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mercoledì 31 agosto 2011
Al posto della lavagna arriva il computer
Il tablet come quaderno, il computer come lavagna e la tecnologia come strumento principe della didattica. La scuola del futuro per Paolo Ferri, docente di teoria e tecnica dei nuovi media presso la facoltà di scienze della formazione alla Bicocca di Milano, ha già più di un piede nella realtà contemporanea e l’Alto Adige ne rappresenta un’isola di progettazione particolarmente vivace. Non è un caso, quindi, se il professore farà rotta a Bolzano martedì 6 settembre per incontrarsi con gli insegnanti della scuola media “Fermi” la mattina e con il pubblico di interessati alle 18.30 presso la sala del nuovo centro civico di Oltrisarco in via Claudia Augusta. La sperimentazione con i tablet in classe dell’istituto di via Castel Flavon e la presentazione del libro di Ferri “Nativi Digitali” organizzato dalla biblioteca civica, dunque, sono la base su cui innescare il viaggio nel gap tecnologico che separa le generazioni e che la scuola è chiamata a colmare.
Web, social network, tablet e smartphone sono ormai protagonisti della vita comune ma spesso incontrano nei cancelli delle scuole delle porte d’Ercole. E’ possibile introdurre le nuove tecnologie nella didattica?
"Non solo è possibile, ma addirittura auspicabile perché i nostri ragazzi e bambini sono costantemente abituati al fare multimediale o tecnologico. Evidente, quindi, che siano particolarmente propensi ad acquisire nozioni in modo attivo, il che mal si sposa con l’impostazione passiva che ha la nostra scuola. Non solo, i numeri dicono che la didattica attiva garantisce un 85-90% di apprendimento".
La rivoluzione, però, sarebbe copernicana e in quanto tale affatto facile.
"Nessuno pensa che si tratti di un cambiamento semplice. Sono tre, infatti, i presupposti da cui partire. Il primo, di carattere infrastrutturale, prevede la disponibilità di banda larga e strumentazione in tutte le scuole, poi è necessario un cambiamento della didattica da trasmissiva ad attiva e, infine, serve una modifica totale dell’approccio alla classe e persino la conformazione dell’aula. Avrebbe poco senso, infatti, la disposizione a banchi di fronte alla cattedra, mentre sarebbe molto più performante un’organizzazione a isole di lavoro".
Molti insegnanti, però, alzano il sopracciglio poco convinti.
"L’età media della nostra classe insegnante, sempre molto valida seppur vituperata, è di 54 anni. Logico, dunque, che si incontrino delle resistenze verso un qualcosa che si conosce poco o che si avverte come estraneo e in qualche misura penalizzante rispetto al gruppo classe. L’unica strada per modificare le cose è quella della formazione incentivata che preveda dei vantaggi economici e crei interesse attorno alle novità tecnologiche. Governo e sindacati, però, non hanno molta voglia di imboccare con decisione questa strada, anche se va detto che 5-600.000 insegnanti su 900.000 in Italia hanno seguito degli aggiornamenti informatici".
Le università potrebbero giocare un ruolo importante nella formazione degli insegnanti del futuro?
"Certamente, ma a parte rare eccezioni come la Bicocca o la Lub difficilmente vengono predisposti corsi sul tema. Non solo, i rettori e i vertici accademici conducono spesso battaglie appassionate contro le innovazioni tecnologiche viste come mine del sistema. Altri paesi come l’Inghilterra, invece, stanno ottenendo dei buoni risultati abbracciando queste novità".
In Alto Adige, però, la tecnologia a scuola sembra accendere curiosità.
"Senza dubbio siete un territorio molto più europeo rispetto ad altre zone d’Italia e questo si riflette anche nella volontà di sperimentare o semplicemente approfondire le nuove didattiche".
Come sono, invece, le reazioni dei genitori ai tablet in classe?
"Generalmente molto meno diffidenti di quelle degli insegnanti. Con un figlio già si subisce la rivoluzione tecnologica in qualche misura, mentre nella visione utilitaristica della scuola vige la convinzione che la dimestichezza con il computer aiuti a inserirsi meglio in futuro nel mondo del lavoro. La scuola, paradossalmente, dovrebbe porsi come intermediario e frenare le posizioni troppo radicali sotto questo aspetto, ma ancora non ha la capacità di farlo".
Pur assecondando il progresso, però, diventa francamente difficile pensare a Facebook come strumento didattico.
"Infatti quel genere di social network comunicativo difficilmente può avere questa funzione perché non permette la creazione di un recinto fisso in cui tenere il gruppo classe su un argomento. Esistono, però, piattaforme di condivisione come “Schoology” che presenta un’interfaccia del tutto affine a Facebook con commenti e post, ma basata su aggiornamento di gruppi accademici e strumenti specifici per la scuola come le assenze, il registro, i test delle verifiche e documenti visionabili solo dalla classe, dalla scuola o dagli insegnanti".
Alan Conti
Paolo Ferri è professore associato docente di tecnologie didattiche e teoria e tecnica dei nuovi media presso la facoltà di scienze della formazione all’università di Milano Bicocca. Diverse le sue pubblicazioni tra cui il libro “Nativi Originari” (Collana Saggi Bruno Mondadori, 224 pagine, 18 euro) che sarà presentato martedì 6 settembre alle 18.30 presso la sala del nuovo centro civico di Oltrisarco in via Claudia Augusta. A presentare la serata, organizzata dalla biblioteca civica di Bolzano, sarà l’insegnante Giuliano Gobetti. In mattinata, invece, il professor Ferri incontrerà i docenti della scuola media “Fermi” dove già da tempo, con la collaborazione del Tis, è in atto un progetto sperimentale circa la didattica mediante l’utilizzo di tablet.
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