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martedì 17 giugno 2014
Sabrina, 12 anni: "Vi racconto la mia doppia cultura"
Crescere con due culture può dare
una marcia in più. La prossima volta che volete convincere qualcuno di questo
prendetevi Sabrina Safi, 12 anni, e lasciare fare a lei. Nata in Italia con origini tunisine vive in splendido
equilibrio la sua dimensione occidentale e africana. Nella giornata dedicata
agli stranieri di seconda generazione è la presenza perfetta alla Festa dei
Popoli per farsi raccontare una condizione in cui bisogna fare i conti con una
doppia realtà e giudizi talvolta galeotti. Mamma Olfa Sassi la affianca
nell'intervista, ma alla fine fa tutto lei con grande semplicità. "Sono
conscia di alimentare delle curiosità, ma se vissute con equilibrio può essere
utile soddisfarle". Badare bene che la questione è bidimensionale perché
Sabrina la Tunisia la conosce sul serio recandosi periodicamente a Cartagine,
città di famiglia. "Sì, certo, in Tunisia sono molto affascinati dalla
vita occidentale, dalle possibilità di un Paese europeo. Qui, invece, molto
compagni di classe mi interrogano sulla questione del velo. Mi chiedono perché
si porta o se sia giusto considerarlo un simbolo". E tu cosa ne pensi?
"Credo che nel rispetto delle leggi chiunque possa indossare ciò che vuole
senza innescare particolari preconcetti. Dall'altra parte è giusto sempre
ricordarsi che questo è un Paese dove i diritti delle donne sono di più e più
tutelati". Sul serio i bambini badano a queste cose? "Sia alle
elementari sia adesso alle medie ho sempre avuto compagni senza pregiudizio
alcuno. Di solito sono domande pure, prive di malizia. Il più delle volte
nascono da quello che si sente in casa dalle famiglie o dalla televisione. Non
a caso mi chiedono spesso dei Tuareg, figure affascinanti del deserto che tuttavia
sono una popolazione un po' differente dalla nostra che viviamo nelle
città". Ci sarebbe, inoltre, una tradizione che Sabrina e Olfa vorrebbero
trasferire anche alle nostre latitudini. "La cerimonia del tè. È qualcosa
di molto diverso dalle nostre chiacchiere da bar perché è più intensa. Le
persone vengono a casa tua, ti conoscono più a fondo e con più tempo si
riescono a porre basi più solide alle future amicizie. In Italia siamo bravi a
rompere il ghiaccio, forse un po’ meno a coltivare i rapporti”. Tutte
riflessioni che non nascerebbero senza una conoscenza linguistica adeguata. “Ho
avuto la fortuna di imparare in casa arabo e italiano, mentre a scuola ho preso
dimestichezza con il tedesco. Se mi concede una battuta l’arabo diventa una
risorsa straordinaria quando io e mamma non vogliamo farci capire dagli altri”.
Ride e torna a giocare mentre un banchetto più in là incrociamo Galo Morales
nato in Ecuador e con due splendide bambine sudamericano-altoatesine: Giada e
Sury. “Sinceramente credo che loro abbiano delle possibilità in più. Con noi
imparano lo spagnolo, a scuola e nella società l’italiano: così piccole non
hanno problemi e sapranno scegliere gli aspetti delle due culture che più le
affascinano”. A voi cosa piacerebbe non perdessero? “Molte nostre feste e
tradizioni sono simili a quelle italiane. Paesi latini, paesi cattolici. Posso
dire che in questi mesi per noi è stato importante scegliere i padrini di
battesimo all’interno del nucleo familiare in modo che le piccole potessero
sempre avere una sicurezza qualsiasi cosa succeda”. L’identità è anche
famiglia.
Alan Conti
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