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lunedì 27 ottobre 2014

Debra e il difficile volo dei bambini farfalla


Quanto gusto c’è in un abbraccio? Quanta libertà nel camminare scalzi a casa propria? Sono solo due delle sensazioni che i bambini farfalla non possono sentire sulla propria pelle aggredita da una malattia meschina che si infila nelle pieghe della vita quotidiana ingarbugliandola.

 Si chiama “epidermolisi bollosa”, ma nel nome comune si associa semplicemente alla delicatezza delle ali di una farfalla perché basta un nulla per causare delle ferite, esterne o interne, su una pelle colpita da fastidiose bolle. Una malattia che non ha cura e che rende la vita di tutti i giorni una sfida persino difficile da immaginare. Al loro fianco l’associazione Debra. In Alto Adige sono 15 i casi registrati e, a dispetto del nome, non si tratta di soli bimbi perché farfalle, purtroppo, lo si rimane per sempre. “Persino la banalità di un gesto come l’apertura di una porta – spiega Arabella Gelmini che si occupa della comunicazione per Debra –  diventa un’operazione da compiere con estrema delicatezza”. Difficile anche camminare. “Ci riescono se sono fasciati bene, ma il più delle volte si spostano in carrozzella. E’ necessario prestare estrema cautela pure nella frequentazione di posti affollati. Purtroppo basta un minimo tocco, anche involontario, per causare piaghe o ferite”.  Situazioni che non sono nemmeno troppo note tra la gente. “Devo essere sincera – continua Gelmini – ed ammettere che il mondo tedesco ha molta più coscienza del problema. Gli italiani lo conoscono meno, ma c’è sempre tempo per fare informazione”. Non è semplice, però, fare sempre i conti con gli altri. “Affatto e per esperienza posso dire che l’età peggiore è quella tra i 13 e i 18 anni. Nella fase di sviluppo, infatti, diventa davvero difficile fare i conti con una condizione così tanto invalidante”. Nemmeno trovare un lavoro appare una passeggiata. “Bisogna riuscire a ritagliarsi delle mansioni che siano logicamente compatibili con una condizione simile. E’ praticamente sempre necessario, inoltre, un accompagnamento”.

 La possibilità di aiutare chi è affetto da epidermolisi bollosa, tuttavia, esiste e non è nemmeno troppo difficile da mettere in pratica. “Si possono fare delle donazioni direttamente sul sito di Debra (www.debra.it) per sostenere la ricerca e i costi per i medicinali che alleviano le conseguenze della malattia”. Dal punto di vista della quotidianità, invece, come si allunga una mano verso persone che sanno di non poter guarire? “Molto semplicemente con piccoli interventi che a noi possono sembrare banalità e invece non lo sono affatto. Qualche tempo fa, per esempio, abbiamo comprato delle parrucche che hanno regalato nuova sicurezza ad alcune ragazze portandole ad uscire di più. Di solito, infatti, i capelli cadono. Una soluzione che ha permesso di evitare la chiusura in se stessi: il vero demone di una sfortuna che mette in pericolo la socialità stessa”. Distendere una mano, delicatamente, si può: se si chiamano farfalla, forse, è giusto aiutarli ogni tanto a librarsi in volo.
Alan Conti (www.altoadige.it)

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