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venerdì 12 febbraio 2010
Sacerdoti con Golser: sì alla convivenza
Alto Adige — 11 febbraio 2010 pagina 03 sezione: CRONACA
BOLZANO. Per la convivenza il vescovo Karl Golser si espone sui giornali, ma alle sue spalle può contare sul sostegno di chi porta quotidianamente il messaggio cristiano tra i fedeli. I parroci, dunque, promuovono a pieni voti le direttive del primo anno di episcopato del Vescovo, capace di inserirsi nella scia delle grandi tematiche dei predecessori Egger e Gargitter, pur mantenendo un profilo personale nel guidare la chiesa provinciale. Convivenza, dunque, è la pietra angolare degli ultimi anni: un cammino che molte parrocchie hanno già intrapreso. «Da noi - spiega don Giacomo Milani di “Cristo Re” - si tratta di un discorso ben avviato con una trama di rapporti quotidiani che invita i fedeli al costante rispetto della diversità. Capita molto spesso, per esempio, di fare feste nell’altra lingua». Don Giacomo ne fa anche una questione generazionale: «I giovani sono molto più liberi degli adulti dai preconcetti. L’università in un’altra lingua, per esempio, sta diventando una piacevole abitudine». Benno Malfèr, Abate dell’elegante convento dei Benedettini in Piazza Gries individua il nocciolo del problema. «Le occasioni per convivere nella società non mancano di certo: compito della chiesa è di favorire l’atteggiamento individuale. Il cuore della questione, infatti, è la conoscenza della lingua: è inutile far finta di non considerare il bilinguismo come la base indispensabile per avvicinarsi all’altra cultura. Una bella idea potrebbe essere quella di andare con la famiglia a vedere spettacoli teatrali nell’altra lingua». Malfèr, quindi, insiste sulla partecipazione e propone la Chiesa altoatesina come esempio: «In questa terra, al di là delle associazioni economiche e di imprenditori, non esiste un’organizzazione culturale che abbia raggiunto il grado di convivenza che esiste nella Chiesa». La parrocchia di Gries, invece, vive quotidianamente la realtà bilingue del quartiere e non a caso due sono i parroci: Paolo Rizzi per la comunità italiana e Robert Gamper per quella tedesca. «Siamo perfettamente d’accordo con l’indirizzo dato dal Vescovo ed è quello che, giorno per giorno, cerchiamo di trasmettere ai fedeli. Nei due gruppi linguistici, per la verità, la voglia di conoscersi e venirsi incontro è tangibile». Qualche distinguo sulla Chiesa come esempio di convivenza, però, lo fanno entrambi. «Siamo ancora lontani dalla perfezione poichè continuano ad esistere due diverse pastorali. Certo che stiamo progredendo sempre di più». Più secca, invece, la dichiarazione di Don Jimmi della Chiesa “Tre Santi”: «Il vescovo ripropone quello che stiamo facendo da anni. Qui le funzioni in entrambe le lingue sono la prassi e la comunità si sente unica, senza distinzioni di identità linguistiche». «Quello che dice il vescovo va bene - spiega don Olivo Ghizzo, parroco di Regina Pacis - soprattutto perchè traccia un orizzonte culturale che è esattamente quello su cui si deve muovere la chiesa altoatesina. L’insistenza nell’individuare una ricchezza nell’alterità e il disinnesco dei pericoli che si porta dietro il concetto di identità sono pratiche quotidiane che siamo chiamati ad affrontare. Golser, in tutto questo, è molto presente e mi ha stupito molto quando, in occasione della Festa dei Popoli, rimase da noi per tutto il giorno, senza limitarsi al compitino. Tutto questo, infatti, non vale solo per la dicotomia italiani-tedeschi, ma è allargabile anche nei confronti delle altre fedi. Dio è il padre di tutti: solo questo insegnamento dovrebbe bastare». Don Olivo, comunque, ha speso una vita in parrocchia e ha conosciuto bene anche Monsignor Egger: «Si tende molto a inserire Golser nella scia del suo predecessore. Tutto vero nella missione pastorale, ma come tecniche comunicative sono agli antipodi: Egger era un biblista eccellente, interpretava la cronaca con le scritture, Golser ha fatto studi morali e guarda più all’aspetto della coscienza comportamentale. Il primo era più teorico, il secondo più pratico». Un modo per avvicinare anche i giovani? «Può essere, anche se la sbandierata crisi di vocazioni può avere una lettura positiva: oggi abbiamo solo giovani sacerdoti completamente motivati e, uscendo da Bressanone, perfettamente bilingui». Chiude il vicario della diocesi, don Giuseppe Rizzi: «Il messaggio di Golser interpreta il desiderio più forte della nostra comunità. A volte questa convivenza diventa piacevole realtà, altre è solo un sogno. La Chiesa, in tutto questo, può giocare un ruolo centrale». - Alan Conti
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