Cerca nel blog

giovedì 11 febbraio 2010

L'altoatesina più anziana nata in Russia e cresciuta alla corte dello Zar


Alto Adige — 10 febbraio 2010 pagina 17 sezione: CRONACA

BOLZANO. Nel suo sangue corre la tempra del Generale Inverno, ma è negli occhi azzurro ghiaccio che Alessandra Moisseva proietta la Russia. L’albero genealogico di questa signora è di quelli nobili: papà Carlo era un ufficiale dello zar Nicola, mentre mamma Lenina una dama di compagnia della zarina Alessandra, cui deve il proprio nome di battesimo. Il giorno della Rivoluzione d’Ottobre Carlo capisce che la situazione può precipitare da un momento all’altro e ordina a moglie e figlia di scappare con lui. Inizia una vita da profughi che tocca varie nazioni e le città più prestigiose del Secolo Breve per poi approdare a Bolzano, a Villa “Don Bosco”, dove oggi Alessandra è amorevolmente curata dalle operatrici dell’Assb. Una storia straordinaria. Ma Alessandra Moisseva, con i suoi 104 anni, è anche la persona più anziana dell’Alto Adige. Lei ci aspetta seduta elegantemente e vegliata dalla responsabile del terzo piano Donatella Vinci. Sul tavolo alcuni scatti d’epoca con dentro la sua vita: c’è tanta Bolzano, ma anche Vienna e Parigi. Con grande dolcezza è lei che lentamente racconta la sua storia: «Sono nata il 2 settembre 1905, un’altra epoca - sorride - e ho ricevuto l’educazione ferrea del Palazzo dello Zar. Certo, ogni tanto si giocava tra bambini, ma è chiaro che eravamo figli di ufficiali quindi dovevamo imparare un certo comportamento, consono al nostro rango. I maestri erano severi, non si mangiava tanto e le feste erano poche, ma l’atmosfera era unica». Per accendere la luce sul viso di Alessandra basta accennare all’omonima zarina: «Bellissima, elegante e davvero disponibile con tutti. Impossibile scordarla. Il Palazzo, poi, era grande e signorile. Qualcuno dice che sono l’ultima della discendenza di Palazzo, ma non so se sia vero. Ricordo bene il giorno che siamo scappati: mio padre scrisse un biglietto e fuggimmo verso la Francia». Da lì in poi comincia un’altra vita e sul Palazzo russo comincia ad accumularsi la polvere del tempo: «Parigi, poi Vienna, Merano e Bolzano. Imparai le lingue per sopravvivere e oggi conosco russo, italiano, tedesco e francese perfettamente: lo dica ai giovani, saper comunicare è importante». La famiglia Moisseva è agiata, ma sono proprio le lingue che permettono alla giovane Alessandra di trovare un lavoro: «Insegnavo russo. Ancora oggi lo parlo con le inservienti mie connazionali». A Bolzano Alessandra trova un’amica più giovane che la tratta come una nonna: «Si chiama Gabriella, era la mia vicina di casa in via Rosmini. Ancora oggi è l’unica che mi viene a trovare quasi ogni giorno». Lo scrigno dei ricordi, però, si è aperto tardi: «All’inizio - spiega l’operatrice Donatella Vinci - era restia a raccontare del suo passato. Forse aveva paura perché non si sentiva protetta. Non dimentichiamoci che ha vissuto per anni da apolide. Oggi ascoltarla è magnifico. Ha anche i suoi piccoli vizi: miele e acciughe non devono mai mancare nella sua dieta e guai a toccare le sue bambole». Proprio le bambole sono un autentico reperto: stile russo, perfettamente conservato, che raccontano di un’infanzia di un secolo fa. A fianco al letto, infine, una serie di libri in cirillico. Non è mai più tornata, ma la Russia non si è mai allontanata dal suo cuore: «Quanto mi piacerebbe tornare a Palazzo, sarebbe un regalo splendido per i 105 anni». - Alan Conti

Nessun commento:

Posta un commento