Quanto gusto c’è in un abbraccio?
Quanta libertà nel camminare scalzi a casa propria? Sono solo due delle
sensazioni che i bambini farfalla non possono sentire sulla propria pelle
aggredita da una malattia meschina che si infila nelle pieghe della vita quotidiana
ingarbugliandola.
Si chiama “epidermolisi bollosa”, ma nel nome
comune si associa semplicemente alla delicatezza delle ali di una farfalla
perché basta un nulla per causare delle ferite, esterne o interne, su una pelle
colpita da fastidiose bolle. Una malattia che non ha cura e che rende la vita
di tutti i giorni una sfida persino difficile da immaginare. Al loro fianco l’associazione
Debra. In Alto Adige sono 15 i casi registrati e, a dispetto del nome, non si
tratta di soli bimbi perché farfalle, purtroppo, lo si rimane per sempre.
“Persino la banalità di un gesto come l’apertura di una porta – spiega Arabella
Gelmini che si occupa della comunicazione per Debra – diventa un’operazione da compiere con estrema
delicatezza”. Difficile anche camminare. “Ci riescono se sono fasciati bene, ma
il più delle volte si spostano in carrozzella. E’ necessario prestare estrema
cautela pure nella frequentazione di posti affollati. Purtroppo basta un minimo
tocco, anche involontario, per causare piaghe o ferite”. Situazioni che non sono nemmeno troppo note
tra la gente. “Devo essere sincera – continua Gelmini – ed ammettere che il
mondo tedesco ha molta più coscienza del problema. Gli italiani lo conoscono
meno, ma c’è sempre tempo per fare informazione”. Non è semplice, però, fare
sempre i conti con gli altri. “Affatto e per esperienza posso dire che l’età
peggiore è quella tra i 13 e i 18 anni. Nella fase di sviluppo, infatti,
diventa davvero difficile fare i conti con una condizione così tanto invalidante”.
Nemmeno trovare un lavoro appare una passeggiata. “Bisogna riuscire a
ritagliarsi delle mansioni che siano logicamente compatibili con una condizione
simile. E’ praticamente sempre necessario, inoltre, un accompagnamento”.
La possibilità di aiutare chi è affetto da
epidermolisi bollosa, tuttavia, esiste e non è nemmeno troppo difficile da
mettere in pratica. “Si possono fare delle donazioni direttamente sul sito di
Debra (www.debra.it) per sostenere la ricerca
e i costi per i medicinali che alleviano le conseguenze della malattia”. Dal
punto di vista della quotidianità, invece, come si allunga una mano verso
persone che sanno di non poter guarire? “Molto semplicemente con piccoli
interventi che a noi possono sembrare banalità e invece non lo sono affatto.
Qualche tempo fa, per esempio, abbiamo comprato delle parrucche che hanno
regalato nuova sicurezza ad alcune ragazze portandole ad uscire di più. Di
solito, infatti, i capelli cadono. Una soluzione che ha permesso di evitare la
chiusura in se stessi: il vero demone di una sfortuna che mette in pericolo la
socialità stessa”. Distendere una mano, delicatamente, si può: se si chiamano
farfalla, forse, è giusto aiutarli ogni tanto a librarsi in volo.
Alan Conti (www.altoadige.it)
Nessun commento:
Posta un commento