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mercoledì 3 febbraio 2010
Don Bosco non è un quartiere per vecchi
Don Bosco non è un quartiere per vecchi. O forse sì. L’inchiesta sul gruppo italiano che il sociologo Luca Fazzi ha presentato al nostro giornale anima le discussioni nelle strade e nei bar delle zone più popolari della città. Sono Europa-Novacella e Don Bosco i quartieri che Fazzi indica come roccaforte italiana di tutta la Provincia e, per la verità, piuttosto attempata visto l’autentico esilio di una generazione di bolzanini verso altri lidi. Siamo andati a parlare con chi queste strade le vive tutti i giorni, partendo proprio dal cuore pulsante di Don Bosco: via Resia. Dalle parole dei residenti, dunque, esce un quartiere che, atavico difetto italiano, difficilmente è omogeneo nello descrivere le problematiche, ma che appare a tutti come spaccato a metà: la vecchia parte dell’ex rione Dux popolato da anziani e la ventata di entusiasmo giovanile che spira dai nuovi Firmian e Casanova.
"Da poco mi sono trasferita qui dal Centro – comincia Luciana Eccher – e devo dire che non è la stessa cosa. Si vive bene, certo, ma il rapporto con gli stranieri non è sempre facile". Fulvio Paissan è il primo ad avventurarsi nel confronto con il passato: "I giovani? Non ci sono più, qui invecchia tutto. Anni fa era prassi vedere i bambini giocare in cortile, oggi questo non succede. Non solo, i ragazzi scappano non appena ne hanno la possibilità e questo non è un bel segnale. Manca, infine, un poco di solidarietà". Parlando di giovani è bene sentire anche la loro opinione: Anna Patruno si fa portavoce. "Certo che andiamo via: le prospettive di lavoro, divertimento e crescita professionale sono poco più che nulle a Bolzano. Quante commesse ci sono con la laurea? Il quartiere anche offre poco ed è necessario andare verso il Centro". A pochi passi interviene Anna Zavodovska: "Arrivando dall’Ucraina io a Bolzano ho trovato un piccolo paradiso e gli italiani ci trattano bene". Gloriano Cartari, invece, rispolvera un evergreen: "Il traffico è drammatico. Bisogna fare un’arteria parallela. Un aspetto positivo? C’è tanto sole e d’estate, con la vicinanza del fiume, siamo tra i più ventilati della città". Lucia Fiorini, invece, stringe sulla cronaca d’attualità: "A parte qualche furtarello dalle cantine non ho mai trovato nulla da ridire sul nostro quartiere. Le zone d’emergenza sono da altre parti". Josef Pala è uno dei pochi tedeschi residenti lungo via Resia "ma non ha mai avuto nessun problema con il mondo italiano che mi ha sempre trattato bene. I giovani ci sono, soprattutto nei nuovi rioni". Tatiana Pivovbar lo contraddice: "Tantissimi se ne vanno perché Bolzano è la città per anziani e bambini. Gli stranieri li stanno sostituendo". Straniera è Nisma Lamin, originaria del Marocco: "Si vive bene a Don Bosco. Un voto alla convivenza? Sufficienza stiracchiata". Gino De Boni, invece, è uomo di poche parole: "Qui è tutto vecchio, ma non capisco cosa pensano di trovare di straordinario i ragazzi nella altre città". Nello Campaner la butta sul filosofico: "Non è questione di età anagrafica, ma di testa e molto dipende dalle scelte che farà la politica sociale per aiutare i ragazzi". Rinaldo Larcher abita a Casanova e respinge le accuse. "Tantissime le giovani coppie da noi, peccato manchino i servizi. Per onestà, però, ci era stato detto che entro il 2012 nulla sarebbe stato finito quindi sapevamo di dover pazientare. Vedendo quello che è successo a Firmian, comunque, abbiamo un poco di timore per quando arriveranno gli inquilini Ipes". Laura Stancher è nostalgica: "Che belle che erano le Semirurali, ma oggi non manca nulla" mentre Giovanni Altieri parla di "invecchiamento naturale del quartiere". Felice Savoi vuole vedere il bicchiere mezzo pieno di "una Don Bosco amichevole, ben servita dalle linee della Sasa e accogliente. Se proprio ci si deve lamentare, allora diciamo che la notte nessuno rispetta i limiti di velocità". Concetti ripresi da Nicola Commisso e Maria Eteresa: "I ragazzi vanno via, ma in queste strade ci conosciamo tutti e un sorriso non si nega a nessuno". Sonia Ceccon è più drastica: "A Firmian manca tutto, solo le promesse non scarseggiano. Ci vuole un asilo e una scuola al più presto". Giancarlo Travaglini non ama i fantasmi del passato: "Non è cambiato molto, lo spirito di Don Bosco è sempre uguale". Piero Sani fa il nonno vigile: un occhio privilegiato sui bambini "che sono vispi, allegri e fanno ben sperare. Peccato che gli adolescenti siano più sbruffoni, ma avranno tempo per migliorare. Il traffico, però, deve essere controllato di più". Angela Storari, in chiusura, ci regala una bella metafora: "I giovani? Si accentrano. Vanno tendenzialmente verso il Centro Città o il centro dei divertimenti". Un giro di opinioni che è un caleidoscopio di idee, ma solo una è la domanda a cui nessuno ha risposto in modo negativo, la prima delle nostre interviste che recitava così: "Mi scusi, ma come si vive a Don Bosco?".
IL FUTURO DI DON BOSCO
La palla di cristallo non esiste, indovinare il futuro con certezza non è possibile, men che meno se si tratta della sorte di una città o di un quartiere, ma immaginare non costa niente. Abbiamo fatto un giochino e chiesto ai residenti come vedono la Don Bosco del 2030 spalancando così le porte di desideri e paure e dipingendo, al contempo, un quadro interessante sul futuro di questa porzione di città.
"Temo che le strade saranno sempre più deserte e solcate dal passo lento dei vecchi" si preoccupa Fulvio Paissan "ma nei giovani e nei bambini bisogna sempre credere". Anna Patruno vive di speranze: "L’università, l’ampliamento del tessuto urbano, l’arrivo di nuove persone: spero che il quartiere e la città tornino ad essere attrattive anche per chi non è bambino o pensionato. Eventi, punti di ritrovo, possibilità di avere un lavoro e una casa: noi giovani non chiediamo l’impossibile". Gloriano Cartari è realista: "Negli anni ’80 Firmian era un castello e Casanova uno sciupafemmine veneziano. Come si fa a prevedere, allora, il 2030?" mentre Barbara Turelli ci indica un bambino "Bisognerebbe chiedere a loro. Noi stiamo lasciando un quartiere in espansione, le strutture, ma anche i problemi di gestione di tutto questo e non sarà semplice risolverli". Lucia Fiorini ci fa sorridere: "Forse nel 2030 avranno finalmente cambiato la moquette della chiesa che ormai avrà trent’anni ed è orrenda", ma anche questa è vita di quartiere. Josef Pala, intanto, spera "in una convivenza felice" mentre Tatiana Pivovbar vede come inevitabile "il sovrannumero di stranieri che avranno sempre più potere decisionale". Gino De Boni si immagina "tutto più vecchio" mentre la ventata di entusiasmo arriva da Nicola Commisso: "Don Bosco diventerà il centro operativo della nuova Bolzano. Scacciato via il concetto immaginario di periferia, abbiamo giovani famiglie nei nuovi rioni e presto nuovi servizi, nuovi negozi e iniziative all’avanguardia". Dello stesso avviso Giancarlo Travaglini: "Basta guardare i numeri di abitanti per dire che sicuramente saremo ancora protagonisti come lo siamo sempre stati".
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