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lunedì 16 aprile 2012

L'Eurac compie 20 anni e dimentica l'italiano


Una bella immagine della sede centrale dell'Eurac
Un passato di lingue, un presente di successo e un futuro nella medicina. Nella cerimonia fiume, però, sono molti più i convenevoli per la Provincia che non le parole nella lingua di Dante

BOLZANO. Un passato che affonda le radici nella linguistica e nel diritto, un presente che lucida come medaglie gli studi ambientali, genetici e sociali e un futuro che concentra i suoi sforzi verso la sanità e la cura delle malattie. L’Eurac compie 20 anni e ieri mattina sono andate in scena le celebrazioni ufficiali con  una lunghissima conferenza stampa nella sede di viale Druso. Alla presenza del presidente della Provincia Luis Durnwalder e dell’assessore alla cultura tedesca Sabina Kasslatter Mur, oltre a un’enclave consiliare della Stella Alpina, il direttore dell’Accademia Europa Werner Stuflesser e il presidente Stephan Ortner hanno tracciato la parabola di un istituto di ricerca che oggi permette a 330 collaboratori di lavorare. Desta qualche imbarazzo, però, come in un anniversario tanto importante gli stucchevoli panegirici di ringraziamento siano stati di gran lunga più numerosi degli interventi in lingua italiana. Sembra lontana anni luce, infine, la rivendicata indipendenza dell’Eurac dall’amministrazione provinciale riverita ieri con la stessa cura con cui un affittuario riassetta casa per la visita del proprietario.
 IL PASSATO. E’ stato il presidente Stuflesser a riportare lo sguardo al 1992 quando la Provincia conclude il pacchetto e nella sede dell’Astat nasce l’embrione dell’Eurac: un archivio di dati affidato alle mani del primo collaboratore Stefan Winkler. Venne poi il trasferimento in via Weggenstein nei locali dell’Ordine Teutonico prima della sede definitiva di viale Druso, oltre agli uffici distaccati. "Le prime avversità erano legate alla mancanza di esperienza nelle strutture scientifiche. I grandi temi di partenza, però, erano certamente le lingue, le minoranze e la convivenza. Naturalmente sono filoni che abbiamo voluto mantenere". Nel suo intervento anche il presidente Durnwalder ha ricordato gli inizi. "In molti non credevano in questo progetto, ma noi eravamo convinti che fosse giunto il momento di aprirci totalmente all’Europa, producendo risultati e acquisendo competenze che ci permettessero di guardare oltre i confini. Oggi sappiamo di aver centrato questo obiettivo, con l’aggiunta di un conflitto etnico ormai superato. Nessuno, adesso, si sogna di immaginarsi immediatamente l’italiano come nemico".
IL PRESENTE. La fotografia dell’Eurac contemporaneo è stata affidata alle cifre presentare dal direttore Ortner. "Oggi contiamo su 330 collaboratori con un’età media di 35,6 anni e una prevalenza delle donne (59%) rispetto agli uomini (41%). Il 77% dei ricercatori, inoltre, è laureato. Siamo una fucina di lavoro continuo, con un’anzianità media di servizio di 4,6 anni". Ortner dimentica, però, di specificare come questa media dipenda dalla maggioranza di contratti a tempo breve e determinato. Interessante, inoltre, il capitolo finanziario. "I fondi che sostengono la nostra ricerca superano i 15 milioni e la quota di fondo terzi tocca il 52%. Dall’Ue in questi anni abbiamo ottenuto  45.929.030 euro, mentre dalla Provincia sono arrivati 63.830.000 euro. Con l’aggiunta dei 60.832.242 euro di fondi esterni arriviamo a un budget totale di 125.542.399 euro per 1000 progetti conclusi e 100 terabyte di memoria dedicata alla conoscenza". Cospicuo pure il traffico web: "Contiamo 25.000 visitatori al mese sul nostro portale, mentre il sito che permette l’esplorazione del corpo di Ötzi ha registrato 103.000 clic nel solo primo giorno di pubblicazione".
IL FUTURO. Su cosa si concentrerà, ora, l’Accademia Europea? "La medicina acquisirà sempre più importanza – chiude Stuflesser – e focalizzeremo la nostra attenzione principalmente sulle malattie più diffuse sul territorio e le loro cure. Puntiamo agli studi molecolari e alla massima precisione per garantire un futuro sempre migliore. Naturalmente capitoli come le minoranze, i cambiamenti climatici, la medicina di montagna e lo studio delle mummie e di Ötzi rimarranno centrali nel nostro lavoro". Chiude la riflessione, unica in italiano, del responsabile dell’istituto per lo studio di federalismo e regionalismo Francesco Palermo: "Abbiamo il compito di fornire alla politica e alla società gli strumenti per affrontare i cambiamenti sociali, legislativi politici di questa terra in un’ottica europea. Il contatto tra i gruppi linguistici, ma anche la crescente sfida posta dall’immigrazione, fissano la cornice su cui insistere".
Alan Conti 
 

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