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venerdì 30 aprile 2010
Il Centro Givani è diventato adulto con i diciotto anni del Papperlapapp
Alto Adige — 29 aprile 2010 pagina 36 sezione: AGENDA
BOLZANO. Diciotto anni e sentirsi più anziani dei propri utenti, con felicità. E’ il destino del centro giovani Papperlapapp che ha celebrato ieri, con una lunga festa il traguardo dei 18 anni. E’ dall’8 aprile 1992, infatti, che la struttura di piazza Parrocchia rappresenta un centro pulsante di musica e cultura giovanile, con tanto di concerti, giochi e divertimento all’interno di luogo d’aggregazione all’avanguardia. Curiosa la scelta del nome, in italiano un autentico scioglilingua. «Quando si trovarono per discuterne - ci spiega la direttrice pedagogica del centro, Lauretta Rudat - ci fu una proposta ridicola e qualcuno rispose “Papperlapapp” che in tedesco sta all’incirca per “ma che cavolo dici?”. E si decise di chiamarlo proprio così». Mossa decisiva, per le fortune del centro, è stata la scelta di basare la propria filosofia sull’arricchimento e lo scambio dei due gruppi linguistici, innalzando il bilinguismo a valore prezioso. Se vogliamo, pure qualche passo avanti rispetto al sistema scolastico provinciale. «In partenza - continua Rudat - fu un’esigenza della parrocchia di creare un punto d’aggregazione, soprattutto per i ragazzi tedeschi. Poi arrivarono gli italiani e oggi affrontiamo pure il tema dell’immigrazione, cercando di trasmettere la diversità come occasione d’incontro e crescita. Non a caso esiste un progetto ad hoc chiamato “InterKulti” con il Vke». Negli anni sono state organizzate moltissime iniziative, sintetizzate da Lauretta: «Siamo stati protagonisti della scena musicale, con tanti concerti al giorno sui due grandi palchi della struttura. Nel 2005, però, la chiusura alle 22 anziché alle 2 ci ha tagliato le gambe e abbiamo deciso di puntare sul “Pippo”. Al Papperlapapp rimangono, però, progetti importanti legati al tema del consumo di alcol consapevole come Aha, Alternative Happy Hours, e Alkoholausstellung, ma anche corsi di ballo e musical con il progetto “Music & Scholl”, il più longevo della nostra storia. Senza dimenticare, logicamente, la funzione di aggregatore sociale per i ragazzi». La musica, ovviamente, è stata al centro delle celebrazioni di ieri fin dal pomeriggio. Dopo il vernissage della fotogallery d’epoca e lo spettacolo di breakdance, infatti, il palco è stato consegnato agli “Heldenreise & Underground” per un’esibizione carica di energia. All’ora di cena, buffet accompagnato dalle note del Surfgaragebeatpunk curato da dj Bela Lugosi e piatto forte in serata con i concerti della band strumentale Monroe’s Ex, l’ambiental rock dei Mary’s Jail e, gran finale, il psotrock del gruppo svedese Ef. Una festa molto apprezzata dai giovani frequentatori abituali del centro. In cortile incontriamo Anna Pfeichter, Emilia Breitenberg, Melissa Righi, Marie Reck, Valentina Bassani, Hanna Mayr e Silvia Rabensteiner che, assieme, ci spiegano: «Abbiamo scoperto il Papperlapapp attraverso i corsi di ballo e ci siamo affezionate. L’atmosfera e la volontà di non dividere il mondo italiano da quello tedesco ci ha convinti sempre più. Siamo felici di poter celebrare con un nostro piccolo spettacolo un compleanno importante». I 18 anni sono arrivati e con loro anche la patente di centro giovanile di qualità. © RIPRODUZIONE RISERVATA - Alan Conti
Piazza Vittoria, disco verde al garage
Alto Adige — 29 aprile 2010 pagina 14 sezione: CRONACA
BOLZANO. Ieri, i soci della cooperativa Vittoria Park riuniti in assemblea alla chiesa Tre Santi, hanno ricevuto dal Comune l’annuncio che aspettavano da 7 anni. «Il garage interrato - ha detto l’assessore ai lavori pubblici Stefano Pagani - verrà realizzato entro due anni. Abbiamo superato le resistenze dei commercianti». Per Pagani, dunque, il parcheggio si farà. «Caparbietà e cocciutaggine hanno pagato. Le resistenze del commercio fisso allo spostamento del mercato sono state appianate dal progetto di miglioramento di Corso Libertà». Quali, nel dettaglio, le modifiche? «Appianamento del marciapiedi a livello stradale, ciclabile bidirezionale, nuova illuminazione e arredo urbano. Il mercato del sabato, spostato al centro della strada, permetterà anche il passaggio dei mezzi di soccorso». Il progetto, comunque, sembra trovare l’appoggio degli ambulanti. «Inizialmente erano contrari - riprende Pagani - mentre ora capiscono che la nuova piazza può essere una marcia in più anche per loro». Una piazza, però, che sarà prima di tutto per i bolzanini, non solo per i commercianti. «S’inserirà lungo la direttiva commerciale piazza Municipio-nuova piazza del Museo Civico e piazza Vittoria. Sarà l’unica con parco interno e, perché no, l’occasione per abbattere la cancellata del Monumento». Idee chiare pure sul progetto. «I lavori dovrebbero durare due anni e l’iter proseguirà indipendentemente dall’esito delle elezioni. La Sovrintendenza ai beni culturali di Venezia, inoltre, non dovrebbe opporre resistenze, quindi le condizioni per i lavori adesso ci sono tutti. Il garage, comunque, si articolerà su tre piani: al primo Legacoop, al secondo Confcoop e al terzo i posteggi per il pubblico. La realizzazione si baserà su un accordo tra pubblico e privato, ma per eventuali tariffe il discorso è ancora prematuro». Qualcuno dalla sala, però, mostra preoccupazione per la possibile partecipazione della Seab, memore delle vicende dell’ospedale. «Ci sarà un bando - chiude Pagani - ma per ora Seab non ha mostrato alcun interesse». Andrea Grata , presidente di Confcooperative, ha ringraziato i soci «per mantenere, nonostante tutto, la domanda dal basso». Soci che, negli ultimi mesi, sono passati da 150 a 126. «Qualcuno si è stufato - interviene la presidente di Vittoria Park Lucia Fattori - ma nel complesso siamo ottimisti. Per ora pagano 50 euro l’anno, mentre la spesa finale dovrebbe essere di 25.000-30.000 euro. La situazione per i parcheggi in zona oggi è drammatica, necessario intervenire. Il mercato? Perché non spostarlo definitivamente in via Buozzi?». Della stessa opinione è il vicepresidente Antonio De Raffaele : «Spostarlo una volta per tutte sarebbe la soluzione migliore». Dario Gerola , socio della cooperativa, rimane ancora scettico: «Tra piazza Mazzini e Vittoria non si capisce quale sia il parcheggio più complesso da realizzare. Non a caso, mi sono dovuto iscrivere a entrambe le coop». Al partito degli sconsolati s’iscrivono anche Cledia Merighetti e Lea Boselli : «Sono sette anni che ci fanno impazzire sulla realizzazione del garage. Si fa fatica a credere che tutto si sia magicamente risolto». L’avvocato Giorgio Sabbatini , invece, guarda al progetto: «L’entrata su via Cesare Battisti mi lascia perplesso, ma sembra, finalmente che ci siamo. Gli ambulanti, invece, li manderei ad Oltrisarco, dove sarebbero costretti ad abbassare i prezzi». Josef Faisstnauer , infine, si mostra preoccupato per il periodo dei lavori. «Trovare parcheggio in questi due anni non sarà semplice. Già oggi è un problema perché ce ne sono pochi. Non solo, il venerdì sera bisogna scendere a mezzanotte per sperare di spostare la macchina dalla piazza in un posteggio per residenti». © RIPRODUZIONE RISERVATA - Alan Conti
giovedì 29 aprile 2010
Sette note nella borsa dello shopping
Un paio di jeans, un assolo di chitarra, un piccolo bijou e, perché no, una bella canzone infiocchettata. Potrebbe essere questa la vostra lista della spesa di sabato 8 maggio quando, in alcune delle vie più popolari della città andrà in scena, meglio sarebbe in vetrina, “Upload Musica&Shopping”. L’iniziativa, inserita nel cartellone di Waiting 4 Upload porterà nelle vetrine dei negozi alcune delle band iscritte al concorso per far sentire a tutti quanto di meglio possa offrire la musica giovanile.
Upload, infatti, non è solo un contest fine a sé stesso, ma lavora all’interno del tessuto sociale e porta le note dei ragazzi in luoghi dove di solito non arrivano mai. Benissimo i palchi dei centri giovani, ma la vetrina di un negozio di casalinghi in via Torino, per esempio, è una location decisamente insolita per una band. Se vogliamo, molto stimolante. Saranno undici gli esercizi commerciali che tra le 10 e le 12 ospiteranno altrettanti gruppi locali, disseminati tra le vie Torino, Bassano del Grappa, Milano e piazza Matteotti. Finito lo shopping, comunque, potrete appoggiare la borsa in una delle panchine della storica piazza e gustarvi il concerto proposto per l’occasione dall’Istituto Musicale “Vivaldi”. Partner dell’iniziativa, logicamente, sarà Confesercenti, unita a Upload nella volontà di far penetrare capillarmente la musica e l’attenzione della città anche nelle zone che solitamente non vengono abbagliate dalla luce dei riflettori.
A livello musicale tante le proposte sul piatto. Si va dall’acustica curata dei Moscaburro (chiamati all’autentica impresa di posizionare un’arpa mastodontica in vetrina) al reggae puro di Deckelus passando per i suoni dolci di Nebula, la grinta dei Ganstar e l’ironia di Maurizio e i suoi amici.
Alan Conti
Di seguito l’elenco completo dei negozi e delle band coinvolte:
E Nove, Via Torino, Sabry T.
La casalinga, Via Torino, Patrick & Co
Santa Fè, Via Torino, De-key/Deckelus
Blue Jeans, Piazza Matteotti, Moscaburro
Aros, Via Milano, Démis
Casa Shop, Via Bassano del grappa, Maurizio e i suoi amici
Stoffe e..., Via Milano, Brothers Records
Ruotalibera, Via Milano, Strange View
Spyro's, Via Milano, GanStar
Cento Vetrine, Via Torino, Nebula
Coconuda, Via Torino,Da definire
Upload non stona, già 119 le iscrizioni
Alto Adige — 28 aprile 2010 pagina 29 sezione: AGENDA
BOLZANO. Ogni giorno che passa aumenta il volume del loro lavoro, ma la soddisfazione è direttamente proporzionale. Parliamo dei giurati del festival Upload, chiamati quest’anno a valutare le decine di band di giovanissimi che già si sono iscritte al concorso sul sito www.upload.bz.it. Sono già 119, infatti, i gruppi in lizza per guadagnarsi un posto al sole nella finalissima di giugno ai prati del Talvera, mentre è vicina la chiusura delle iscrizioni, fissata per dopodomani. Tutti gli mp3 dei brani, comunque, rimarranno a disposizione sul web. La giuria, nel frattempo, sarà chiamata a un ideale giro d’Italia sulle note. Da Catania a Trento, passando per Roma e Torino, infatti, sono davvero tante le città rappresentate. Con, ovviamente, un nutrito drappello di altoatesini. Ospite d’eccezione al banco dei giudicanti sarà il leader dei Marlene Kuntz, Cristiano Godano, cui il Servizio giovani della Provincia ha deciso di affidare la direzione artistica del festival. Oltre a Godano, a dare i voti saranno altri personaggi di caratura locale, nazionale e internazionale. Chi incarna tutte e tre le dimensioni è senz’altro Claudio Astronio, organista bolzanino tra i migliori al mondo, presidente per il secondo anno consecutivo della giuria. In questi mesi ha curato Upload con la stessa delicatezza con cui tratterebbe uno strumento. Non si è mai limitato, quindi, al compitino burocratico, ma ha voluto contribuire in maniera determinante alla crescita della manifestazione. E’ sua, per esempio, la proposta di eliminare la sezione cover dalla competizione. «Una scelta - ci racconta - che ha spalancato le porte di Upload alla pura creatività e idea musicale dei ragazzi. Le cover, salvo rari casi, erano semplicemente riproduzioni, ora invece c’è la possibilità di scoprire talenti musicali a tutto tondo». E’ il concetto di “idea musicale”, dunque, l’aspetto che Astronio cerca maggiormente nei tanti brani iscritti. «Guardi, la tecnica è importante, ma quel che conta davvero è il segno di un concetto particolare, anche solo un abbozzo d’idea lasci supporre scenari importanti. Poi, certo, chiaro che se si è capaci di suonare bene si ha pure la possibilità di comunicare più cose, e in modo migliore». A crescere, però, non è solo il festival. «Qualche band locale, presente l’anno scorso, ha fatto notevoli passi avanti negli ultimi mesi. E’ un segnale di buona salute musicale di Upload». In generale, però, sembra delinearsi una sfida alla pari tra i giovani musicisti locali e nazionali. «Sì e direi che gli altoatesini, in linea di massima, reggono il confronto per idee e qualità. Credo, oltretutto, che per la loro crescita sia un bene potersi misurare con il resto della produzione». L’ultima riflessione è per la “sua” giuria. «Un gruppo eccellente e di assoluto livello: giornalisti, professionisti, personalità importanti che amano la musica. Anche i colleghi che arriveranno dal resto d’Italia saranno determinanti perché arricchiranno la manifestazione di indiscusse competenze ed elimineranno qualsiasi pregiudiziale territoriale, conferendo ulteriore serietà al festival». © RIPRODUZIONE RISERVATA - Alan Conti
mercoledì 28 aprile 2010
All' Epulario il con cin è in latino
Alto Adige — 27 aprile 2010 pagina 35 sezione: AGENDA
BOLZANO. Nel centro della città plurilingue non poteva mancare una citazione di quello che è il padre di tutti gli idiomi: il latino. Si chiama “Epulario” il bar di via della Rena 1 che conquista ogni giorno i lavoratori della zona, a colpi di caffè e primi piatti ricercati. Un’insegna che si sarebbe potuta trovare benissimo per le strade dell’Urbe Antica, «visto che in latino - specifica il barista Dejan Doderovic - significa “gastronomia”». La perfetta unione fra gastronomia e bancone del bar la spiega Alexandre Raguzzoni, cuoco del locale: «A parte i caffè e il servizio bar, nella nostra cucina prepariamo primi piatti particolari, qualcosa di curioso e stuzzicante dalla cucina tradizionale italiana, altoatesina e internazionale. Dalla pasta alla Norma alle pennette al salmone e la vodka, proviamo di tutto. Certo non dimentichiamo la tradizione calabrese visto che la titolare è originaria proprio di quella regione. Mi capita spesso, infatti, di cucinare le penne all’anduja, un tocco di piccante che incontra l’apprezzamento di moltissimi lavoratori. Tutto, comunque, viene fatto in casa». Nella cucina c’è spazio anche per la fantasia: «Una delle ultime creazioni sono le tagliatelle al cacao. Non sono dolci perché nell’impasto non va lo zucchero e il gusto è molto delicato. Di solito sottoponiamo le nostre novità a un gruppo ristretto di affezionati per testare il gradimento del pubblico». La titolare del locale, Gemma Martorino, che alterna con Alice Bolognese la presenza femminile alla tolda dell’Epulario, ha le idee chiare su come far emergere il locale in un settore in cui la concorrenza è altissima e dove ci si trova, letteralmente, uno di fronte o uno a fianco all’altro. «Cerchiamo sempre - ci dice Gemma Martorino - di proporre delle novità o delle cose esclusive, che abbiamo solo noi. E poi tanta attenzione alla cura del locale e soprattutto alla cura della clientela, per la quale cerchiamo di pensare a iniziative speciali, come i venerdì lunghi con l’aperitivo». Dietro all’elegante bancone di legno, intanto, si alternano i clienti fissi, in particolare lavoratori degli uffici della zona, ma non mancano i turisti, visto che il centro offre questa opportunità in ogni periodo dell’anno. Fra i lavoratori, ecco Luca Vennere, responsabile del vicino negozio “Trony”: «Vengo qui per il classico caffè, ma anche per fare due chiacchiere con i baristi. Un modo per divertirsi e staccare un poco dalla giornata lavorativa». Poco più in là, ecco Erica Filippini e Bastian Esser seduti al tavolino: «Stavamo facendo due passi in centro e abbiamo scelto questo locale per una piccola sosta. Venivamo già con la gestione precedente perché l’ambientazione è davvero curata e particolare». Già: con quel tocco latino che fa la differenza. © RIPRODUZIONE RISERVATA - Alan Conti
Con la Festa dei Fiori piazza Walther diventa una serra all'aperto
Alto Adige — 27 aprile 2010 pagina 33 sezione: AGENDA
BOLZANO. E’ primavera, fioriscono le piante e con loro, teoricamente, la città. Come ogni anno si presenta ai nastri di partenza della bella stagione la Festa dei fiori, giunta alla 122ª edizione che le consegna la palma della manifestazione attuale dalle radici più lontane. Nella conferenza stampa di presentazione, ieri nella sede della Cassa di Risparmio, un raggiante Dado Duzzi, presidente dell’Azienda di soggiorno, ha parlato di un «evento che coinvolge a 360 gradi tutta la città, impreziosita quest’anno da un’importante partnership con la provincia di Rovigo». Il mercato dei fiori, dunque, invaderà lo storico proscenio di piazza Walther, ma i petali si infileranno pure nei sacchetti di chi farà shopping e nei piatti di chi mangerà in alcuni degli esercizi che parteciperanno alla festa. I 360 gradi, comunque, per dirla obiettivamente si riducono alla porzione del centro perché nessun evento sconfinerà dalle eleganze architettoniche attorno a piazza Walther. La provincia di Rovigo presenterà le bellezze del Polesine e offrirà ai bolzanini, oltre a tanta musica, alcune prelibatezze del proprio territorio come panbiscotto, riso del Delta e insaccati. La festa sarà anche l’occasione per celebrare la Lobularia, pianta costellata di fiori bianchi insignita del riconoscimento di Pianta dell’anno 2010 dai Floricoltori locali. La manifestazione, in programma da venerdì 30 aprile a domenica 2 maggio, si articolerà in realtà nell’arco di cinque giorni. Si partirà, infatti, già domani con le iniziative dell’Unione commercio che fino a venerdì regalerà un geranio a quanti faranno un acquisto nei negozi aderenti e fino a domenica offrirà piatti e gastronomia a base di erbe e fiori in molti ristoranti del Centro (vedi articolo in basso a sinistra). E’ fissata alle 11 di venerdì, comunque, l’apertura ufficiale della manifestazione e del mercato con i concerti dei rovigotti Alma Swing, Venezze Jazz Quartett, Buzzola Jazz Quartett e della nostra Banda Mascagni che allieteranno il pubblico fino alle 18.30. Fino alle 22, poi, molti negozi rimarranno aperti per lo shopping serale. Sabato 1 maggio alle 10.30 in piazza Municipio spettacoli dell’Associazione danza antica e antropologia di Rovigo e della Banda musicale Dodiciville, alle 11.30 sfilata di moda davanti all’Hotel Città e alle 16 concerto della Banda di Bolzano in piazza Municipio. Domenica concerto della Bürgerkappelle di Gries e spettacolo del gruppo polesano Ande Cante e Bali in piazza Municipio. © RIPRODUZIONE RISERVATA - Alan Conti
Troppi furti, il Vke chiude la casa gioco
BOLZANO. Una protesta clamorosa: ieri gli operatori della Casa Gioco del Vke a Parco Mignone hanno chiuso la struttura. Nessun’iniziativa ricreativa per bambini e ragazzini del rione per dare un segnale forte contro l’ennesimo furto all’interno della casetta. Gli episodi di disagio giovanile crescono in tutta la zona: furti, piccolo spaccio e vandalismi. Prima lo spaccio, poi i furti. Non c’è pace per la zona chiusa tra Piazzetta San Vigilio e il Parco Mignone dove, ieri, ha chiuso i battenti la CasaGioco del Vke per protesta dopo l’ultimo furto avvenuto la settimana scorsa, durante la riunione del personale. Alcune settimane fa, inoltre, vittima di scasso e vandalismo è stata una struttura per la riqualificazione professionale che si affaccia proprio sulla piazzetta teatro dello spaccio. Residenti e commercianti della zona, a questo punto, alzano la voce per chiedere più controlli e non sentirsi, una volta di più, dimenticati dal resto della città. «Abbiamo chiuso per protesta e per la scomparsa della fiducia verso alcune persone», dice un’amareggiata Elena Pugno , coordinatrice del Vke. «Qualche giorno fa, durante una riunione del personale, è stata rubata una borsa di una nostra collaboratrice. Ci siamo rimasti male e abbiamo affisso un cartello in cui s’invitava a restituire perlomeno i documenti entro venerdì. Siccome nulla si è mosso, abbiamo deciso di chiudere per protesta». Una scelta condivisa dalle famiglie: «Mamme e papà hanno capito la nostra situazione e ci appoggiano. E’ un discorso di fiducia e lavorare in un ambiente dove non possiamo mettere la mano sul fuoco per tutti non è bello». Antonio Guerrato , Klaus Frötscher e Nathan Kortleitner , invece, lavorano all’interno di un centro di riqualificazione professionale affacciato sulla piazzetta. «Abbiamo subito due furti, nell’ultimo periodo. Non hanno rubato praticamente niente, ma hanno spaccato tutto. La piazzetta è dimenticata, perennemente vuota e senza uno straccio di iniziativa». Mariano Grizzanti del bar “Lyon’s” è ormai sconsolato: «Ne succedono di tutti i colori, basta guardare. Ormai non perdo nemmeno più il fiato a denunciare tutto». «I ragazzini imbrattano dappertutto con lo spray - attacca Enzo Zanotelli - e non se ne può più di questa situazione. Ci vorrebbero più controlli dei vigili». «Il problema - riprende il nonno vigile Luigi Montesin - sta nell’educazione. Quando ci si trova a punire il delinquente si è già di fronte a un fallimento perché il delinquente non bisogna crearlo. In questo senso bisognerebbe intervenire sull’economia per non spingere nessuno ad “arrotondare” in modo illecito». Nel vicino recinto per i cani, all’interno del Parco, Gianluca Goretti , Alberto Ambrosi e Angela Sclechleitner denunciano che nell’area «si trovare siringhe e preservativi usato nell’erba. Dal Comune stiamo ancora aspettando l’area cani sostitutiva di quella occupata dai Gabrielli in viale Trento. Era promessa per fine aprile, ma ancora non sappiamo nulla». Hans Franceschini , titolare dell’autoscuola “Haslach” distingue tra i giovani. «I maggiorenni che vengono qua sono tutti abbastanza tranquilli, abbassando la fascia d’età, però, aumenta la “vivacità”. Il nostro vero problema, tuttavia, è la mancanza cronica di parcheggi e lo stato di abbandono di via San Vigilio. Non siamo più una strada di transito e tutti ne risentiamo». Manfred Zöggeler , titolare del vicino bar “Peter”, chiude dividendo il quartiere. «Dalla piazzetta verso via Santa Geltrude è tutto molto tranquillo, ma dall’altra parte ci sono dei problemi. Quella zona da anni è considerata una meta dello spaccio cittadino. Le forze dell’ordine dovrebbero farsi vedere di più e il poliziotto di quartiere è per noi una figura sconosciuta». © RIPRODUZIONE RISERVATA - Alan Conti
lunedì 26 aprile 2010
Via Sassari: manca l'illuminazione pubblica
Alto Adige — 25 aprile 2010 pagina 19 sezione: CRONACA
BOLZANO. E’ la porzione di città che più si è trasformata negli anni, accendendo discussioni. Oggi, l’asse via Cagliari-via Sassari continua a dividere residenti e commercianti. Stranieri, adolescenti difficili da domare, rapporti talvolta tesi con i vigili, episodi di microcriminalità e un senso di abbandono verso le istituzioni fanno capolino nella maggior parte delle dichiarazioni di chi vive quotidianamente la “nuova” Don Bosco. Di contro si schierano gli innamorati della zona, intenti a ridimensionare un disagio fin troppo discusso. Ne esce così una nuova spaccatura che si va ad aggiungere alle tante che attraversano la vita del quartiere. «L’Amministrazione ci ha lasciato sempre soli - l’accusa lanciata da Emanuele Maglione, titolare della pizzeria “Il Portichetto” - e se non fosse per un forte spirito imprenditoriale saremmo già spariti. L’illuminazione su via Sassari, per esempio, è completamente assente da più di dieci giorni. La sera le strade sono vuote e pericolose, mentre i vigili massacrano chi si ferma un secondo per acquistare una pizza d’asporto. Così facendo tagliano le gambe al commercio e l’unica risorsa che ci rimane è puntare sulla qualità». Pietro Filippini conferma: «Per noi residenti è sempre più difficile instaurare rapporti con gli stranieri e i vandalismi come l’urina sui muri o i preservativi usati gettati in cortile sono all’ordine del giorno. Le Semirurali, purtroppo, erano tutto un altro mondo». Gianni Bevilacqua butta acqua sul fuoco: «Vero, l’illuminazione è guasta, ma io mi trovo bene». Stesso tono per Luciano Cassini, titolare del bar “Luciano”: «E’ vero, i vigili sono troppo fiscali e gli adolescenti, a volte, bisogna tenerli a bada, ma basta con l’eccessivo vittimismo». Anche Ester Picciarelli della “Latteria del Sole” ammette la «vivacità di alcuni ragazzini, ma anche la possibilità di lavorare bene con tante famiglie meridionali». Davide Galvan, titolare di “Kiklos”, invece, è più drastico: «Personalmente non verrei mai ad abitare qui perché non mi sentirei sicuro. I furtarelli di biciclette sono molto frequenti e una volta ci sono entrati in negozio i ladri. Di notte non camminerei tranquillo per le strade, specie al cospetto di certi gruppi di adolescenti che girano da queste parti. Commercialmente, infine, è evidente che qui non possiamo pretendere di rivolgerci a un potere d’acquisto complessivo come quello di Gries». La storia di Mahdi Abdulhakeem è, per certi versi, simbolo di un quartiere che cambia: «Arrivo dall’Iraq e da quattro mesi gestisco con mia moglie il negozio di ortofrutta “Nuna”. Non è facile inserirsi in una realtà come quella di Bolzano, bilingue, e Don Bosco, a forte matrice italiana con una consistente quota di stranieri. Mi sembra, tuttavia, che lavorando con onestà si possa guadagnare la fiducia di chi vive queste strade da anni e il senso di solidarietà della periferia è forte». La conferma arriva dalla cliente Anna Volpe: «A volte si dipinge questa zona come il Bronx, dove italiani e stranieri vengono ai ferri corti. Non è sempre così ed è necessario rispettare chi viene qui per lavorare e darsi da fare per il bene della comunità». Mirko Cardia, invece, arriva dalla Sardegna e da qualche anno abita in via Cagliari. «Il mio cruccio sono i continui furti di biciclette. A me hanno portato via quella elettrica poco tempo fa. Per il resto direi che si vive piuttosto bene». Benvenuto Castagna è il nonno vigile all’incrocio via Bari-via Cagliari. «Il traffico è sempre un problema, soprattutto nei giorni di brutto tempo. Bisogna ammettere, però, che negli ultimi anni ho visto più educazione nei bolzanini al volante. Gli adolescenti? Sono agitati, certo, ma raramente superano il confine della maleducazione: bisogna saperli prendere. Mi conforta, invece, vedere come il livello d’integrazione tra le giovani generazioni sia superiore a quello di noi adulti». © RIPRODUZIONE RISERVATA - Alan Conti
Dopo la denuncia dietrofront dei vicini: "Ora va molto meglio"
Al condominio “Cristall Residence”, da dove è partita la segnalazione di vandalismo e il dossier recapitato alla dirigente del “Pascoli” in marzo, nessuno intende esporsi. «Mai avuto problemi, al di là dei mozziconi e di qualche sputo - ci fanno sapere da un ufficio privato - pare assurdo esasperare una situazione che rientra nella più completa normalità di una scuola. Da quando sono stati montati i posacenere a sabbiera, però, la situazione è tornata accettabile». Una mamma ci confida: «In realtà è solo un residente che ha alzato il polverone, gli altri non hanno problemi». (a.c.)
Il Pascoli: non siamo vandali
Alto Adige — 23 aprile 2010 pagina 14 sezione: CRONACA
BOLZANO. «Siamo offesi, stupiti e nauseati da una situazione che si trascina già da troppo tempo». Dirigente, professori e studenti del liceo «Pascoli» non ci stanno a passare in meno di tre mesi da «risorsa per il quartiere» a «manipolo di vandali e maleducati». Dopo l’episodio che martedì ha coinvolto la polizia municipale, allertata dai residenti del condominio di fronte alla scuola per presunti imbrattamenti, adesso spunta un dossier della discordia. E’ la stessa dirigente Laura Canal a mostrarcelo. «Il 30 marzo Thomas Zucchiati, amministratore del “Cristall Residence” in via Deledda 9, esattamente davanti al nostro istituto, ci invia una missiva che ci ha offeso e lasciato sbigottiti». Nella lettera, infatti, viene riportato il malcontento di alcuni residenti per la «scia di sporcizia e rumore» lasciata dai ragazzi all’inizio e alla fine delle lezioni. Non solo, si prospetta addirittura la possibilità di innalzare un muro divisorio che impedisca agli studenti di sedersi sul muretto, di proprietà privata, davanti al condominio. Il tutto corredato da alcune istantanee che riprendono cinque giovani che parlano e fumano sul muretto e, sullo sfondo, lo sciamare delle classi fuori dall’istituto. Per la verità nulla di particolarmente illecito «al di là - risponde Canal stizzita - di alcune auto parcheggiate dove non dovrebbero stare». Un documento, comunque, che ha innescato la tensione tra “vicini di casa”. «Per questo ho invitato subito i residenti per una “riunione condominiale” nel mio ufficio. Cercavo di rasserenare gli animi, ma qualcuno si è persino permesso di alzare la voce». Martedì la goccia che ha fatto traboccare il vaso con la chiamata ai vigil. Quali sono, però, i motivi degli screzi nelle ultime settimane? «Prima si lamentavano dei mozziconi - risponde la dirigente - così ho fatto installare delle sabbiere vicino ai portoni. Adesso gli stessi posacenere non vanno bene perché dicono che invito i ragazzi ad andare a fumare proprio sotto i loro balconi. Non accettano, inoltre, il vociare e le bici in disordine nella nostra zona privata, dove peraltro parcheggiano pure le loro auto senza autorizzazione. Senza contare le accuse d’imbrattamenti mai corroborate da prove. L’altro giorno, infine, abbiamo sfiorato il ridicolo: persino i vigili si sono messi a ridere, costernati». Tornano sulla vicenda pure i ragazzi accusati di sporcare e scrivere sui muri durante la colorazione di alcuni bidoni-percussione da utilizzare al Festival Studentesco. «Siamo rimasti allibiti - spiega David Pernter - perché avevamo steso i giornali per terra ed io stesso stavo spazzando dei residui di plastica. Si sta esagerando». Stesso tono per il responsabile interno del Festival Omar Laaraiche: «Sapevamo già della situazione quindi siamo stati ben attenti a non fare rumore. La dirigente, per di più, era venuta a controllare che tutto fosse in ordine. Certo, se il limite di sopportazione è il sibilo di uno spray siamo messi male». «Ci sentiamo offese perché mai ci sogneremmo di metterci a scrivere sui muri», dicono in coro Giulia Ravelli e Hafi Ferdaous. «Persino i vigili - ammettono Yuri Trentini e Samuel Storari - ci hanno detto di andare avanti». Durante la pausa di ieri i ragazzi hanno voluto mostrare al resto dell’istituto l’esibizione incriminata: un brano per percussioni studiato dal professor Michele Vurchio, ex batterista dei “Camaleonti”. «Un pezzo - spiega - che ha anche una sua precisa valenza didattica. I ragazzi non erano lì a pitturare per passare il tempo, ma stavano svolgendo un’attività formativa». Ieri sono circolate per la scuola le fotocopie dell’articolo pubblicato sull’Alto Adige, scatenando il disappunto. «Spiace - conclude la dirigente - perché a noi piacerebbe poter lavorare con il quartiere e offrire le nostre potenzialità alla crescita di Firmian. A queste condizioni, però, non ci stiamo». © RIPRODUZIONE RISERVATA - Alan Conti
Workshop a Merano con varini, spalla di Vasco Rossi e della Pausini
Alto Adige — 23 aprile 2010 pagina 40 sezione: ALTRE
MERANO. Per sfondare, a volte, bisogna avere le conoscenze giuste. Quello che sembra un refrain abusato e talvolta tristemente reale si può riadattare in positivo dentro un progetto importante del cartellone di “Waiting 4 Upload”. Le conoscenze giuste, infatti, non necessariamente sono persone che ti danno la classica spintarella più o meno lecita, ma possono essere scovate nell’esperienza di professionisti in grado di indicare la strada migliore da percorrere per cercare di farsi notare. Uno di questi è senza dubbio Massimo Varini, uno dei più importanti produttori e chitarristi della scena musicale italiana, capace di lavorare con artisti del calibro di Vasco Rossi, Laura Pausini e Adriano Celentano. Per rimanere sulla stretta attualità, per esempio, è lui ad aver firmato il brano “Quando parlano di te” del nuovo album del vincitore di Sanremo Valerio Scanu. Per rimanere in ambito di Upload, invece, ha portato in finale nella scorsa edizione i 16Bis con la pregevole”Guardo la luna”. L’appuntamento con Varini, originario di Reggio Emilia, si articolerà sul doppio binario del workshop prima e concerto poi e si terrà venerdì 30 aprile al centro giovanile Strike Up di Merano. L’artista non è nuovo a questo tipo di incontri e la didattica giovanile rientra costantemente nel suo lavoro quotidiano in ogni angolo del Belpaese. Tra le collaborazioni con i grandi artisti, Varini annovera lavori pure con Eros Ramazzotti, Biagio Antonacci e Andrea Bocelli. Nel 2008 suona i brani “Non vivo senza te” e”Adesso che tocca a me” nel disco di Vasco Rossi “Il mondo che vorrei”. Agli inizi del 2008 il nome di Varini compare su oltre quaranta milioni di dischi. Il popolo del web, inoltre, conosce molto bene Varini per la sua video-didattica, principalmente dedicata all’uso della chitarra e le tecniche per suonare in diversi stili. Un’attività che lo porta a scrivere numerosi manuali e a collaborare con svariate riviste del settore. Diverse, infine, le sue produzioni da solista: l’ultima è stata pubblicata il 24 aprile 2009 con il titolo “My sides”, dove presenta un progetto discografico totalmente acustico con 16 brani e un dvd contenente 4 videoclip, 2 live e diverse riprese di studio session. Per partecipare al workshop è necessario prenotarsi entro il 24 aprile telefonando allo 0473-211377. - Alan Conti
domenica 25 aprile 2010
Nel sospiro sospeso del Festival Studentesco spunta Upload
C’è un sospiro, sospeso, in cui fa capolino lo spirito del Festival Studentesco. Sul palco sono sgranate via come un rosario gran parte delle posizioni della classifica d’istituto e ne rimangono solo due. Significa che una buona porzione di Palasport rimane lì, impietrita, davanti a un bivio che da una parte conduce alla gioia cristallina della coppa, dall’altra a un pugno nello stomaco, specchiato e riflesso negli occhi del tuo vicino che con buona probabilità è pure tuo compagno. Va così da quaranta edizioni e anche sabato sera il clichè di pathos si è ripetuto. Sospesi i grandi avversari del Carducci e del Torricelli: il bivio ha premiato i secondi, forse giusto così.
Si è inserito in questa cornice, in punta di piedi, il nostro Upload. Nerella, la mascotte del contest, salutava dalle sedie della platea e dalle magliette di qualche ragazzo. E’ un abbraccio ideale, infatti, quello che lega i due Festival: il primo conduce fino alla Maturità, il secondo prende per mano dalla patente fino all’età adulta. Due educatori musicali, prima che manifestazioni importanti, per i ragazzi della conca alpina. Un sodalizio che ha mosso i suoi primi passi l’anno passato con l’esibizione dei carducciani The Drama, vincitori della categoria gruppi musicali al Festival Studentesco, alla finale di Upload sui Prati del Talvera. Quest’anno si replicherà con la band del Torricelli, ma la collaborazione muove altri importanti passi. E’ sul nostro profilo di Facebook, infatti, che gli studenti possono trovare gli splendidi scatti delle loro esibizioni sul palco dell’Artist Club ed è sul palco dell’Artist Club che sono stati ospitati i Moscaburro, autentica band rivelazione di Upload ’09 con il loro ossimoro della mastodontica arpa e leggerezza dell’acustica. Lo ha detto chiaramente pure il presentatore e anima del Festival Max Berloffa: "In molti, una volta usciti dalle scuole superiori, ci chiedevano di aprire una categoria apposita per gli ex-partecipanti. Questo, purtroppo, non è possibile, ma Upload è arrivato a colmare un vuoto che era avvertito da tutti. Da questo punto di vista la nostra collaborazione è molto importante e soddisfacente".
Un simbolo di tutto questo è Arianna Merlino, cantante dei Moscaburro che fino a pochi anni fa calcava con successo proprio la scena del Festival Studentesco. E’ una linea dei numeri immaginaria, dunque, quella che unisce la festa delle scuole ad aprile con quella dei giovani a giugno: lentamente si cammina con l’età e si incontrano le varie stazioni.
E’ stato anche un Festival, quello del quarantennale, che ha aperto in modo drastico le porte all’altra metà del nostro mondo: le scuole tedesche. Consolidato lo “Switch”, un’esibizione di studenti tedeschi a favore degli omologhi istituti italiani, nel 2010 si registra la prima partecipazione “tout court” di un liceo tedesco. Il classico “Walther con der Vogelweide”, infatti, ha soffiato una brezza di novità e centrato un ottavo posto di tutto rispetto per un debutto infiocchettato. Non può che sorridere Upload che, dalla sua sponda, del multilinguismo ha fatto una bandiera e dell’internazionalità una sfida. Non è solo alla cattedra che si può insegnare ai ragazzi la convivenza, ma si può ottenere lo stesso risultato infilandosi in quello che amano: la musica e il Festival.
Il segreto di questa manifestazione che si ripropone da decenni, infatti, è proprio l’amore degli studenti. E’ lui che porta a tifare come in curva allo stadio, è lui che per mesi spinge a realizzare coreografie mozzafiato, brani accurati, recitazioni professionali, balli delicati, quadri emozionanti e corse sfrenate, è lui che ti smuove la rabbia quando vedi una classifica che non rispecchia le tue aspettative, è lui che ti prende per mano e ti lascia lì, solo, fino al sospiro in cui sei sospeso. Da quel punto un battito di cuore ti dice secondo, quello dopo ti dice primo. E’ un fremito che rimane per sempre, anche per chi ha messo alcune primavere tra quel pugno nello stomaco e la coccola gioiosa della coppa. Anzi, la Coppa. Assicurato.
Alan Conti
giovedì 22 aprile 2010
A Druso 2 si vive bene, ma quanto traffico...
Tutto bene fino a quando non si mette piede per strada. Sembra essere questo il pensiero dominante dei residenti nella zona di espansione che costeggia viale Druso, dalla “ex Gasser” alla “Druso 2”. Un rione tranquillo, che paga dazio all’affaccio lungo una delle arterie madri della città: quella viale Druso che per molti viene sottovalutata dall’Amministrazione.
A introdurci nella realtà di questo manipolo di strade e condomini ci pensa Luca Sticcotti. “Partendo dal presupposto che la zona è tranquilla e i servizi essenziali in genere non mancano, bisogna ammettere alcune criticità. La viabilità prima di tutto. Sono anni, per esempio, che attendiamo una ciclabile sul viale anche in direzione Ponte Druso da appaiare al tratto che già esiste verso il Bivio. Non solo, per le bici via Sorrento è un autentico terno al lotto e la rotonda con viale Europa veramente pericolosa. Il tutto a due passi da diverse scuole. Per non parlare della raggiungibilità dell’ospedale, dove la sbarra di via della Vigna continua a essere un ostacolo fastidioso”. Sticcotti getta lo sguardo anche sui trasporti: “Si parla di tram, ma nel progetto transita senza arrecare benefici a questo rione. Prima delle grandi opere, comunque, sistemerei la fermata di fronte a “Lageder” che è l’unica senza pensilina. Ultima annotazione: ci vorrebbero un minimo di controlli della Municipale". Marco Randi punta il dito su via Positano: "Bisogna ripristinare il senso unico, altrimenti le macchine arrivano troppo veloci da via Capri. Per il resto ottima zona". Gabriel Bacher offre un punto di vista più giovane: “Siamo tanti ragazzi e ci si trova alla sera. Mi sembra un bel posto dove vivere”. Gianfranca Bonafè concorda: “Rispetto ad altre zone della città possiamo essere più che soddisfatti e le linee del bus sono comode”. Eva Gostner chiede una farmacia “più vicina di quella di via del Ronco. Per i bambini, invece, si tratta del luogo ideale”. Soddisfatta pure Gigliola Morsanuto: “L’unico piccolo neo è il traffico su viale Druso”. Manuela Bonagura, invece, introduce il tema dei cani: “Troppi padroni lasciano gli escrementi per terra e nemmeno partono da casa con il materiale per raccoglierli. E’ un peccato perché poi mettono in difficoltà anche chi è educato. L’area cani all’incrocio via Druso-via Sorrento, poi, è incomprensibile”. Concetto ripreso da Petra Gallmetzer: “Quel recinto è assurdo e non adatto ai cani, oltre che pericoloso. Io non vado mai con la mia boxer”. Michele Bonadio accusa gli architetti “che hanno progettato case inadatte allo scolo della pioggia e che gocciolano dal tetto. Sarebbe ora, inoltre, che facessero la ciclabile su viale Druso”. Daniele Gardelli, infine, guarda alla mobilità del futuro: “Se davvero si pensa alla zona artigianale come nuova espansione, allora la situazione diventa critica. Viale Druso non è pronta, bisogna trovare delle soluzioni. Non capisco, oltretutto, per quale motivo sia vietata la svolta da via Palermo in via Roen: forse si vuole fare cassa”.
Una zona “difficile” dal punto di vista commerciale, ma in grado di offrire delle soddisfazioni. Per i commercianti di viale Druso tra via Positano e via Mendola non è facile rimanere competitivi, ma ci sono margini di manovra. “Si lavora bene, a patto di rivolgersi anche a chi non abita qui e arriva apposta per noi – dichiara Lorenzo Boscaro, titolare del negozio di biciclette “Nrg Bike”- altrimenti non sarebbe facile, data la posizione. Per il momento, comunque, siamo più che soddisfatti”. Analisi simile quella di Fabrizio Vadori, titolare del bar “Aladino”. “E’ evidente che la nostra posizione non può essere equiparata a quella di un locale di quartiere in via Bari o via Torino. Per sopravvivere bisogna ampliare l’offerta e farsi conoscere da tutta la città, passando pure per la pubblicità. All’inizio, cinque anni fa, abbiamo stretto i denti, poi le cose hanno cominciato a girare. Oggi lavoriamo abbastanza bene anche con i residenti, ma bisogna sempre essere svegli e scattanti per mantenere il volume d’affari”. Chi invece gode di una congiuntura favorevole è il discount “Ld”, da anni in viale Druso. “In questa zona – racconta la responsabile Monica Mura – le vendite sono sempre andate bene. Con l’avvento delle nuove case, ovviamente, abbiamo aumentato la clientela, che si è aggiunta a quella che già veniva da altri rioni. Non solo, la flessione del potere d’acquisto ha portato molti consumatori a rivolgersi ai discount e questo ci avvantaggia ulteriormente”. In mezzo al traffico, qualcuno sorride.
Bar Resia, cuore tedesco di Don Bosco
Si chiamano Weissensteiner e sono entrati da più di trent’anni nel cuore del cuore italiano della città: via Resia. Era il 1977, infatti, quando Siegfried Weissensteiner decide di lasciare la sua val d’Ega per dirigersi con moglie e prole nel centro di Don Bosco e aprire il bar Resia. Sopra il locale trova un appartamento pronto ad accogliere la famiglia: anni difficili. “All’inizio – racconta la moglie Hedwig Lantschner – non è stato semplice calarsi in questa realtà perché si tratta di un’atmosfera ben diversa dai nostri paesi. Oggi, però, siamo contenti di questa scelta”. Nel ’77 tre biondissime creature giocavano tra i tavoli del bar, oggi due di loro ai tavoli portano il caffè. Heidi e Nadia, infatti, seguono la tradizione familiare e affiancano mamma e zia Maria nel lavoro quotidiano. Dietro il bancone, insomma, si respira aria di casa: “Se si va d’accordo la conduzione familiare è l’ideale – spiegano Heidi e Nadia – anche perché permette migliore elasticità e più stabilità”. E’ proprio questo uno dei segreti della longevità della gestione Weissensteiner in un mondo dove i bar hanno le porte scorrevoli: si apre e si chiude in un batter di ciglia. “Certo, dovessimo fare i conti con più dipendenti sarebbe dura. Bisogna, però, sapersi rinnovare perché il concetto di bar è cambiato in questi anni: prima imperavano le carte da gioco, le chiacchiere, i bicchieri di vino, l’età più avanzata, oggi il futuro sono gli aperitivi, le verande dove poter fumare, il pranzo con un buon primo piatto. Anche per questo abbiamo rimodernato tutto una decina di anni fa e la situazione è di molto migliorata”. Nel loro campo, comunque, sono delle autentiche “maestre”. “Baristi non ci si può improvvisare e in molti, in tempo di licenze libere, ci sbattono il muso. Negli ultimi anni, per esempio, abbiamo deciso di puntare molto sui dolci fatti in casa e la cura della cucina: creano un’atmosfera familiare e rappresentano il futuro”.
Per molti Don Bosco è un quartiere che sta invecchiando, non per chi lo osserva quotidianamente dal bancone. “Leggo anch'io – interviene Hedwig – ma francamente in passato vedevo molti meno giovani tra i clienti”. Il bar Resia, insomma, vanta affezionati clienti del rione, del quartiere, ma anche, sembra incredibile, da Trento e da Mestre. “Vicino abbiamo la Telecom – spiega Heidi – e quando vengono a lavorare qui da altre città ci telefonavano per farci preparare, per esempio, lo strudel”. La conferma arriva da Paolo Boseggia mentre sorseggia il caffè al bancone: “Sono di Trento e quando vengo da voi il bar Resia è tappa fissa, anche più volte al giorno”. Nel tavolo in veranda, intanto, troviamo tre clienti abbonati: Angela Allegro, Rosa Gschler e Arnaldo Boni. “Veniamo qua da sempre per un caffè e qualche parola tra amici. I Weissensteiner? Fantastici, per noi sono parte della famiglia. Abbiamo visto le piccole crescere intorno a questi tavoli e oggi hanno sempre una parola buona per noi. In qualche modo anche loro ci vedono con affetto. Non è facile trovare una simile accoglienza in una città dove i bar sono diventati troppi”.
Mignone, il bilinguismo nel cortile
Alto Adige — 20 aprile 2010 pagina 15 sezione: CRONACA
BOLZANO. E’ il nuovo polmone giovane del quartiere di Oltrisarco e non appena se ne varcano i confini, tra bambini e giovani coppie, si ha l’impressione di trovarsi nella zona d’espansione che meglio si slancia verso il futuro della città. Parliamo del “Mignone-Rosenbach” - di cui è vicepresidente di cirscoscrizione Giovanni Barborini - dove sono confluiti i condomini delle cooperative, italiane e tedesche, ad Oltrisarco. Una specie di laboratorio, rione ecologico, costruito secondo i parametri di Casa clima, ma anche laboratorio del “bilinguismo da cortile”. Eh sì, perché qui, bimbi italiani e tedeschi vengono su insieme, alternando le lingue, come la cosa più naturale del mondo. «Questa - dicono soddisfatti i residenti - è la miglior “scuola” del mondo per imparare come si deve la seconda lingua». Un rione, dunque, a misura di famiglia, anche se le mancanze, in particolare legate alle difficoltà del quartiere, si fanno sentire. Poco a che vedere, comunque, con le difficoltà registrate nei nuovi agglomerati di Firmian e Casanova. Josef Daum è il primo a stappare la bottiglia delle positività: «Mi sembra un rione perfetto. Belle case, ambiente tranquillo e anche una buona convivenza tra famiglie italiane e tedesche». Ulrike Keifl guarda ai collegamenti con le altre zone della città: «Il Centro è raggiungibile in bici in dieci minuti e, nel complesso, siamo soddisfatti. Passare per viale Trento dopo una certa ora, però, non è proprio piacevole e - conclude la donna - non ci sente così sicuri». Rita Markart, invece, pensa ai bambini: «Per loro ci sono cortili abbastanza grandi, con la possibilità di fare amicizia tra italiani e tedeschi ed esercitare la lingua in modo ottimale. Una fortuna che non capita in tutte le zone della città, anzi, è molto rara. Il Parco del Mignone, però, è decisamente troppo piccolo per contenere tutto il quartiere, sarebbe meglio pensare a qualcosa di alternativo». Per la verità proprio vicino all’asilo nido “Quadrifoglio” dovrebbe sorgere, a breve, una nuova zona verde. «Spero finiscano in fretta - le parole di Judith Tratter - perché per i bambini sopra i dieci anni effettivamente mancano spazi». Günther Schenk racconta, invece, la comodità dei nuovi appartamenti. «Essendo “Casaclima A” non solo abbiamo il piacere di inquinare poco, ma anche dei vantaggi pratici ed economici. In tutto l’inverno, per esempio, sono bastati due soli termosifoni per scaldare tutta la casa: il risparmio è consistente e lo si può toccare con mano. La zona, invece, è da anni che chiede un passaggio verso via San Vigilio. Ne parlavano tutti, ma alla fine sono solo state vuote promesse elettorali, chissà che - conclude Schenk - con la nuova giunta comunale non cambi qualcosa». Vasco Bruscagin porta il cane a passeggiare. «Per me in questa zona si vive molto bene e in completa tranquillità. L’unico fastidio è il modo con cui ci hanno “scippato” l’area cani di viale Trento: si poteva pensare un poco di più ai residenti e comportarsi in modo corretto». Deborah Lovato, intanto, sottolinea l’importanza del “bilinguismo da cortile”: «Questo rione facilita l’apprendimento delle lingue nei bambini. Mia figlia incontra spesso amici tedeschi in cortile o al parco: tra di loro la comunicazione è naturale e senza troppe difficoltà s’intendono al volo. Essere in mezzo alle famiglie giovani, infine, facilita i rapporti pure tra gli adulti». Cristina Tommasi, con la piccola Giulia in braccio, torna sul tema del parco Mignone: «Dovrebbero cercare di sfruttarlo di più. Spettacoli, iniziative e feste per i bambini sarebbero l’ideale. Non si può pensare - conclude - che sia sempre e solo il Vke a pensarci». Rosa Zanella azzarda un paragone importante. «Rispetto a via Maso della Pieve, dove vivevo prima, qui mi sembra di essere in un residence in villeggiatura. L’unico neo è il cantiere della caserma che doveva terminare due anni fa e invece è ancora qui». Lucia Battaglia, infine, allarga lo sguardo a tutto il quartiere. «Il ricambio generazionale della zona di via Claudia Augusta e Aslago è difficoltoso e non sempre si va incontro a miglioramenti. Intorno al parco Mignone, poi, è bene non passare oltre una certa ora. Il brutto è che tutto questo si riflette anche sulla quotazione di appartamenti come i nostri, dove tutto è tranquillo e i problemi sono lontani. Per questo motivo preferivo San Giacomo, dove abitavo prima». (a.c.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
I giocatori dell'Inter regalano la maglia a Mattia: non mollare
Alto Adige — 20 aprile 2010 pagina 18 sezione: CRONACA
BOLZANO. Per il compleanno di Mattia il regalo arriva direttamente da Appiano Gentile. Ha compiuto ieri 27 anni Mattia Fiori, il ragazzo che dal marzo 2007 versa in stato di coma dopo una crisi innescata dalla reazione ad un antibiotico. Per lui nel Centro Lungodegenti di Firmian è arrivato un pacchetto speciale: la maglietta del capitano dell’Inter Javier Zanetti con tutte le firme della rosa nerazzurra e l’incitamento “Forza Mattia”. Un gioiello per ogni tifoso, procurato dalla generosità di una volontaria che tutti i giorni aiuta i genitori di Mattia e che è riuscita a mettersi in contatto con il bolzanino Paolo Orlandoni, terzo portiere nerazzurro. Emozionati papà Renato e mamma Dilva, presenti come ogni giorno da tre anni sull’uscio della stanza del ragazzo nel Centro di Firmian. «Non lo sapevo, è una grande gioia perché Mattia era un tifoso appassionato dell’Inter e non passava domenica senza andare al bar a vedere la sua amata squadra». Una storia particolare porta Mattia verso i colori nerazzurri. «Il papà è juventino, ma la sorella Francesca che abita a Modena è da sempre tifosissima dell’Inter, così Mattia ha scelto il club dei Moratti. Per anni ha dovuto subire gli sfottò di juventini e milanisti e, proprio dopo l’incidente, l’Inter ha cominciato a mettere in fila scudetti e coppe». La maglietta è la numero 4, quella del capitano Zanetti, l’ironman della squadra. «Uno dei suoi idoli - riprende Dilva - assieme a Ibrahimovic e Vieri. Lo so, oggi non sono più nerazzurri, ma allora erano delle bandiere. Nutriva autentica stima, comunque, anche per i simboli amati universalmente al di là delle bandiere come Buffon. Non dimentico, inoltre, i suoi occhi nella notte dei Mondiali: due stelle di gioia accese nel delirio tricolore». I tanti nomi nuovi di una rosa che cambia a ogni sospiro sono tutti riportati sulla maglietta: i giocatori hanno voluto partecipare con entusiasmo all’iniziativa e mandare i personali auguri a Mattia. Si alimenta così una passione, quella per l’Inter, che si respira pure nella stanza di Mattia, tappezzata di poster e magliette che raccontano gli ultimi trionfi del club di Corso Vittorio Emanuele. Lo sport da sempre accompagna Mattia, anche oggi: «La sorella, ogni volta che l’Inter centra una vittoria importante, mi manda dei messaggi perché glieli riferisca. Ogni giorno, inoltre, compro i giornali sportivi e glieli leggo: abbiamo il cassetto pieno». Oggi è il suo terzo compleanno dopo l’incidente, ma le visite, ultimamente, si sono un poco diradate: «E’ normale - ammette Dilva - che i ragazzi, anche per autodifesa dal dolore, non vengano più così spesso. So, però, che nel cuore portano l’amicizia di Mattia e ci sono, poi, due amiche che ogni sabato vengono regolarmente». Il pallone non è l’unico sport amato da Mattia: «Il suo sogno era di vedere Valentino Rossi in sella alla Ducati». Chissà che la prossima stagione non possa arrivare un altro regalo, stavolta da Borgo Panigale. © RIPRODUZIONE RISERVATA - Alan Conti
lunedì 19 aprile 2010
Don Paul Renner ricorda Elsabeth Peer: "Adesso l'importante è restare uniti"
Alto Adige — 17 aprile 2010 pagina 05 sezione: ALTRE
BOLZANO. Proprio nel giorno dell’estremo, commovente saluto alla giovane venostana, l’auditorium si è trasformato in luogo di raccoglimento e cordoglio. La scuola “Claudiana” ha voluto ricordare così la sua alunna Elisabeth Peer, strappata alla vita dalla frana abbattutasi sul treno maledetto di lunedì mattina. Il suo ultimo viaggio Elisabeth lo stava facendo proprio in direzione della scuola infermieristica di Bolzano, attesa dalla lezione di “Religioni e Culture extraeuropee” tenuta da Don Paolo Renner che ieri ha officiato la commemorazione. Un’ottantina tra insegnanti, compagni e impiegati della Claudiana hanno gremito la sala e ricordato insieme la giovane che si spese anche per le vittime dell’Abruzzo. Una messa particolare, dal silenzio toccante e il dolore evidente, tenuta all’interno di una di quelle stanze che sicuramente vide Elisabeth sorridere con le proprie amiche. Durante la cerimonia Don Paolo Renner ha unito tutti i presenti in un comunitario abbraccio nella recita del “Padre Nostro”. «Non sempre - ha detto - è facile accettare le volontà del Signore, ma tenendoci per mano possiamo sentirci tutti più uniti e mandare un ricordo a Elisabeth». Tra le letture fatte dalle compagne di “Lisi” anche un passo del libro “il Profeta” del libanese Khalil Gibran, dove si analizzano la vita e la morte come due facce di un’unica entità. Una commemorazione celebrata a poche ore dal funerale della ragazza, tenutosi nella natia Tarces: un modo per stringersi ancora una volta nel ricordo. I ragazzi sono visibilmente scossi, qualcuno si lascia andare a un pianto liberatorio, consolato dagli amici: scene difficili da accettare, in particolare all’interno di un luogo dove si guarda al futuro con speranza. In questa realtà Don Renner si è calato, a metà tra il docente e l’uomo spirituale. «Non è facile per ragazzi abituati caratterialmente a spendersi per gli altri in difficoltà trovarsi catapultati in un dramma simile. Le circostanze in cui è avvenuto, oltretutto, mettono evidentemente a soqquadro i sentimenti dei giovani». Una morte che ha colpito pure il parroco: «Elisabeth doveva venire alla mia lezione lunedì mattina. In aula c’erano altre amiche che avevano preso il treno precedente, ma non ci siamo preoccupati, ovviamente, per il suo ritardo che si è poi rivelato fatale». Come si aiutano i giovani a superare la tragedia? «Oggi - conclude Don Renner - ho tenuto una lezione sulla morte nelle varie culture. Da una parte ci sono i discorsi generali, dall’altra il supporto di chi chiede aiuto singolarmente. Non è facile, ma in questi casi non servono tante parole, solo la contestualizzazione di un evento, la morte, che sfugge dalle nostre teste perché marginalizzato con paura dalla società. I ragazzi, comunque, hanno forti capacità di reazione e pur portando per sempre questa ragazza nel cuore riusciranno a trovare la forza per rialzarsi». Intanto ieri pomeriggio, a Tarces frazione di Malles, si è svolto il funerale di Elisabeth Peer. Nel piccolo paese sono accorsi da tutta l’Alta Venosta in segno di cordoglio alla famiglia della giovane. Dopo la celebrazione della Messa da parte del decano don Stefan Hainz, il corteo funebre cui hanno partecipato l’assessore provinciale Richard Theiner, il consigliere provinciale Noggler, la giunta comunale di Malles al completo ed oltre un migliaio di persone che si sono strette attorno ai familiari di Elisabeth distrutti dal dolore. E lo stesso abbraccio è previsto oggi pomeriggio - alle 14 - ad Agumes di Prato allo Stelvio per l’addio a Micaela Zöschg. © RIPRODUZIONE RISERVATA - Alan Conti
Incentivi statali, confusione nei negozi per ottenere lo sconto
Alto Adige — 16 aprile 2010 pagina 24 sezione: CRONACA
BOLZANO. Sono iniziati ieri gli incentivi statali, ma l’intasamento che ci si poteva aspettare nei reparti di elettrodomestici si trasferisce sulle linee telefoniche. Nessuna ressa, quindi, nei settori cucina di “Euronics” e “Trony”. In molti, infatti, avevano già scelto il modello nei giorni precedenti e attendevano solamente il via libera dal Ministero. «L’organizzazione - dichiara il responsabile di “Euronics” in Corso Libertà Fabrizio Fogado - è complessa e macchinosa. Lo sconto sui prodotti viene fatto direttamente alla cassa, ma prima deve essere autorizzato dal Ministero attraverso un codice. La detrazione del 20% è accessibile fino a un monte totale di 50 milioni per tutto il Paese. Non solo, una volta ottenuto il nullaosta statale dobbiamo copiare un codice, compilare delle carte e andare in posta per il rimborso al negozio, il tutto dopo l’operazione di registrazione avvenuta nei giorni scorsi. Risultato? Una grande confusione e in tutta la mattinata siamo riusciti ad autorizzare appena cinque vendite con l’incentivo». Lo sconto del 20%, comunque, è valido per le lavastoviglie fino a un massimo di 130 euro, forni elettrici e piani cottura fino a 80 euro, cucine a gas fino a 100 euro e cappe climatizzate fino a 500 euro. «Senza dimenticare - precisa il responsabile di “Trony” Luca Vennere - la dichiarazione di smaltimento del vecchio modello che va presentata. Le linee verso il Ministero, comunque, sono intasate e ottenere la linea è un’impresa al limite dell’impossibile». Gianna Bisca, impiegata all’interno del negozio di via Grappoli, conferma: «Ci proviamo, ma è difficilissimo, pur tenendo conto che il giovedì, solitamente, è una giornata tranquilla. Per la maggiore, comunque, vanno le lavastoviglie, anche perché di solito si tratta dell’ultimo elettrodomestico che una famiglia si compra». I commessi Massimo Bazzanella e Daniela Conte, intanto, scuotono la testa: «L’interesse da parte dei clienti è stato forte già nei giorni scorsi, ma non riusciamo a ottenere il via libera. Non solo, i telefoni del negozio sono bollenti perché tutti vogliono informazioni». I clienti apprezzano le agevolazioni. I coniugi Sergio e Annamaria Padoan hanno appena concluso l’acquisto di un forno e di un piano cottura. «Un risparmio significativo - dicono - che ci ha permesso di cambiare i vecchi elettrodomestici evitando un bagno di sangue economico. In tempo di crisi un bel sollievo». Mahjuba Bouboluuza si aggira nel reparto frigo di “Euronics”: «Gli sconti piacciono a tutti, sarebbe un peccato non cercare un’occasione». Francesco Vescio, invece, non è così convinto: «Dovevano ampliare il paniere dei prodotti. Io, per esempio, sono un pensionato e avrei bisogno di uno scaldabagno, ma purtroppo dovrò pagarmelo a prezzo pieno». Maria Dorlig è a “caccia” di un congelatore: «Uno sfizio che avrei voglia di togliermi. Questa mi sembra un’occasione d’oro». (a.c.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
Bartolomei, o la dolce storia
Alto Adige — 16 aprile 2010 pagina 36 sezione: AGENDA
BOLZANO. Hai voglia a intitolare il bar col nome di famiglia “Bartolomei”, se poi per tutti diventa “il Castagnaccio”. E’ questo il bizzarro destino di uno dei luoghi di ritrovo storici del rione attorno a via Torino, conosciuto e apprezzato trasversalmente da tante generazioni. Era il 1936, infatti, quando i coniugi Pietro e Argia Bartolomei, appena arrivati a Bolzano dalla loro Altopascio, provincia di Lucca, decidono che nella strada della “villette” ci starebbe proprio bene un bar per tutto il rione. Nasce così uno dei simboli di Bolzano che ancora oggi si mantiene inalterato nella memoria e nel presente quotidiano. A mettere il nome di Bartolomei su tutte le bocche cittadine, comunque, fu un tipico dolce toscano che proprio le bocche coccolava: il castagnaccio. E’ così che in pochi mesi in via Torino si genera un viavai a tutte le ore, tutti i giorni e in tutte le stagioni, nonostante il dolce si presti meglio, ovviamente, ai mesi autunnali. Chi porta la moglie, chi il figlio e chi se lo fa incartare da portare a casa: il castagnaccio diventa ben presto patrimonio dei bolzanini. Una ricetta che qualcuno cerca pure di riprodurre in casa, ma non riuscendo a eguagliare la proposta di quel bar che nel frattempo diventa per tutti “Al Castagnaccio”. Oggi di quell’epoca rimane il ricordo di Lina Bartolomei, figlia dei coniugi fondatori, che ancora porta avanti il negozio di bomboniere di fianco al bar. «Una bella storia - commenta - che ci ha permesso di entrare nel cuore di questo rione e ancora oggi essere ricordati. Son contenta, comunque, che la nuova gestione abbia mantenuto il nome storico». Ecco, nuova gestione del bar. Oggi infatti “Bartolomei” è nelle mani di Roberto Fontana, che ci accoglie con un sorriso dal bancone. «Abbiamo la stessa tipologia di clientela che caratterizzava questo locale nel passato: residenti, lavoratori, gente del quartiere. La tradizione della pasticceria l’abbiamo voluta mantenere e la ricetta del castagnaccio, logicamente, è la stessa di una volta». Ad aiutarlo c’è Cristina Braescu: «La tradizione della colazione domenicale da noi è rimasta negli anni e ancora adesso coinvolge fasce di tutte le età». Michela Tschafeller lavora nel vicino negozio di biciclette ed è assidua frequentatrice del bancone del “Castagnaccio”. «Vengo almeno tre volte al giorno per il caffè o la brioche». Vicino a lei Mario Dalla Paola, che apprezza «servizio e cortesia di un luogo storico per la città». Nei tavolini della sala, invece, troviamo Sonia Franchi e Lidia Bernard, venute per due chiacchiere tra amiche. «Già ai tempi del castagnaccio frequentavamo questo posto. E’ stato un punto di riferimento per tutti in quegli anni. Indimenticabile». Rosa Viadana conferma: «Per chi abitava qui era una tradizione venire la domenica mattina. Oggi è cambiato ma vedo che l’atmosfera è rimasta simile». Luciana Rossi, infine, ritrova su questi tavolini i sapori di “casa”. «Sono originaria della provincia di Siena e il castagnaccio è per me una tradizione storica. Mi fa piacere frequentare questo piccolo tempio bolzanino della specialità». © RIPRODUZIONE RISERVATA - Alan Conti
venerdì 16 aprile 2010
La casa della musica? Upload su Facebook
Da qualche anno a questa parte è la piazza dove si incrocia il mondo. Ci si trova amici, vecchi compagni di classe, ma anche compagni di passioni, antiche conoscenze, impensabili contatti recuperati all’improvviso. Parliamo, ovviamente, di facebook, il sito che ha portato il fenomeno social network all’attenzione del mondo. Nel tempio della comunicazione giovanile, ovviamente, non poteva mancare Upload, che di gioventù e musica si nutre. Ecco, quindi, che la pagina fan del festival sfonda i 1.000 supporter toccando in questi giorni quota 1.038. All’indirizzo http://www.facebook.com/#!/uploadbz?ref=ts si convogliano tutti coloro che si sono fatti attrarre dalle note under 30 di tutta Italia, ma anche chi di Upload ne condivide filosofia e spirito.
Sotto la regia dell’esperta Rosanna Zambiase la pagina ha subito un accelerata decisiva, fiorendo di recensioni, video, presentazioni delle band iscritte e semplice scambio di opinioni. Upload, però, è un trampolino per molte realtà e lo sarà anche per il gruppo di facebook. Dalla cornice del festival, infatti, l’invito è di allargare gli orizzonti, ampliando l’universo di Upload a tutto quanto si muova all’interno del fertile humus della musica giovanile. Avete un sondaggio da proporre, un video della vostra band da proporre, un demo su cui desiderate dei consigli, un concerto da promuovere, uno da ricordare, foto da mostrare, video da proiettare? Avanti, lo spazio della pagina è illimitato. C’è la voglia di discutere di tutto: dai mixer ai violini possiamo tutti scambiarci opinioni e far crescere, ciascuno con il suo mattoncino, il palazzo della musica dei ragazzi. Un ipotetico bancone dove sedersi e raccontare di musica: niente più niente meno. Iscriversi è facile (basta diventare fan all’indirizzo http://www.facebook.com/#!/uploadbz?ref=ts) , la differenza arriva nel partecipare. Se lo facciamo tutti ci sarà da divertirsi.
Vi aspettiamo.
Alan Conti
Per saperne di più:
Pagina fan di Upload su facebook all’indirizzo http://www.facebook.com/#!/uploadbz?ref=ts
Il liceo Toniolo piange Simone "Ragazzo generoso e semplice"
Alto Adige — 15 aprile 2010 pagina 17 sezione: CRONACA
BOLZANO. «Un ringraziamento a Fabrizio Meoni, volato tra le dune delle stelle». Aveva battuto queste parole la tastiera di Simone Montesso nell’introduzione alla tesina che presentò all’Istituto Toniolo in occasione della maturità nel 2005. Impressionato dalla tragedia del motociclista italiano morto alla Dakar e colpito dalla sua fondazione di solidarietà in Africa, aveva deciso di concentrarsi su di lui per la discussione finale. A farci leggere queste righe è il dirigente della scuola Esio Zaghet, segnato dalla tragedia che in Venezuela ha strappato un ragazzo prediletto dell’Istituto. Simone, infatti, non aveva mai smesso di frequentare l’edificio di via Fago e tornava periodicamente a trovare quelli che da docenti si erano trasformati in amici e dal dirigente che, nel frattempo, era diventato confidente. «Venne pure pochi giorni prima di partire per il Venezuela - ci racconta Zaghet - era entusiasta e con lo sguardo, come sempre, acceso. Desiderava percorrere la strada della solidarietà, ma lo faceva con una fermezza dolce e una naturalezza di chi cerca il bene dell’altro senza volerne guadagnare del proprio. Aveva una qualità fuori dal comune nel mondo del sociale: non sceglieva tra bambini, disabili o anziani, a lui bastava darsi da fare». Lontano dalla retorica, così come vuole ricordarlo chi per anni lo ha visto tutti i giorni: «Generoso, disponibile, certo. Simone, però, era amato da tutti perché viveva con semplicità le sue qualità. Era capace di stringere rapporti di sincero affetto anche con chi, magari, veniva messo in disparte dal resto del gruppo e riusciva ad essere, al contempo, espansivo e riservato, allegro, ma non superficiale». Un ragazzo capace di coltivare più passioni: «Era bravo a scuola, ma senza chiudersi nella torre d’avorio dello studio. Stava attento e immagazzinava, risparmiando tempo per quello che amava». Non solo il mondo del sociale: «No - sorride dolce Zaghet - era un “divoratore” della Gazzetta dello Sport. Per la tesina collaborò con un loro giornalista e riuscì a intervistare la vedova Meoni: non proprio una procedura comune per un maturando. Amava anche la sua Juventus e mi sfotteva per la mia fede milanista, in particolare stimava il calciatore Maresca: anche qui, un ragazzo fuori dai canoni comuni. Un giorno mi disse “vedrai, finirò pure io sulle pagine delle Rosea” e proprio la sua tesina fu citata in un trafiletto del quotidiano sportivo: otteneva quello che prometteva». C’è poi un aneddoto che racconta Simone in tutta la sua genuinità: «Ad udienza veniva personalmente, ma sempre accompagnato dalla nonna. Ci teneva ci fosse anche lei e se la abbracciava in continuazione». «Amava il calcio profondamente - ricorda ancora il suo insegnante di educazione fisica Mario Slanzi - e i primi anni era l’unico maschio in classe. Dieci minuti prima della fine della lezione mandavo le ragazze a cambiarsi ed io rimanevo con lui per il più “classico” degli uno contro uno. Perdeva, ma sempre col sorriso: era un momento importante per lui». Ci sono studenti che entrano nel cuore degli insegnanti: Simone per Slanzi era uno di questi. «Ogni tanto giocavamo a fare la lotta. Ci dicevano: “attenti, prima o poi vi fate male e sono guai” e noi giù a ridere». E’ bello ricordarlo col sorriso, sapendo che tra le dune delle stelle ha trovato un motociclista pronto ad abbracciarlo per primo. A piangere Simone c’è anche la fidanzata messicana, Mina Varrera: si erano conosciuti il 6 aprile dell’anno scorso (tragica fatalità: lo stesso giorno in cui è scomparso Simone), come lei stessa ha ricordato con gioia su Facebook. La ragazza ha saputo attraverso il social network della tragica fine di Simone. Nei giorni scorsi aveva seguito con apprensione lo sviluppo delle ricerche, cercando conferme nelle parole degli amici del ventitreenne. Sono le 20.30 di martedì quando a Mina dicono che non ci sono più speranze e lei chiede cos’è accaduto al suo ragazzo. Poco prima delle 22 gli dedica un dolce ricordo in spagnolo, che si conclude con queste parole: «Ti amo, ti amo, ti amo, così come solo noi sappiamo...». © RIPRODUZIONE RISERVATA - Alan Conti
Nuovi spogliatoi ai campi Resia, rinviati ancora i lavori
Alto Adige — 15 aprile 2010 pagina 21 sezione: CRONACA
BOLZANO. Saranno le squadre del torneo “Città di Bolzano” le prime a testare i nuovi spogliatoi in costruzione ai margini dei campi in erba sintetica “Resia A” e “Resia B”. Un ritardo di un mese rispetto ai piani dal Comune che prevedeva di consegnare le strutture alla Federazione per fine aprile, in tempo per le ultime giornate del campionato. «I tempi - afferma l’assessore comunale ai lavori pubblici Stefano Pagani che ieri ha partecipato al sopralluogo - si sono allungati a causa del freddo. Le temperature rigide, infatti, hanno impedito di svolgere alcune gettate di malta bloccando, di fatto, l’attività anche per 15 giorni consecutivi». Per fine maggio, comunque, i nuovi spogliatoi dovrebbero essere agibili: «Per il Città di Bolzano saranno pronti», assicura Pagani. Scettico, ma col sorriso, il presidente del comitato provinciale altoatesino della Figc Karl Rungger: «All’inizio sembrava che i lavori dovessero durare solo per il girone d’andata, poi c’è stata qualche speranza per la fine di questo mese. Mentre adesso sappiamo che potremo utilizzare le nuove strutture soltanto nella prossima stagione. Peccato, ma ce lo aspettavamo perché si è partiti troppo tardi». Le squadre, quindi, dovranno continuare a cambiarsi al Palasport, per poi fare la spola verso i campi. «È già positivo - puntualizza Pagani - che i campi siano rimasti agibili perché per il cantiere sarebbe stato molto più comodo occuparli». Quello che lascia perplessi, comunque, è che dei passaggi coperti tra il Palaresia e i campi da calcio esistono, ma sono chiusi e inutilizzati da anni. «In principio - continua l’assessore - gli spogliatoi per i Resia A e B non erano previsti dal progetto. Gli atleti, infatti, avrebbero dovuto cambiarsi al palazzetto dello sport e raggiungere il manto erboso attraverso due tunnel che oggi ci sono, ma sono sprangati». I lavori, nel frattempo, sono comunque avanzati: già in piedi le quattro strutture, notevolmente ampliate all’interno, dotate di servizi specifichi per i portatori di handicap e di un piccolo stanzino per gli arbitri. Nel cunicolo tra le due tribune verrà ricavato, inoltre, uno spazio utilizzabile come magazzino tecnico, mentre a fianco degli spogliatoi ci saranno delle piccole zone di riscaldamento, così come un nuovo accesso alla zona, più centrale rispetto alla precedente. «I lavori che rimangono da fare - spiega il responsabile Diego Andreatta - sono legati essenzialmente all’impiantistica che risulta, comunque, già tracciata. L’edificio è Casaclima B, quindi ha richiesto un’attenzione particolare». Curiosa, infine, la storia delle vecchie baracche di legno: «Invece che demolirle - conclude Pagani - sono state smontate e trasportate a spese di un privato che le ha riutilizzate nel suo campeggio in Calabria. Oltre alla bella storia, questo ha permesso di risparmiare qualche soldo sulla demolizione delle vecchie strutture. L’opera è costata complessivamente circa milione di euro». La realizzazione dei nuovi spogliatoi era attesa ormai da anni dalle squadre di calcio che giocano sui campi Resia 1 e Resia 2. La difficoltà per il Comune è stata quella di trovare i fondi all’interno di un bilancio sempre più magro. © RIPRODUZIONE RISERVATA
giovedì 15 aprile 2010
Gli inquilini: c'era uno strano viavai
Alto Adige — 14 aprile 2010 pagina 24 sezione: CRONACA
BOLZANO. Stupore. Questa la reazione degli inquilini del condominio al civico 64 di via Maso della Pieve dove è stato scoperto un giro di prostituzione che, nel giro di otto mesi, ha fruttato 24.000 euro al subaffittuario dell’appartamento. A esercitare erano sei sudamericane che ricevevano i clienti in casa. I vicini si guardano l’un l’altro increduli anche se qualcuno ammette di aver scorto uno strano viavai. Il campanello dell’appartamento dove le ragazze accoglievano i clienti, una piccola abitazione di 40-45 metri quadri, è stato divelto. La porta è chiusa, lo zerbino ritirato e nessuno, ovviamente, risponde al campanello. La prima ad ammettere qualcosa nella scala è Antonella Zeni: «Avevamo notato che nell’appartamento c’erano delle ragazze sudamericane, ma in questa zona capita spesso. Sulla scala, inoltre, è abbastanza usuale incontrare gente nuova perchè alcune case sono davvero piccole e ben presto gli inquilini si stufano e vanno via non appena possono». Il ricambio, insomma, è all’ordine del giorno. «Ricordo, comunque, che il proprietario dell’alloggio in questione qualche giorno fa girava con una coppia spiegando in tedesco com’era fatto l’appartamento che forse intendeva vendere». Stupito pure l’amministratore dello stabile. «In via Maso della Pieve ci sono condomini dove spesso vengono denunciati episodi del genere, ma non certo la 64 dove il tasso di proprietari è piuttosto alto rispetto agli affittuari. Anche a noi, comunque, risulta che nell’appartamento ci fossero ragazze sudamericane ma nulla lasciava presagire quanto accaduto. Diciamo che sono state abbastanza discrete. L’unico inconveniente segnalatoci, infatti, è stata una perdita d’acqua». Al vicino bar “Columbus” nessuno sa niente, ma Bruno Lazzarini seduto al tavolino spiega che non sarebbe la prima volta che si scopre una cosa simile da queste parti: «La prostituzione in casa non è certo un fenomeno nuovo per chi conosce Maso della Pieve». (a.c.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
Elisabeth, cuore da infermiera
Alto Adige — 14 aprile 2010 pagina 10 sezione: ALTRE
BOLZANO. Doveva essere a lezione Elisabeth Peer, a coltivare la passione per l’infermieristica che pochi mesi prima l’aveva portata in Abruzzo, in supporto alla Croce Bianca, e che pochi mesi dopo le avrebbe dovuto consegnare la tanto desiderata laurea. Un ritardo l’ha portata al tragico appuntamento con la frana e la morte. Dalla sua Tarces, frazione di Malles, Lisi stava raggiungendo Merano. Da lì, avrebbe puntato verso Bolzano: aveva salutato da poco il fidanzato alla stazione. All’interno della scuola infermieristica le amiche di sempre sono incredule. Nell’androne, i tutor che la seguivano quotidianamente hanno costruito un piccolo altarino: due candele, un mazzo di fiori e una foto di Elisabeth sorridente. Daniele Gianotti era un suo compagno di corso: «Una ragazza amata e bravissima negli studi. Ieri mattina, quando la frana si è abbattuta sul treno, la lezione era già iniziata, ma le sue amiche avevano scoperto che sul convoglio c’era anche lei perché avevano sentito per telefono il fidanzato che l’aveva accompagnata alla stazione». Nell’aula era presente anche la cugina di Elisabeth. «Quando nel pomeriggio è arrivata la notizia - racconta la coordinatrice dell’istituto Laura Dalsass - è stata tra le prime a saperlo. A quel punto abbiamo deciso di comunicarlo a tutti i ragazzi e di sospendere le lezioni. Fino alla fine abbiamo sperato che si fosse fermata a dare una mano ai soccorritori». Elisabeth frequentava il terzo anno di corso, l’ultimo. «Avrebbe ottenuto la laurea dopo pochi mesi - le parole degli altri coordinatori Luisa Valer e Maurizio Pilio - e i docenti ne parlano in termini entusiastici, come di una ragazza modello, con una sensibilità superiore a quella dei coetanei che la portava a dedicarsi al volontariato. Sicuramente l’Istituto chiuderà in occasione dei funerali». Una voglia di aiutare che ha spinto Elisabeth a partire subito per l’Abruzzo dopo il terremoto. «La Croce Bianca - racconta la coordinatrice dei tutor Loredana Filosi - ci ha scritto chiedendo la disponibilità di alcuni nostri ragazzi per un supporto. Elisabeth si è subito offerta, nonostante si trattasse di un tirocinio che non veniva riconosciuto dalla scuola. Voleva fare un’esperienza di vita, per seguire la propria vocazione personale». E’ proprio tra i terremotati che Elisabeth si distingue per dolcezza e attenzione: «Tornata dall’Abruzzo ha raccontato la sua esperienza con un ricco reportage fotografico. Ha sottolineato a tutti gli aspetti emotivi, il bisogno di aiuto psicologico e l’empatia necessari per entrare in sintonia con chi ha subito simili disgrazie». Un’esperienza coraggiosa per una ragazza di appena 21 anni. «Mamma Luisa e papà Meinrad - conclude Filosi - devono essere orgogliosi di una figlia così». Fuori dall’aula, intanto, sciamano i compagni di Elisabeth: «Il clima oggi è pesantissimo - racconta una di loro - tra di noi evitiamo di parlarne». Le sue amiche non passano nemmeno dall’entrata principale perché non ce la fanno a vedere l’altarino che la scuola le ha dedicato». Un intimo luogo di raccoglimento, dove a mezzogiorno si è radunato il personale per un ricordo comune. Ma il ricordo di Elisabeth Peer vola anche sulle pagine di Facebook, dove è stato aperto un gruppo “in Gedenken an Elisabeth Peer” (”in memoria di Elisabeth Peer”) che ha riunito ben presto parenti, amici e conoscenti della ragazza di Tarces. Tantissime le adesioni, già a quota 400 nel primo pomeriggio di ieri, a poche ore dalla fondazione per iniziativa di Elisabeth Patzleiner. Molti i messaggi di cordoglio, le foto e i ricordi. © RIPRODUZIONE RISERVATA - Alan Conti
mercoledì 14 aprile 2010
Adriatik ha lottato tra fango e massi: "Ho seguito subito l'istinto di risalire"
Alto Adige — 13 aprile 2010 pagina 08 sezione: ALTRE
BOLZANO. S’era attardato a casa dello zio ed ha preso il treno per arrivare in tempo al lavoro. Poteva essere un ritardo fatale quello di Adriatik Kaja, operaio albanese impiegato nella ditta “Ramnagora” (settore ortofrutticolo), che ieri mattina viaggiava sul treno investito dalla frana a Laces. A salvarlo è stata la prontezza di riflessi e il telefonino. Trasportato all’ospedale di Bolzano nel pomeriggio e ricoverato in astanteria con contusioni in varie parti del corpo, è lui stesso a raccontarci quegli attimi terribili, sostenuto dallo zio Medi Kaja e dal datore di lavoro Shkelzen Karasan. «La montagna è letteralmente entrata nel treno - dichiara Adriatik, scosso e col volto tumefatto, dal letto dell’ospedale - e i sassi arrivavano da tutte le parti. I massi mi sono piombati sull’addome e vicino alla testa avvertivo un peso opprimente: ovviamente non capivo bene cosa stesse succedendo, ma la paura è stata subito grande». Degli attimi in cui si è ritrovato sepolto dalla frana Adriatik ricorda solo alcuni flash: «Devono essere passati venti minuti, di cui ricordo solo alcuni istanti. Ho sentito subito il bisogno di scrollarmi e di risalire per uscire dalla trappola che era diventata il nostro vagone. Avevo più paura che dolore, forse un effetto dello shock. Vicino a me sentivo una donna urlare: non so che fine abbia fatto». Lucido anche il ricordo del telefonino che portava nella tasca: «Avevo il cellulare nei pantaloni e sono riuscito a chiamare il numero di mio zio. Gli ho urlato di lasciare subito il posto di lavoro e di correre che c’era stato un incidente grave al treno. La memoria, poi, mi riporta agli attimi in cui sono uscito dal vagone: ricordo confusione, disperazione e il convoglio che dondolava». Adriatik, però, su quel treno non avrebbe dovuto esserci: «Era in ritardo al lavoro - racconta il datore di lavoro Shkelze Karasan - perché era andato a trovare lo zio a Silandro. L’ho chiamato al telefono e gli ho detto di venire al più presto in ditta: è un ragazzo e mi spiaceva perdesse una giornata di lavoro. È stato lo zio poi ad avvertirmi di cosa era successo e subito mi sono fiondato sul luogo dell’incidente». Zio Medi, infatti, era all’altro capo del telefono nella chiamata disperata di Adriatik: «Ho risposto - racconta - e sentivo solo un grande frastuono con urla in italiano e in tedesco. Ho chiamato in ditta per sapere se per caso mio nipote avesse preso la macchina: pensavo a un incidente automobilistico, poi ho capito cosa stava succedendo e sono andato subito verso il treno». Proprio lì Medi ha trovato uno scenario agghiacciante: «Tutti scavavano nel fango perché la frana aveva spostato i primi vagoni e aveva sommerso il resto del convoglio. La paura era tanta, anche perché sapevo che mio nipote era sepolto dalla terra. I feriti venivano estratti in continuazione, poi finalmente ho visto Adriatik, immediatamente trasportato a Bolzano con l’elicottero». All’ospedale bolzanino sono giunti quattro feriti, tutti ricoverati nel reparto di astanteria. Oltre ad Adriatik Kaja una donna e altri due uomini, uno dei quali sottoposto ad intervento chirurgico al femore. Nessuno è in condizioni gravi. © RIPRODUZIONE RISERVATA - Alan Conti
martedì 13 aprile 2010
Si chiama Mefedrone il nuovo sballo killer
Si chiama Mefedrone la nuova frontiera dello sballo giovanile che potrebbe interessare pure i ragazzi altoatesini. Una comunicazione spedita dal Capo Dipartimento delle Politiche Antidroga Giovanni Serpelloni all’Assessorato della Sanità e alle Comunità Terapeutiche locali mette in guardia su una nuova sostanza pronta a diffondersi nel nostro territorio, dopo diversi sequestri nel Triveneto. Che cosa è, però, il Mefedrone? In pratica una sostanza vendibile come concime per le piante, sale da bagno o profumatore da forno che, però, viene diffusa nelle classiche “pasticche” dello sballo e assunta come fosse un autentico stupefacente. Gli effetti, infatti, sono simili a quelli della cocaina: disibinizione, eccitazione ed euforia per almeno 2-3 ore, con picchi ogni 30 minuti. Il problema, tuttavia, è che anche gli effetti sulla salute assomigliano esattamente a quelli delle droghe illegali: bruciore, allucinazione, tachicardia, offuscamento della vista, palpitazioni, ansia, vomito, mal di testa, convulsioni, nei casi più gravi persino coma e decessi. Sicura la dipendenza psicologica, mentre non esistono dati certi su quella fisica, comunque non esclusa. Tutto questo, in seguito ai ritrovamenti, ha fatto scattare lo “Stato di allerta di grado 2” sul nostro territorio secondo il quale esistono concreti rischi di danni per la salute e preoccupazioni per la diffusione di sostanze nel mercato illecito e nel consumo.
Il Mefedrone, infatti, è una sostanza che in Italia è legale, anche se specificatamente per usi non legati al consumo umano. Quella ritrovata dai Carabinieri, però, è in gran parte contenuta in compresse da ingerire, come le 162 pasticche ritirate tra Padova, Treviso e Modena. Sempre la Procura trevigiana segnala il ritrovamento di 20 grammi di polvere di Mefedrone e indica la strada d’importazione germanica, dove il Mefedrone è illegale, come la più probabile. Bolzano, insomma, si trova esattamente sulla via di transito di questa sostanza e non è esclusa la possibilità che qualcuna di queste compresse possa essere in circolazione pure in provincia. Tutte quelle ritrovate, comunque, hanno in comune la caratteristica di una figura di delfino impressa sul lato e un forte odore di pesce tipico del Mefedrone, lo stesso che si avverte nell’abbondante sudorazione causata dal consumo della sostanza. In Lombardia, inoltre, è recente il caso di un ricovero di un 36 enne in coma e con evidente riduzione delle dimensioni della pupilla dopo aver assunto questa sostanza.
La pericolosità del Mefedrone, comunque, è al centro delle polemiche anche in Inghilterra, dove ci si interroga circa l’opportunità di mantenere nella legalità questa sostanza chiamata in slang “meow-meow” (miao-miao) e quarta per consumo tra i giovanissimi. A metà marzo, infatti, due ragazzini britannici sono deceduti a Scunthorpe, nell’Inghilterra Occidentale e la causa del decesso sarebbe ascrivibile proprio al Mefedrone. In Svezia, oltretutto, una 18enne andò incontro alla morte nel 2008 proprio per l’assunzione di questa sostanza, non a caso illegale nel paese scandinavo. L’inglese “Uk Natural Programme on Substance Abuse Death”, inoltre, indica il Mefedrone come corresponsabile della morte di 14 ragazzi e l’ “Advisory Council on the Misuse of Drugs” individua altri 20 decessi sospetti. In Romania, infine, si contano altre 6 vittime che potrebbero essere andate incontro alla morte attraverso il Mefedrone.
COSA E’ IL MEFEDRONE?
Il Mefedrone è un derivato sintetico del catinone e si presenta, solitamente, sottoforma di polvere bianca. La forma base è un liquido giallastro a temperatura ambiente. Spesso si può trovare anche come compressa e si possono raggiungere gradi di purezza anche del 99%. Commercializzato per scopi non legati al consumo umano viene utilizzato come eccitante per via orale, nasale e rettale. Le dosi variano dai 15 ai 250 mg e spesso vengono ripetute nell’arco di un breve periodo di tempo. Gli effetti sono simili a quelli dell’ecstasy, dell’anfetamina o della cocaina, ma gli effetti collaterali altrettanto. Offuscamento della vista, sudorazione cospicua, mal di testa, vomito, nausea, tachicardia, dita bluastre, coma, diminuzione della dimensione delle pupille, psicosi, ansia e palpitazioni sono solo alcuni dei danni sulla salute accertati.
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