenti. “Finalmente anche l’amministrazione regionale si è piegata a una direttiva continentale che fin dal 1979 tutela un bene transnazionale che non conosce confini”. Il concetto è semplice: i migratori si spostano continuamente e non possono essere considerati parte integrante di un solo territorio. Ergo niente reti per fare di pochi quel che è di tutti. “Questo sistema di uccellagione è proibito perché assolutamente non selettivo e capace di danneggiare seriamente pure le specie protette”. Specie che, per inciso, non è affatto detto soffrano meno di un comunissimo passerotto da balcone.
 La vittoria delle associazioni, in ogni caso, è anche un momento per godersi la fine di una lunga battaglia. “E’ dal lontano 1995 che ci diamo da fare per evitare questa barbarie – ricorda Zanoni che è anche deputato a Bruxelles – con controlli in veste di guardie volontarie, denunce alla magistratura penale, ricorsi al Tar, al Consiglio di Stato, petizioni e manifestazioni pubbliche. Senza dimenticare l’intensa attività all’interno del Parlamento Europeo e gli incontri con la relativa commissione ambiente”. Una vittoria che, ovviamente, è anche politica. “La giunta Zaia ha dovuto gettare la spugna perché non aveva più argomenti per difendere questo sistema di annientamento. Oltre a questo, comunque, credo che abbia un grande valore morale e normativo il riconoscimento di questi animali come bene internazionale. Una ricchezza che spetta a tutti e che, come tale, va difesa da tutti”. Nessuno, insomma, può considerare suo il cielo e chi lo sorvola.
Alan Conti (www.altoadige.it)

Via Cagliari al buio: "Abbiamo paura"

“Dateci una mano” chiedono a noi. In realtà basterebbe accendere i lampioni e piantare due fiori per migliorare un minimo la situazione nei cortili delle case Ipes chiusi a sandwich tra via Cagliari e via Genova. Non esattamente operazioni tra le competenze di un giornale che, però, può raccogliere paure e fastidi che a tratti hanno dell’incredibile.
 Al calar del sole, infatti, la piccola lingua d’asfalto che corre dietro ai civici 51-53 di via Cagliari e il parco attiguo restano completamente al buio. Oscurità fitta, roba che nemmeno i più nascosti carrugi genovesi. Il motivo comincia a spiegarlo Elvia Bevilacqua: “Bastano poche gocce di pioggia per far saltare i lampioni. Per ovviare a questa situazione l’Ipes aveva fatto installare dei faretti di nuova generazione che dopo pochissime settimane si sono tutti rotti”. Un investimento a vuoto che tuttora occhieggia lungo pareti esterne che, tra muffa e intonaco cadente, paiono lasciate a loro stesse. Il buio pesto, chiaramente, è humus naturale per timori e microdelinquenza. “Abbiamo paura di uscire dopo il tramonto – le parole di Bruna Stichuaser che abita al piano terra con un curato terrazzo direttamente sul piccolo parco Ipes – e spesso si aggirano personaggi equivoci”. La droga e gli scippi non sono sconosciuti. “Abbiamo trovato un bilancino – continua Bevilacqua – e dosi nascoste all’interno dei cespugli. La questura lo sa e i passaggi delle auto della polizia sono regolari, ma non possono essere sempre qui. Negli ultimi anni, poi, ben due persone anziane sono state scippate decedendo poco dopo per le conseguenze fisiche e psicologiche. Siamo preoccupati”. Il marito, intanto, qualche giorno fa è caduto in cortile a causa della scarsa visibilità serale.
 La sicurezza, naturalmente, occupa le prime posizioni di un’insoddisfazione nota all’Ipes. Camminando per il cortile, però, si capisce la volontà progettuale di fare di questo passaggio un piccolo gioiello verde. Un intento che si scontra drammaticamente con una realtà fatta di aiuole secche, incolte e ricettacolo di immondizie. “E’ un degrado assoluto, un peccato quotidiano. Basterebbe qualche piccola attenzione e un briciolo di investimenti sul decoro” allarga le braccia Tranquillo Petrocco. Parliamo di famiglie che svuotano ogni mese tra i 400 e gli 800 euro mensili sul tavolo dell’Istituto di via Milano per l’affitto. “Soldi che non si trasformano mai in servizi per tutti. Anzi, veniamo spesso rimbalzati dalla stessa Ipes".
Intanto ogni giorno qualche sacchetto dell’immondizia viene abbandonato al fianco dei bidoncini mentre le luci (ancora loro) a led dei garage funzionano un giorno sì e tre no lasciando nella penombra box facilmente raggiungibili data la totale assenza di cancelli. Qualche senzatetto ha già capito l’opportunità di rifugiarsi al caldo per la notte. Molti affacci esterni degli edifici, infine, sono contornati da piastrelle azzurre fisse al muro come i denti da latte di un bambino alle elementari. “Un giorno sono stata colpita da una mattonella cadente sul braccio – chiude Stichauser - e ho dovuto correre al pronto soccorso con varie ferite”. Un po’ troppo?
Alan Conti (www.altoadige.it)

mercoledì 29 ottobre 2014

Contro il tumore vince la terapia del sorriso

C’è la medicina delle terapie e quella del sorriso. Alla prima si tende a dare fiducia, alla seconda si riserva una benevolenza più retorica che pratica. Ecco la vera prospettiva che regala la mostra fotografica inaugurata ieri nel foyer del Municipio di Bolzano a firma di Emanuela Laurenti, trentenne bolzanina guarita dal linfoma di Hodgkin, e di Fabrizio Giusti, presidente del Fotoclub Immagine Merano.  Le sedici fotografie di un caleidoscopio in bianco e nero colorano di vita una lotta, inutile nasconderselo, contro la morte. Emanuela sorride e sbertuccia ironica un destino che ha messo i suoi piedi su un baratro lasciando la testa ben salda a terra. Tra una risata e una riflessione artistica, quindi, questi pannelli non formano solo una rassegna ma sono mosaico di una terapia. Senza paura di ammetterlo.

“Assolutamente – risponde con competenza il dottor Paolo Coser, presidente della sezione bolzanina della Lilt che ha organizzato l’installazione intitolata “Luce” – non bisogna sottovalutare questo messaggio psicologico. Emanuela ha saputo uscire dal buio e tenere bene davanti a sé la luce in fondo al tunnel attraverso uno spirito forte di analisi e divertimento. Di fatto ha esorcizzato la malattia e si è aiutata in modo sostanziale nel percorso di guarigione”. Un atteggiamento che è spia di un carattere solido, ma anche incoraggiante per il sistema altoatesino. “Un punto di vista così dirompente è possibile con determinate qualità personali collegate a un elevato grado di fiducia nei propri medici e nel sistema in cui mettono in pratica le terapie. E’ tutto il contesto che viene premiato da questa storia fotografica che è testimonianza e incoraggiamento”.

 Curiosamente durante il vernissage presentato da Paola Bessega si scopre che persino alcuni scatti hanno giocato un preciso ruolo nel percorso di guarigione come spiega lo stesso Giusti. “Alcune immagini sono fortemente metaforiche ricorrendo al parallelo con il pugilato. Non è stata solo e semplicemente una scelta artistica. In quel momento, infatti, c’era bisogno di allontanare alcune difficoltà e non c’è nulla di più efficace di un buon linguaggio metaforico per mettere a fuoco la giusta distanza”. Poi tocca direttamente ad Emanuela prendere la parola, intimorita più dal pubblico accorso che non dal raccontare un’esperienza comunque difficile. “I momenti peggiori sono stati la diagnosi e la perdita dei capelli. Attraverso le fotografie, per esempio, sono riuscita a trasformare la rasatura in un qualcosa di ironico e divertente. Ho dato a una tappa complicatissima una nuova fisionomia psicologicamente più accettabile e, di conseguenza, anche fisicamente”. Poi, tra una frase e l’altra, sgusciano fuori delle parole che sembrano quasi di contorno e invece sono di sostanza: “Queste foto riprendono attimi in cui onestamente non sapevamo come sarebbe potuto finire questo percorso”. Noi le guardiamo con la coscienza di chi conosce già un lieto fine che per quegli occhi è ancora oscuro. Iridi che sorridono dando una lezione.
Alan Conti

lunedì 27 ottobre 2014

Debra e il difficile volo dei bambini farfalla


Quanto gusto c’è in un abbraccio? Quanta libertà nel camminare scalzi a casa propria? Sono solo due delle sensazioni che i bambini farfalla non possono sentire sulla propria pelle aggredita da una malattia meschina che si infila nelle pieghe della vita quotidiana ingarbugliandola.

 Si chiama “epidermolisi bollosa”, ma nel nome comune si associa semplicemente alla delicatezza delle ali di una farfalla perché basta un nulla per causare delle ferite, esterne o interne, su una pelle colpita da fastidiose bolle. Una malattia che non ha cura e che rende la vita di tutti i giorni una sfida persino difficile da immaginare. Al loro fianco l’associazione Debra. In Alto Adige sono 15 i casi registrati e, a dispetto del nome, non si tratta di soli bimbi perché farfalle, purtroppo, lo si rimane per sempre. “Persino la banalità di un gesto come l’apertura di una porta – spiega Arabella Gelmini che si occupa della comunicazione per Debra –  diventa un’operazione da compiere con estrema delicatezza”. Difficile anche camminare. “Ci riescono se sono fasciati bene, ma il più delle volte si spostano in carrozzella. E’ necessario prestare estrema cautela pure nella frequentazione di posti affollati. Purtroppo basta un minimo tocco, anche involontario, per causare piaghe o ferite”.  Situazioni che non sono nemmeno troppo note tra la gente. “Devo essere sincera – continua Gelmini – ed ammettere che il mondo tedesco ha molta più coscienza del problema. Gli italiani lo conoscono meno, ma c’è sempre tempo per fare informazione”. Non è semplice, però, fare sempre i conti con gli altri. “Affatto e per esperienza posso dire che l’età peggiore è quella tra i 13 e i 18 anni. Nella fase di sviluppo, infatti, diventa davvero difficile fare i conti con una condizione così tanto invalidante”. Nemmeno trovare un lavoro appare una passeggiata. “Bisogna riuscire a ritagliarsi delle mansioni che siano logicamente compatibili con una condizione simile. E’ praticamente sempre necessario, inoltre, un accompagnamento”.

 La possibilità di aiutare chi è affetto da epidermolisi bollosa, tuttavia, esiste e non è nemmeno troppo difficile da mettere in pratica. “Si possono fare delle donazioni direttamente sul sito di Debra (www.debra.it) per sostenere la ricerca e i costi per i medicinali che alleviano le conseguenze della malattia”. Dal punto di vista della quotidianità, invece, come si allunga una mano verso persone che sanno di non poter guarire? “Molto semplicemente con piccoli interventi che a noi possono sembrare banalità e invece non lo sono affatto. Qualche tempo fa, per esempio, abbiamo comprato delle parrucche che hanno regalato nuova sicurezza ad alcune ragazze portandole ad uscire di più. Di solito, infatti, i capelli cadono. Una soluzione che ha permesso di evitare la chiusura in se stessi: il vero demone di una sfortuna che mette in pericolo la socialità stessa”. Distendere una mano, delicatamente, si può: se si chiamano farfalla, forse, è giusto aiutarli ogni tanto a librarsi in volo.
Alan Conti (www.altoadige.it)

domenica 26 ottobre 2014

Neruda, voglia di playoff

 L’anno scorso hanno preso quota, quest’anno si dovrà provare a volare definitivamente. In un campionato di serie A2 più stretto di un budello di montagna, dove tra playoff e retrocessione può passare il soffio di qualche punto, il Neruda Volley, presentato ieri ufficialmente, può certamente provare a dire la sua. Tredici le compagini al via (dopo il ripescaggio di Forlì in A2), da nord a sud, per una stagione che vedrà otto squadre agli spareggi promozione. Inutile girarci attorno: questo è l’obiettivo per considerare positivo il campionato della squadra targata Volksbank. Il roster, allestito dal presidente Rudi Favretto e dal coach Fabio Bonafede, è un mix di esperienza e promesse giovanili, tecnicamente valido e attrezzato per provare giocarsela da protagonisti. Fortuna permettendo. Gli infortuni di Valeria Papa (salterà i primi tre match) e Noemi Porzio (fuori tutta la stagione), infatti, hanno costretto la società, arricchita quest’anno dalla presenza di un direttore generale di esperienza come Luca Porzio, a tornare a sondare il mercato in banda. In arrivo, dunque, Lucia Bacchi, stella nazionale ad alti livelli indoor e nel beach volley. “Si tratta – le parole del presidente Favretto - di un innesto importante che ci permette di consolidare un gruppo che ritengo assolutamente in grado di correre per un posto ai playoff. Non voglio nemmeno pensare che una rosa simile possa rischiare la retrocessione”. Aspettative confermate dall’allenatore che, al solito, insiste molto sul tasto di un gruppo capace di forgiarsi nel carattere: “Ho sempre detto che contiamo su 14 titolari senza distinzione e lo stiamo dimostrando. Dalle ragazze pretendo sempre grinta, forza e la voglia di gettare il cuore oltre l’ostacolo. In questo campionato partiamo tutte pari a zero punti: possiamo dire la nostra”. Il Neruda, comunque, affiderà la regia alle mani dell’alzatrice tedesca Lena Moellers, curriculum di spessore tra A1 (l’anno scorso a Novara) e rappresentative nazionali, seguita dalla giovane promessa trentina Aurora Bonafini. Mettere giù i punti sarà compito del vertiginoso opposto estone Anna Kajalina (2.05 metri d’altezza). Nella batteria delle schiacciatrici, oltre al bomber Papa, ecco la mano di Francesca Trevisan, l’orgoglio altoatesino di Kathrin Waldthaler e la versatilità di Sara Bertolini, idolo di casa essendo di Bronzolo. Tra le centrali occhio alla scoppiettante Giuditta Lualdi e alla grinta calabrese di Vittoria Repice. Tanto ci si attende pure da Elena Gabrieli, reduce dalla serie A francese. Chiudono la rosa i liberi con il ritorno di Giulia Bresciani e la crescita controllata del gioiellino di casa Greta Filippin, 16 anni appena. Primo impegno di campionato domenica 2 novembre a Milano contro Club Italia, mentre l’esordio casalingo è in programma la settimana dopo al Palaresia contro Bakery Piacenza.
Alan Conti (www.altoadige.it)

lunedì 13 ottobre 2014

Sigismondi: "No alla lista unica"


Nessuna voglia di perdere la propria identità tornando a confluire in un gruppone del centrodestra compattato verso le comunali. Che Fratelli d’Italia non avesse troppa fretta di infilare i propri candidati all’interno della lista unica che sembra profilarsi nel futuro di Forza Italia, Alto Adige nel Cuore, Unitalia, La Destra e Italia Unica lo si era intuito fin dai primi incontri. La conferma arriva dalle parole di Alberto Sigismondi, consigliere comunale Fdi, che non chiude tutte le porte, ma lascia al minimo qualsiasi spiffero. “Abbiamo fatto un percorso di smarcamento a livello nazionale e locale che non intendiamo rinnegare immediatamente. Tornare a confluire in una formazione messa in piedi solo per l’appuntamento elettorale non ci entusiasma particolarmente: bisogna garantire di essere poi in grado di governare”. In molti, però, vedono in questa formazione l’unica possibilità di sedersi al tavolo da gioco da parte del centrodestra bolzanino. “Capisco, ma noi abbiamo un profilo ben delineato cui non vogliamo rinunciare”. Correre da soli, comunque, potrebbe portare con sé il rischio di essere meno rappresentanti in consiglio comunale. La riduzione del numero di consiglieri, inoltre, aumenterà il quorum per l’ingresso nell’aula. “Lo sappiamo, ma non si può sempre scendere a compromessi per calcolo elettorale. Abbiamo un’identità politica da difendere e un aggancio nazionale che riteniamo sempre fondamentale all’interno di un preciso pensiero politico. Il legame con Roma non è secondario, nonostante ci siano altre forze che lo pensano”.
 I big, intanto, hanno tutti annunciato un passo indietro o quantomeno un impegno non da candidati. E Giorgio Holzmann? “Assolutamente nessuna voglia di tornare in campo da parte sua, in coerenza con quanto sempre annunciato”. Così, però, dovrete andare a caccia di un candidato sindaco destinato a una lotta improba. “No, questo non è detto. Se la lista unica dovesse proporre un personaggio capace di attirare il nostro consenso non avremo problemi ad appoggiarne la corsa alla fascia tricolore”. La sensazione, comunque, è che dentro al centrodestra più di qualcuno tema una campagna elettorale condotta in prima linea da Alessandro Urzì e Michaela Biancofiore una volta che i giorni saranno caldi. Tutta da verificare, invece, la disponibilità della lista unica nell’accettare appoggi esterni al proprio candidato sindaco. Il “dentro o fuori”, infatti, non è affatto escluso e il tempo delle decisioni non è poi così lontano.
Alan Conti (www.altoadige.it) 

sabato 11 ottobre 2014

Estate, quanti cani sui treni

Bisogna essere sinceri: quello presentato da Trenitalia nei giorni scorsi è un passo avanti nel rapporto con i cani rispetto al recente passato. Viaggiare sui convogli nazionali, infatti, se non altro è diventato più facile negli ultimi anni e a Milano sono i numeri a confermarlo. Sono 12.000, infatti, gli animali di media e grossa taglia trasportati nell’estate 2014, 60.000 il totale stagionale che confluisce nei 150.000 registrati da inizio. Rispetto al 2013 siamo al cospetto di un incremento del 10%, il che in qualche misura significa pure un decremento del rischio di abbandono. I dati di questi mesi caldi sono stati presentati nel capoluogo lombardo da Michela Vittoria Brambilla per la Federazione Italiana Associazione Diritti Animali e Ambiente assieme a Gianfranco Battisti, direttore della divisione Passeggeri Alta Velocità di Trenitalia. I dati, infatti, sono il risultato di un’intesa programmatica siglata dai due enti che ha portato al libero accesso dei quattro zampe di qualsiasi taglia a bordo dei Frecciarossa nei livelli di servizio business e standard, oltre alla prima e seconda classe dei Frecciargento, Frecciabianca e Intercity. Un passo avanti per Trenitalia che, in tutta onestà, prima del triennio in questione non ha certo brillato per accoglienza verso Fido.

 In ogni caso la vicenda è anche un business per chi muove i treni sul territorio nazionale. I proprietari, infatti, devono acquistare un biglietto a prezzo base ridotto al 50% per il proprio cane collegandolo al proprio o a quello di un accompagnatore. Giustamente l’animale domestico va predisposto per il viaggio  con un kit comprensivo di museruola, guinzaglio, libretto sanitario e certificazione d’iscrizione all’anagrafe canina. Composti e in ordine con i documenti, insomma, per togliere spazio alle facili critiche che ogni tanto accompagnano i cani on tour da parte di chi non ne ama troppo la compagnia itinerante. Naturalmente la tariffa cambia nel caso abbiate un esemplare tascabile, quindi trasportabile nelle apposite gabbiette: in questo caso, infatti, ,l’accesso al treno è libero. Un bambino maleducato, in fondo, occupa molto più sedile e rischia pure di fare più confusione.
Alan Conti (www.altoadige.it)

venerdì 10 ottobre 2014

Pezzei: "Oggi il tedesco fa meno paura"


È un ufficio con l'oblò sulla mentalità linguistica degli altoatesini quello che per 39 anni ha occupato Rita Rosa Pezzei in Provincia. Direttrice del servizio del bilinguismo il termine tecnico, battaglia quotidiana per l'apertura mentale al mondo attraverso gli idiomi quello assai più prosaico. Una lotta che ha attraversato la storia di questa territorio: dagli arroccamenti puntellati dall’articolo 19 alle sperimentazioni scolastiche passando per il passaggio cruciale dell’equipollenza.

 “Abbiamo assistito a un cambio di mentalità e di predisposizione verso le altre lingue: non solo il tedesco. Il nostro territorio è cresciuto”.

C’è stato un momento di svolta? Una chiave di volta su cui costruire un nuovo atteggiamento?

“Diversi. Probabilmente il concetto di plurilinguismo precoce è stato l’ariete da cui tutto è partito. Penso ai primi programmi di tedesco per le scuole, alle ore di seconda lingua fin dalla prima elementare e al grande impegno legato alle varie sperimentazioni”.

Non che tutti abbiano cavalcato con entusiasmo questa novità.

“No, affatto. Non a caso ci fu un periodo in cui la scienza linguistica presentava soluzioni e opportunità che la politica non intendeva affatto cogliere”.

Anche oggi, però, la sensazione è che il mondo italiano e quello tedesco tocchino spesso pedali differenti: l’acceleratore il primo, il freno il secondo.

“Difficile dire con esattezza l’esatto orientamento di un gruppo linguistico. Di certo si può dire che siamo usciti dal concetto puramente strumentale della lingua imparata per lavoro alla vera curiosità culturale di possedere un bagaglio più ampio. Aspetto che ha coinvolto poi l’inglese, il che qualche anno fa non era per nulla scontato. Oggi possiamo permetterci di puntare pure sul russo o sull’arabo”.

Le generazioni, intanto, crescono con sempre meno diffidenza.

“Sì, certo, e questo è molto positivo. Non solo, si registra  meno timore nello sbagliare con un interlocutore madrelingua. Spesso gli italiani hanno paura di commettere errori grammaticali o di pronuncia e faticano a utilizzare la lingua liberamente. Nelle nuove generazioni accade un po’ di meno”.

Lei ci sa spiegare perché nella maggior parte dei casi un ragazzo italiano e uno tedesco parlano tra loro nella lingua di Dante?

“Capirne il motivo è difficile. Probabilmente è legato proprio al timore dello sbaglio. Per questo abbiamo attivato il progetto di volontariato linguistico che codifica la possibilità di colloquiare con estrema libertà. Diventa proprio una questione di contesto d’uso, quindi dirimente”.

E il patentino è cambiato in meglio o in peggio?

“Preferiamo parlare delle certificazioni linguistiche in generale”.

Va bene, allora questo nuovo esame molto più simile a quello delle agenzie equipollenti vi piace?

“Moltissimo. Aver avvicinato la verifica provinciale di bilinguismo a quelli che sono i modelli delle certificazioni europee è importante e ha aiutato il patentino a uscire da una certa diffidenza che lo permeava. Certo, rimane il fatto che la valenza internazionale continua a rendere le certificazioni preferibili dal punto di vista della spendibilità sul mercato del lavoro globale”.

In quale modo si può ancora crescere?

“Insistendo sull’insegnamento precoce. Prima ci si avvicina alle lingue, prima si risolvono difficoltà e incomprensioni. E’ scienza”.

Alan Conti (www.altoadige.it)





Gemellaggio con la Lettonia per il Pascoli?


La Lettonia fa gli occhi dolci all’Italia e la testimonianza arriva dall’incontro che una piccola delegazione in arrivo dalla scuola di arte applicata di Riga sta avendo in questi giorni al liceo Pascoli. La preside Aija Neilande, accompagnata dalla presidente della Società Dante Alighieri lettone Raimonda Strode, dall’interprete Leonards Varzinsigs e da alcuni docenti e allunni, ha visitato ieri mattina l’istituto di Firmian in un’ottica di possibile collaborazione. Le voci sensibili, come sottolinea il professore Giovanni Accardo, sono quelle del gemellaggio e dei progetti condivisi. “Speriamo di riuscire a intavolare alcuni scambi tra docenti e studenti in una realtà in crescita come quella lettone”.
 Il periodo scolastico di riferimento sarebbe quello del biennio dato che in Lettonia la scuola artistica occupa i primi nove anni del ciclo formativo. Curioso, comunque, come una realtà piuttosto lontana abbia puntato gli occhi su Bolzano. “Maria Rita Lupi è una docente bolzanina che lavora a Riga – spiega la preside Neilande – e ci ha parlato dell’Alto Adige e del suo capoluogo. Evidente come la compresenza del tedesco sia un valore aggiunto per la completezza della nostra offerta formativa”. Ogni anno, comunque, la scuola organizza una settimana dedicata all’Italia con tematiche differenti: si va dall’arte di Caravaggio alle piazze più famose delle nostre città passando per l’immancabile Leonardo Da Vinci. Un amore viscerale testimoniato dalla carica emotiva di alcuni dei lavori. Il prossimo anno, in ogni caso, il fil rouge saranno  “le lettere in cerca di un libro”. “Stiamo pensando – continua Accardo- a un progetto artistico comune con scambio finale dei prodotti. Un modo per confrontarsi in modo diretto”. Possibile pure che una piccola delegazione del liceo Pascoli possa ricambiare la visita. Ieri, comunque, le due scuole si sono presentate a vicenda attraverso video e documenti didattici approfondendo anche la natura strettamente didattica dei due differenti sistemi pedagogici.
 Ruolo centrale come trait d’union lo ha svolto, come detto, la Società Dante Alighieri. Nel pomeriggio di ieri, infatti, i rappresentanti delle scuole e della sezione di Riga hanno incontrato i vertici della sede di Bolzano con in testa Giulio Clamer. “Cerchiamo di capire in che modo questo reciproco interesse nato per caso possa continuare a sostenere la passione e la diffusione della cultura italiana in Lettonia. Se questo può portare pure a un accrescimento didattico non possiamo che esserne contenti”. Le basi, insomma, sono state gettate mentre sui computer scorrevano le immagini del mar Baltico e dei palazzi Liberty di Riga. La voglia di andarci, di sicuro, si è già messa in moto.
 Alan Conti (www.altoadige.it)

giovedì 9 ottobre 2014

Ragazzi "Innamorati" del teatro


Ci sono spettacoli che sono tali già prima di diventarlo concretamente. E’ il caso de “Gli Innamorati” di Goldoni che il giovane regista teatrale Andrea Bernard porterà sul palco del Rainerum grazie all’organizzazione dell’associazione culturale “Ideali”. Oltre alla notissima commedia, infatti, si nasconde la storia di una giovanissima compagnia teatrale bolzanina che dopo essersi fatta apprezzare in larga parte con il fenomeno Cababoz si è seduta al tavolo del professionismo. Già perché Bernard il regista (o aiuto regista) lo fa di mestiere e quando ha radunato la combriccola di attori li ha messi occhi negli occhi con il teatro “dei grandi”. “Avevo voglia di esprimere davvero me stesso in un lavoro simile – ci spiega a cavalcioni del palco durante una delle tante serate di prova – e ho scelto gli interpreti uno a uno secondo le immagini che questa commedia mi ha portato nella testa”. Così si è composto un cast di nomi conosciuti per chi ha respirato l’aria del cabaret bolzanino: Alessia De Paoli e Daniel Ruocco saranno i protagonisti, completati da Diletta La Rosa, Marco Zenti, Max Maraner, Salvatore Cutrì, Chiara Calò, Davide Mariotti, Elia Liguori e Chiara Sartori. Tutti in rampa di lancio, ma tutti non professionisti. “E’ molto stimolante – spiega Bernard – perché da un certo punto di vista sono più malleabili. Questa commedia, poi, permette di portare la propria esperienza personale nel recitato andando a toccare una sfera psicologica di coinvolgimento davvero interessante. I giovani sono ben calibrati per questa storia e non è un dettaglio. Ho sempre trovato incoerenti le rappresentazioni di Romeo e Giulietta con protagonisti interpretati da soloni di 60 anni”.
 Alle prove, inutile negarlo, ci si diverte e il sorriso non manca mai al cospetto di ragazzi che le platee le sanno far ridere eccome, figuriamoci i giornalisti. L’impegno, però, non è proprio di quelli su cui scherzare perché non essere professionisti implica un altro lavoro da fare durante il giorno per poi salire sul palco al crepuscolo. “E’ impegnativo essere qui tutte le sere fino a tardi – confidano De Paoli e Ruocco –ma ci sentiamo nel luogo giusto, nel nostro posto. L’impostazione e il coinvolgimento richiesti ci mettono davvero di fronte al mestiere dell’attore convincendoci a tentarle tutte su questa strada professionale“. Strada che non è esattamente liscia come l’olio e porta quasi matematicamente fuori da Bolzano. “Le accademie si trovano in altre città e anche vivere di teatro a Bolzao non è semplice, a meno di non riuscire a entrare allo Stabile. Non è facile, ma lavori come quello che ci ha proposto Bernard ci permettono di crescere e aggiungere sicurezze e capacità”. Da un punto di vista tecnico cambia, eccome, l’orizzonte dal cabaret. “L’immedesimazione del personaggio è totalmente differente – chiude De Paoli – e richiede un’interiorizzazione più profonda. Cambia anche il lavoro di squadra in una struttura che non è formata di soli sketch singoli, ma si articola in modo più organico. Conta moltissimo l’armonia che riusciamo a mettere sul palco trascinando il pubblico e dando, soprattutto, il meglio di noi stessi”. Spettacoli giovedì 9 e venerdì 10 ottobre alle 20.30 oltre al pomeridiano di domenica 12 alle 16.30. I biglietti costano 12 euro l’intero, 9 il ridotto fino ai 18 anni, e sono acquistabili in prevendita al teatro Rainerum (orario 14-18 dal 6 ottobre) oppure sul web all’indirizzo www.rainerum.it/teatro. Di certo sul palco questi ragazzi porteranno tutto perché il teatro non diventi la scelta che non hanno fatto.
Alan Conti  (www.altoadige.it)

martedì 7 ottobre 2014

Bar Domino: 20 anni di idee


Non è un mistero: un domino per funzionare bene richiede tante tessere perfettamente combacianti. Quelle che da 20 anni garantiscono successo all’omonimo bar Domino si chiamano famiglia, qualità e capacità di guardare lontano. Già perché sull’affaccio di piazza Walther i fratelli Marchesini sono stati i primi a metterci il naso e ancora si trattava di un elegante stanzone vuoto più che di un salotto buono. Solo ampio spazio: senza quadri e senza particolare anima commerciale. Così Claudio, Stefano e Alessandro, supportati dalla sempre presente Irma Mariotti, si sono inventati un concetto che oggi incornicia piazza Walther come elemento naturale: il dehors con pranzo per i lavoratori della zona.
 “Fino ad allora – ricordano Claudio e Stefano – la pausa dal lavoro era possibile solo al ristorante, perlomeno qui in Centro. Così abbiamo elaborato la proposta di un piccolo menù curato che ha subito funzionato per questioni di tempo, economicità e qualità”. Già, però la concorrenza se n’è accorta abbastanza in fretta. “Sì, certo, ma mi creda: è stato un bene. Tutti gli esercenti hanno accettato la sfida di mantenere un certo standard creando una tendenza sia tra i bolzanini sia tra i turisti. Abbiamo allargato la domanda mantenendo una buona offerta collettiva”. Per una volta uno spazio urbano che fiorisce senza la cantilena dell’“era meglio prima”. “Piazza Walther è migliorata – ribatte Claudio Marchesini – ed è migliorato pure il flusso turistico. Oggi con Ötzi e le Dolomiti patrimonio dell’Unesco abbiamo visitatori in arrivo da Israele, Asia e Americhe. Gente, parrà strano, che torna a Bolzano e torna pure nel bar”. Il cuore di Bolzano, insomma, invecchia bene: parola di chi ne conosce ogni singolo angoletto. “Sono cambiate pure le abitudini. Solo pochi anni fa il sabato e la domenica era tutto chiuso e deserto: oggi si lavora moltissimo e con moltissime persone”.
 Riavvolgiamo il nastro perché la storia da esercenti della famiglia Marchesini ha molta bobina. “La nonna era albergatrice – sottolinea Stefano – mentre i nostri genitori hanno gestito per molti anni il ristorante La Torcia. Noi ci siamo formati con loro, poi è saltata fuori la possibilità di rilevare il vecchio Domino”. Due le molle: una sfida professionale e una vita meno da pipistrelli e più da passerotti. “Cercavamo un lavoro più diurno e un progetto ex novo. Dopo dieci anni ci siamo allargati con il piccolo locale sulla piazza e 5 anni fa abbiamo rinnovato il locale in Passaggio Walther e ottenuto, poco più tardi, una parte di piazzetta interna riqualificandola”. Un rilancio continuo. “La qualità è un investimento. Pensiamo proprio al dehors: se chiedi alla Coca Cola le sedie e gli ombrelloni te li regala, mentre le nostre strutture parasole sono svizzere e costano più di 5.000 euro. C’è una grossa differenza. Tutto, però, viene ampiamente ripagato”.
 Lavorare tra fratelli, infine, non deve sempre essere una passeggiata. “Bisogna essere intelligenti e distinguere bene professionalità da affettività. Siamo sempre stati abituati a fare così, ma dietro al bancone noi siamo solo soci e ci dimentichiamo dalla famiglia. E’ il segreto per andare avanti bene”. Tessere combacianti, sì, ma ben separate.

Alan Conti (www.altoadige.it)

venerdì 3 ottobre 2014

Da Marion a Marian: "Il mio cambio di sesso"


Essere nel posto sbagliato al momento sbagliato è una di quelle sensazioni che pungono sulla pelle. Figuriamoci trovarsi costantemente nel corpo sbagliato come racconta, con molto coraggio, Marian Oberhofer, insegnante di scuola primaria ad Appiano che ha deciso di mutare la propria identità sessuale. Da donna a uomo. Si è raccontato partendo addirittura dall’asilo, da quei vestiti da bambina che proprio non sopportava. “Mi sentivo costantemente a disagio – spiega a Video33 – e cominciavo a manifestare i primi segnali di insofferenza”. Con il passare degli anni e lo sviluppo della sessualità per Marion (così il nome alla nascita) la questione si è fatta decisamente seria. “Mi sono fatto aiutare da uno psicologo di Merano perché non è semplice gestire una situazione costantemente fuori sincronia con il proprio sentire. Dover sempre spiegare e doversi sempre spiegare è una condanna che non sempre si sopporta”. Poi un articolo ha catturato la sua curiosità: “Sono venuto a conoscenza della possibilità di cambiare aspetto in modo graduale”.

 Quel che non manca a Marian, evidentemente, è la personalità per iniziare un mutamento radicale. Il perbenismo lessicale oggi parla di transidentità, la vulgata popolare transessualità, ma quel che conta è la sostanza: cercare il sole di apparire come ci si sente dietro anni di pioggia fallace. Due anni di terapia.  “Proprio così e la strada è quella dell’assunzione di ormoni maschili. La voce si abbassa, aumenta il pelo, spunta la barba e qualcuno parla di un aumento dell’aggressività, ma io non l’ho avvertito. E’ un percorso che ognuno è libero di cominciare, meglio se con il supporto costante di uno psicologo. Ora, però, desidero l’operazione chirurgica ma già so che dovrò rivolgermi all’estero. Purtroppo”. Oberhofer, però, oltre ad affrontare famiglia, amici e conoscenti ha dovuto mettere sul piatto pure una professione delicata: l’insegnante, quindi educatore. “Vero, per quello ho scritto delle lettere ai genitori dei miei alunni. Ho spiegato quello che stavo facendo e per quali motivi. Devo dire che hanno capito e ho avuto solo reazioni positive. I bambini, poi, si abituano in fretta e già adesso mi chiamano Marian al maschile”. Delle due l’una: o Appiano è un feudo dell’apertura mentale alla libertà sessuale oppure qualcuno ha fatto buon viso a cattiva sorte. “L’hanno colta bene e io ne sono contento. Piuttosto è la legislazione italiana a essere molto indietro su questo fronte. I tempi per un simile cambio di identità sono esageratamente lunghi e creano inevitabili difficoltà”. L’associazione Centaurus, intanto, ha istituito un gruppo di mutuo aiuto. “Ci incontriamo il mercoledì sera e ciascuno di noi parla della sua esperienza. E’ un’atmosfera molto libera e intensa: è importante potersi aprire con chi affronta le stesse difficoltà sociali. Ci si sente sicuramente meno soli o deboli”. Marian, insomma, ha apertamente salutato Marion aprendo la sua esperienza al mondo ed esponendosi ai venti della critica e dei commenti. Per l’anagrafe, invece, sarebbe un semplice cambio di vocale. Ci ha messo meno lui.

 Alan Conti (www.altoadige.it)

lunedì 29 settembre 2014

Studenti altoatesini, la matematica è la bestia nera


Matematica ostica, vera bestia nera degli studenti altoatesini di lingua italiana. Un ragazzo su quattro, infatti, non supera l’asticella di una sufficienza piena e a dirlo, stavolta, non sono i registri dei docenti ma i risultati dello studio Pisa 2012 coniugati alla nostra realtà territoriale. Una selva di numeri presentata ieri pomeriggio nell’aula magna del liceo classico Carducci che fornisce molti spunti, diversi approfondimenti e qualche trend. Focus primario su matematica, seguita a ruota da lettura e scienze.
 Il primo dato che salta all’occhio sbuca dall’analisi di insufficienze ed eccellenze e il 25,7% degli scolari italiani non supera la linea di galleggiamento. Sono 9,7%, invece, i fuoriclasse della disciplina. Problemi e funzioni, insomma, non scaldano gli animi e a patire sono soprattutto i giovani degli istituti tecnici. In una comparazione dei risultati delle prove con la media nazionale (punteggio di 485), infatti, solo i licei portano a casa punteggi migliori (537) mentre istituti tecnici, professionali e centro di formazione professionale si attestano tutti al di sotto del resto della Penisola. Una situazione che si ripropone identica nelle campionature relative a lettura e scienze. Nel confronto con la scuola tedesca sono gli istituti tecnici ad uscire ammaccati perché gli omologhi dell’altra lingua non solo stanno ben al di sopra del livello italiano, ma si affiancano con una certa disinvoltura ai colleghi liceali. Sempre la matematica registra un tracollo di risultati se rapportata alla rilevazione del 2003. In 11 anni le valutazioni sono calate del 30,1% in tutta la Provincia con un -21,6% nei licei, -14% nei tecnici, -30,1% negli istituti professionali e -43,7% al centro formazione professionale.  Nessuno, insomma, sembra passarsela granchè bene rispetto a una decina di anni fa.
 “La differenza con gli istituti tecnici di lingua tedesca – spiega Roberto Ricci, direttore del nucleo di valutazione provinciale – va ricercata sostanzialmente nel background di preparazione degli studenti che si iscrivono. Nelle scuole italiane troviamo profili diversi, meno preparati, perché la scuola superiore viene scelta più secondo parametri sociali o di interesse e meno considerando gli sbocchi professionali o la natura vera  e propria dell’istituto”. Il liceo, insomma, continua a rivestire un’attrazione magnetica anche tra chi potrebbe trovare via più agevole nel campo tecnico. “Esatto. Questo, semmai, è il dato che emerge con forza da tutte le ricerche. Bisogna migliorare l’atteggiamento nell’orientamento”. Va detto, però, che nelle scuole altoatesine anche di grado inferiore spesso la matematica paga dazio alle lingue in termini di ore di insegnamento. “Sì, ma in un sistema scolastico che regge come quello italiano questo è un aspetto che non ha tutta questa incidenza. L’apprendimento linguistico, per esempio, è sicuramente propedeutico e di supporto a quello matematico”. L’unico teorema che sembra non reggere, insomma, è quello della coperta corta.
Alan Conti (www.altoadige.it)

Firmian, nasce piazza Montessori


BOLZANO. Per ora piazza lo è di nome, nel giro di 140 giorni dovrebbe diventarlo di fatto. Il cuore di Firmian, perlomeno nei progetti, dovrà essere lo spiazzo intitolato a Maria Montessori: anello di raccordo tra le scuole moderne e l'omonima chiesa preziosissima. Ieri il via ufficiale dei lavori dopo aver ultimato le strutture di servizio: 145 giorni e  572mila euro per dare un volto da vero luogo di aggregazione all'insieme di edifici. Una sfilza di dati tecnici a delineare il profilo di un'urbanizzazione importante perché dovrà consegnare al rione uno spazio, anche emotivo, di riconoscimento. È una scommessa più che un lavoro dato il panorama bolzanino dove le piazze sono ammalate di poca socialità. Non mancano, a onor del vero, le eccezioni che incoraggiano piazzetta Anna Frank che poi in via Ortles è, per tutti, "la piazzetta".
In ogni caso ieri mattina l'assessore ai lavori pubblici Luigi Gallo e l'ingegnere comunale Mario Begher hanno spiegato nel dettaglio quello che si realizzerà nei prossimi 5 mesi a Firmian secondo il disegno originario dell'architetto Matteo Scagnol implementato dalle variazioni del Comune messe a punto dall'ingegnere Enrico Corsani.
Prevista, dunque, la demolizione della pavimentazione attuale in asfalto per fare spazio alla posa di un materiale stabilizzato porfirico ottenendo una nuova conformazione estetica. La superficie sarà di conglomerato bituminoso in doppio strato. In programma, inoltre, la realizzazione di una nuova rete di raccolta delle acque piovane da realizzare con rivestimenti in calcestruzzo. Cambierà, naturalmente, pure l’arredo urbano con un nuovo sistema di illuminazione e la realizzazione di 21 panchine di varie dimensioni in calcestruzzo con seduta in legno. Di fatto si tratterà del raccordo tecnico e urbanistico tra gli edifici costruiti dalle cooperative e quelli affidati alla gestione dell’Ipes: una cerniera di unità tra le parti residenziali oltre che quelle pubbliche. Rimane, invece, da stabilire cosa fare di un piccolo lotto in prossimità della futura casa per anziani su cui ci sarà, probabilmente, da discutere parecchio.
 L’intervento  di piazza Montessori si va a infilare nel canalone dei lavori su piccoli spiazzi sottolineato prontamente da Gallo. “Come amministrazione abbiamo portato a termine con lo stesso gruppo di lavoro l’opera in piazza Don Franzoi ai Piani e presto vogliamo mettere mano a piazzetta Anna Frank che è molto vissuta, ma necessita di una riqualificazione che la renda ancora più adatta alla vita sociale”. La linea, insomma, è tracciata anche se, per esempio, piazza Franzoi continua a essere piuttosto deserta e ieri soffriva pure di un guasto all’impianto di idraulica legato alla fontana. “E’ importante creare delle opportunità – continua Gallo -  e intervenendo con questi lavori poniamo le basi perché questo avvenga”. Nel giro di una manciata di settimane, insomma, Firmian avrà una piazza: resta da vedere quanto ci metterà a farla diventare la “sua” piazza.

Alan Conti (www.altoadige.it)

Il Bullone, ecco come amare Sciangai

BOLZANO. A quindici anni a lui mettevano davanti una strada e a lei raccomandavano di non frequentarne un'altra. Fabrizio Lonardi, bolzanino di lingua italiana, sceglieva che tra la scuola e un lavoro in ferramenta preferiva la seconda, mentre Edith Knoll, bolzanina di lingua tedesca, ascoltava i parenti che le raccontavano di quel quartiere poco raccomandabile del capoluogo: Sciangai. Oggi sono sedici anni che formano una squadra al volante della ferramenta "Il Bullone" di via Sassari e Fabrizio ha scoperto che la sua vita professionale era disegnata perfettamente per viti e bulloni, mentre Edith si è piacevolmente stupita di una Don Bosco che ama e che la ama. Già, perché "Il Bullone" è la prosecuzione naturale della vecchia ferramenta "Putrino" e come, tale viene vissuta da decenni da artigiani, professionisti e privati del rione. «Ci fa piacere essere un punto di riferimento per la gente, anche in un momento in cui non è semplice resistere al decentramento nei centri commerciali o nelle grandi strutture», ammette Lonardi - una faccia piuttosto nota anche ai tanti appassionati di hockey su ghiaccio - al bancone. Di certo, però, ci troviamo in un settore dove l'esperienza paga. «Sì, abbiamo questa innegabile fortuna perché dopo 45 anni posso dare dei consigli maturati nel tempo. Difficile che le grandi catene abbiano commessi così formati. Nel settore dei piccoli e grandi lavori manuali capire esattamente come utilizzare un arnese o un componente non è un dettaglio». Per di più se l'edilizia e l'artigianato battono economicamente in testa. «Purtroppo – confermano i soci – le aziende del settore fanno fatica. Per questo si è allargato moltissimo il mercato riferito ai privati che rappresentano una risorsa importante. Sono tanti gli anziani che ci chiedono di tenere duro e non mollare». Voi cosa rispondete? «Che lo decidono loro quanto possiamo tenere duro. Se continuano a scegliersi è più facile». Il futuro, però, è garantito dai giovani. Da coloro che, più degli altri, dovrebbero credere e scommettere nel rilancio. Legato anche alla permanenza di negozi di grande tradizione come "Il bullone". «Ha ragione, ma bisogna ammettere che, a differenza di altri esercizi, le nuove generazioni non hanno perso l'abitudine di rivolgersi a una ferramenta o di pensare di farlo quando devono portare a termine qualche lavoro». Lonardi, come detto, ha dedicato l'intera carriera a questo genere di commercio. Cosa fa scattare una scintilla così forte? «Credo la vastità e l'ampiezza di soluzioni che si possono trovare in una ferramenta. Credo che sia un valore importante la versatilità». Come nasce, però, questa strana coppia professionale? «Lavoravo in via San Quirino ed Edith era impiegata presso una grossa ditta di idraulica delle vicinanze. Ci siamo conosciuti lì. Non appena ho sentito dell'occasione in via Sassari ne ho subito parlato con lei: mi sentivo pronto alla gestione del negozio, ma non sapevo come seguire la parte amministrativa o burocratica. Esattamente il campo in cui lei eccelleva». Cosa ne pensava la signora? «Quando ero piccola mia mamma mi diceva di stare attenta al rione di Sciangai. C'era della diffidenza da parte della Bolzano tedesca. Mi sono ricreduta piuttosto in fretta su un quartiere che ormai è la mia seconda casa. Un posto dove non puoi che trovarti bene». Dopo sedici anni si può dire che l'intuizione è stata giusta? «Certo, si può dire. Ogni tanto litighiamo anche duramente, ma dopo mezz'ora è tutto sistemato e ripartiamo con entusiasmo». D'altronde tutto si può aggiustare: figuriamoci se non lo sanno in una ferramenta.

venerdì 19 settembre 2014

Chiude l'Assenzio, bagarre con il Comune


Essere attivisti del Movimento Cinque Stelle non si coniuga con il successo commerciale o almeno così sembra essere a Bolzano. I motivi possono essere vari, ma il sasso che ieri ha agitato il mondo bolzanino di Facebook è di quelli destinati a far rumore perché dopo dodici anni di gestione Fabrizio Franchi si appresta a mettere il lucchetto al bar Assenzio. Il tutto qualche giorno dopo le dichiarazioni del fioraio di via Bottai Rudi Rieder che ha denunciato un boicottaggio generale per il suo essere grillino di prima linea sia da parte dei clienti sia da parte degli enti pubblici.  La chiusura del locale sotto il passaggio del vecchio Municipio, comunque, non è di quelle che passano inosservate perché, in un modo o nell’altro, queste piccole scale verso una saletta in discesa hanno scritto una piccola storia della Bolzano del divertimento e dell’impegno civile. Dalle feste al karaoke passando agli incontri, appunto, del Movimento Cinque Stelle o i concerti live. Bene o male sono tantissimi i bolzanini che ci hanno passato più di qualche ora.
 Il commento virtuale con cui Franchi saluta il suo bancone è lapidario e fa presto il giro del web: “Data di morte dell’Assenzio: oggi. Onde evitare illazioni e calunnie, anche se abituato a sopportarle dopo dodici anni da parte di bifolchi per nulla professionali, chiarisco che il problema è solo burocratico e che essere attivista Cinque Stelle non mi ha aiutato di sicuro. Grazie a tutti gli amici che in questi anni mi hanno aiutato a vivere felice di un lavoro che amo”. Nulla più in attesa di una partita che potrebbe essere delicata chiamando in causa l’amministrazione comunale. Se davvero un locale viene strozzato dalla burocrazia e non dai bilanci significa che qualcosa non funziona nel meccanismo di gestione degli esercizi. Inutile girarci attorno: della chiusura dell’Assenzio chiederanno conto i grillini, ca va sans dire, ma anche musicisti, artisti e semplici cittadini. Facebook ospita già decine di punti di domanda da riempire.
Attività commerciali strozzate perché nell’orbita pentastellata, questa l’accusa mossa dai titolari. Al di là del consenso politico le amministrazioni non possono permettersi nemmeno il sospetto.
Alan Conti (www.altoadige.it)

Talvera, siringhe a un passo dai bambini


Lo spaccio presuppone dei consumatori, la rapina il pericolo della casualità. I Prati del Talvera baciati dal sole nel pomeriggio sono ancora feudo delle famiglie, ma è inevitabile che quanto accaduto negli ultimi giorni abbia lasciato dietro di sé un alone. La cronaca ha steso i suoi teli sull’erba e anche se per molte mamme nulla cambia in concreto è evidente che le antenne della preoccupazione sono un poco più dritte. Spaccio e rapine non sono accidenti casuali. Intanto lungo il greto del fiume, a cinque metri dai tappetoni elastici e venti dai giochi, si trova agevolmente un piccolo drappello di pericolose siringhe usate e abbandonate in mezzo a una foresta di confezioni sanitarie. Iniezioni di eroina si presume a spanne. Vero che un bambino sorvegliato lì non ci dovrebbe mettere nemmeno un’unghia, ma altrettanto vero che non sarebbe la prima volta che un pargolo o un cane scappa in quella direzione. Entrambi, Fido e Baby, non si fanno troppe domande sugli oggetti curiosi da toccare.
 “Frequento questi Prati da quando li hanno costruiti – inizia Margherita Morosin di Collalbo – e non si può negare che nella frequentazione sono cambiati. L’aumento degli stranieri è evidente, ma non siamo certo ai livelli del parco della Stazione rovinato nel corso degli anni. Qui sono ancora i cittadini i padroni”. Inna Ivliyeva, dal canto suo, si iscrive al partito delle mamme contente dell’aumento dei controlli. “Passano spesso con le auto di servizio, sia polizia sia carabinieri, e questo contribuisce a stare più tranquilli. Probabilmente gli episodi spiacevoli hanno contribuito a far tornare alta l’attenzione”. Nonno Sebastian Unterholzner, poco più in là, tesse le lodi del Talvera. “E’ un luogo che ci permette di essere nonni in tranquillità, una ricchezza che non può essere dispersa”. Una mamma, invece, ci avvicina chiedendo l’anonimato. “Il giorno prima degli arresti ho assistito sbigottita a uno scambio pomeridiano tra un pusher e un cliente. Da una parte i soldi, dall’altra una piccola busta di stupefacente: un commercio alla completa luce del sole, davanti alle altalene dei bambini. Incredibile la tranquillità che hanno mostrato. Ben vengano le operazioni di polizia e i controlli in borghese”. Più tranquilla è Simone Tarneller: “Sinceramente non ho visto grandi cambiamenti negli anni e continuo a sentirmi tranquilla. Il massimo dei crucci possibili sono gli escrementi dei cani. Certo, scoprire che così vicino si possono trovare delle siringhe non fa affatto piacere, ma cerchiamo di essere sempre attente a come si muovono i piccoli in uno spazio che è comunque particolarmente aperto”. Nel recinto dei cani incontriamo Sara Lorenzoni: una rapina non passa inosservata a chi può essere spesso in giro da sola. “La paura è che possa capitare chiunque. Ben vengano i controlli di qualsiasi natura: in pattuglia, borghese o con le telecamere. Lo spaccio ai ragazzini, invece, è certamente grave ma dal punto di vista della pericolosità sociale rimane più circoscritto ai protagonisti della compravendita”.
 Il Talvera, insomma, continua a scorrere nella vita sociale come approdo quotidiano dei bolzanini, ma qualche piccolo graffio è rimasto. Va difeso perché non si allarghi.
Alan Conti (www.altoadige.it)

lunedì 15 settembre 2014

Mille chilometri a piedi col sorriso






I grandi camminatori si preparano, hanno percorsi tracciati nel cervello o su mappe dettagliatissime e si mettono in marcia per ideali religiosi o filosofie profondissime. Poi c’è Michael Anzalone, bolzanino che ha trovato fortuna lavorando come artista sulle navi da crociera “Aida”, capace di macinare un migliaio di chilometri nel Mezzogiorno d’Italia solo per il gusto di farlo, guidato da una risata. Con lui Nico Colucci, amico ballerino di Noicattaro in provincia di Bari, con cui l’altro giorno ha esultato all’ombra del faro di San Vito Lo Capo in Sicilia dopo più di un mese da pedone. La partenza, infatti, è datata 2 agosto da Santa Maria di Leuca. Robetta da 1100 chilometri e simpatia proporzionale. Il seguito di un  analogo cammino compiuto tre anni fa da Ravenna a Santa Maria di Leuca. Il primo lo hanno chiamato “Il cammino del cretino”, il secondo “la via del cous cous” e su Facebook la loro pagina seguitissima è “The walking mad”: nomi che sono un programma.

"Una sera – racconta Anzalone - ho ascoltato la storia di un uomo che fuggì dalla Germania durante la guerra raggiungendo la Sicilia a piedi e ho subito pensato che si poteva fare qualcosa di simile. Un’idea talmente pazza che l’abbiamo concretizzata, ma il cammino di Santiago ci pareva troppo facile. A noi inesperti piacciono le complicazioni". Spazio, dunque, a un’estate 2014 passata a lambire le coste del Sud  seguendo un tracciato istintivo con il mare come bussola, salvo uno scollinamento sul Monte Pollino. La bellezza di un iter ingarbugliato, dettato solo da una curiosità appropriata a scorci meravigliosi. "Seguiamo i sentieri, certo, ma mica sempre. Qualche volta il mio amico Nico si inventa che guadando un fiume si taglia e ci troviamo a valicare corsi d’acqua con lo zaino in testa al margine di un golfo artificiale del tutto insuperabile. Ecco, in quelle situazioni trovi il modo di cavartela con il sorriso". Con la preparazione fisica come la mettiamo? "Chiaramente non facciamo allenamento specifico, però si tratta certamente di qualcosa di probante. Viaggiamo a una media di 36 chilometri al giorno. Impressionanti le distanze che si possono coprire a piedi".

 Nel marasma di aneddoti che spuntano come coriandoli ne spunta uno proprio nel parco del Pollino. "Una storia da film – sorride Colucci – perché abbiamo salvato un cagnolino trovato in un pozzo. Lo abbiamo battezzato Ziggy Stardust. Come premio il destino ci ha fatto sbagliare sentiero fermandoci in un posto senza acqua né cibo arrabbiati come vespe". Già, perché vi sarete mica immaginati che ci siano campeggi prenotati? "Ah no – ridono – abbiamo una tenda che usiamo all’occorrenza un poco dove capita. Certo, se possiamo preferiamo i camping o le aree attrezzate per i servizi".  Tutto il resto è raccolto in un libro di futura pubblicazione o sulla pagina social.

 In ogni caso all’orizzonte spunta la voglia di un terzo cammino aperto a tutti. "Per venire con noi basta contattarci, siamo ben contenti". Non servono particolari sofismi o itinerari precisetti: solo la capacità di sorridere è imprescindibile. Pronti a mettersi in cammino?
Alan Conti (www.altoadige.it)

venerdì 25 luglio 2014

Scuola di San Giacomo, nuove aule e palestra


LAIVES. Una scuola a metà che ha bisogno di essere completata. A metà tra italiani e tedeschi, a metà tra Bolzano e Laives. L'Istituto di San Giacomo da diversi anni lamenta un sovraffollamento preoccupante: gli ultimi dati disponibili parlano di 197 alunni e 32 insegnanti da gestire in spazi adatti ad ospitarne molti meno. Non a caso una classe è ospitata da anni in un container. La vicinanza con Maso della Pieve, infatti, porta molti bolzanini a guardare un passo oltre il confine, così come fanno alcuni laivesotti. Risultato? San Giacomo conta 3.583 residenti ma la sua scuola è appetita da un bacino più ampio. Nasce così la necessità di effettuare un ampliamento studiato a fondo dallo studio dell'architetto Peter Paul Amplatz e rimasto nel cassetto fino a pochi giorni fa quando il Comune di Bolzano ha deciso di metterci del suo, assieme a quello di Laives in un'apposita convenzione.
Il sì di Bolzano. «Faremo la nostra parte», la conferma telegrafica dell’assessore comunale di Bolzano Judith Kofler Peintner. Troppo complicato pensare di spostare tutti gli alunni del capoluogo nelle strutture di Oltrisarco: meglio provare a mettere sul piatto un intervento che può variare tra i 5 milioni e i 5,4 milioni.
Il progetto. Amplatz, infatti, ha redatto un approfondito studio di fattibilità che propone due opzioni. «La base di partenza è un ampliamento autonomo nella zona tra l'edificio attuale e la strada collocata a est, lungo via Maso Hilber, compartecipata al 50% dai due Comuni. Si potrebbe, però, realizzare l'ingresso principale a est oppure rivolto a nord. La prima soluzione costa circa 400 mila euro».
Scartata l'idea di un rialzamento della struttura principale. «Non si può. La fondazione a trave rovescia crea problemi statici troppo rilevanti». L'ampliamento, chiaramente, dovrebbe servire la parte più didattica, mentre il blocco principale sarebbe interessato dalla realizzazione di una mensa nuova di zecca al piano terra, al posto della vecchia palestra, e al piano superiore una microstruttura per l'infanzia. Da creare ex novo, a quel punto, anche una nuova palestra. Chiari i riferimenti quantitativi delle aule. «Per la scuola italiana calcoliamo la necessità di 16 aule, 10 per la didattica e 6 per il sostegno. La parte tedesca, invece, necessita di 5 aule di insegnamento e 3 per il sostegno. Un totale complessivo di 24». Sufficienti per far fronte a un potenziale afflusso in aumento sottolineato pure dallo studio di fattibilità commissionato dalle amministrazioni.
I tempi. Due, comunque, i punti forti di una simile riorganizzazione: bassissimo impatto ambientale e la possibilità di effettuare i lavori durante il periodo scolastico. Certo, non proprio la situazione ideale per docenti e bambini, ma i tempi non saranno biblici. "Solo di cantieristica - continua Amplatz - potremmo ipotizzare massimo un anno e mezzo di lavoro. Dal punto di vista delle procedure, invece, la questione è assai più delicata perché dopo l'accordo per il finanziamento Laives dovrà preparare un bando. I tempi, in questo caso, si fanno più incerti". Intanto crescono gli iscritti. 
Alan Conti (www.altoadige.it)

giovedì 24 luglio 2014

San Paolo, le settimane del gusto


Il giro del palato altoatesino in due settimane. Tornano a San Paolo le Settimane Enoculturali organizzate dall'Associazione Turistica di Appiano arrivate, ormai, alla 16esima edizione consecutiva. Un appuntamento atteso in Bassa Atesina, dove ancora una volta si celebra Sua Maestà il vino, ma anche nel resto della Provincia e tra i tanti turisti. Dal 24 luglio al 5 agosto, dunque, occhi puntati sul grazioso paesino per un succedersi di appuntamenti decisamente interessanti. Approdo naturale per enologi, gourmet o semplici amanti della forchetta. Partenza fissata per giovedì sera dalle ore 20 con la Passeggiata del Vino a cura dei viticoltori di Appiano che metteranno in bella mostra vini e distillati affiancati agli assaggi nostrani. La cantina ospite per le vie di San Paolo quest'anno sarà la Tiefenbrunnen di Cortaccia pronta a un ruolo da protagonista. L'occasione, ovviamente, è quella di una degustazione all'aria aperta che permette un contatto diretto con produttori ed operatori. Della parte gastronomica, comunque, si occuperanno Paulser Hof, il bar Mondschein e il bar enoteca Schreckenstein. Il formaggio sarà griffato dalla Mila, la carne dalla macelleria Ebner e altre bottiglie saranno stappate dall'enoteca Vis a Vis.Venerdì si replica ed è la volta delle “Dolcezze della cucina contadina e della cantina”. In primo piano, naturalmente, gli zuccheri con roulade di grano saraceno, canederli di albicocche, Krapfen di Predonico e ciambelle di mele.
Tutto annaffiato da vino da dessert o spumante altoatesino. Il programma, decisamente fitto, vivrà il 29 luglio il clou più noto: la tavolata cumulativa per le strade del paese. La cena sarà affidata allo chef stellato Herbert Hintner quindi la garanzia di qualità è assoluta. Resta il conto che rischia di essere piuttosto “salato” per le tasche popolari: 130 euro a persona. Ma la qualità è garantita. (Informazioni all 0471 662206 21). «Si tratta di un’atmosfera unica – spiega il direttore dell’Azienda Turistica di Appiano Thomas Rauch – che ogni anni ci sforziamo di rendere appetibile e appagante. Siamo molto soddisfatti della collaborazione che siamo riusciti a creare tra turismo e agricoltura lungo tutta l’iniziativa. Si tratta di un volano prezioso per il nostro territorio». Sempre il 29 luglio da segnare un interessante seminario sul vino, mentre il 31 il paese di San Paolo sarà al centro dell’interesse di un’apposita visita guidata. Spazio ai giovani, invece, il primo di agosto con l’evento specifico Big Bottle Party, mentre è curiosa la chiusura fissata al 5 agosto sotto i tigli vicino alla chiesa del paese. Nacque tutto lì sedici anni fa: giusto chiudere il cerchio. 
Alan Conti (www.altoadige.it)