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domenica 7 agosto 2011
Musicisti nell'era di Facebook
di Alan Conti
Una vita sempre in viaggio, un lavoro che è passione e professionalità, una strada intrapresa fin da piccolissimi. Quattro giovani musicisti dell'orchestra giovanile Gustav Mahler seduti a un tavolino di un bar raccontano la loro vita per la musica classica. Federico Bresciani, Alice Milan e Max Simon sono tre violinisti originari rispettivamente della Sardegna, Svizzera italiana e Germania, mentre Aljaz Begus, clarinettista e solista, è arrivato a Bolzano dalla Slovenia. Tutti frequentano l'accademia Gustav Mahler in città preparandosi ai concerti che terrà l'orchestra che riunisce alcuni tra i migliori talenti europei under 26. Lunedì la Mahler si esibirà alle 21 sul palco del Teatro Comunale diretta da David Afkham. Sono «fuoriclasse» che hanno scelto un terreno non sempre battuto dalle giovani generazioni. «Difficile spiegare come sia nata la passione - spiega Federico -, so solo che a 4 anni quando ho dovuto decidere cosa fare tra calciare un pallone o suonare uno strumento ho optato per la seconda». Alice ha sguardo e pensieri veloci: «È vero, nasce da dentro, quasi impossibile darne una spiegazione analitica. Diciamo che un segnale forte è quando capita di sentire un brano di musica classica e avvertire il riflesso naturale di fermarsi ad ascoltare con estrema attenzione. Non potrebbe mai essere una colonna sonora che mi accompagna mentre faccio altri mestieri, come può essere la musica pop o rock». Già, è sempre più difficile avvicinare due mondi distanti come i giovani e la classica. Aljaz punta sui bambini: «Bisogna abituarli subito a suonare uno strumento, anche quelli che non brillano particolarmente per capacità musicali». D'accordo, però il gap con i vostri amici si farà sentire ogni tanto? «Sì e no - ammette Alice - nel senso che difficilmente parlo di musica con loro e la maggior parte è comunque abituata a questo mio percorso. Il concetto più arduo da trasmettere a livello generale, invece, è che la nostra è una professione e non un hobby. Io per passatempo vado in piscina, non suono il violino». Le nuove tecnologie, da Facebook e Youtube, fanno parte della loro vita: «Certamente, ma sono utili pure in qualità di musicisti - precisa Begus - dato che permette un'accessibilità immediata a qualsiasi brano. Per arrivare ad alti livelli però non ci si può basare solo sul multimediale perché spesso la qualità è discutibile». Da musicisti, oltretutto, apprezzano particolarmente i generi moderni: «Pop, rock, disco sono praticamente tutti basati sul concetto del ritmo che nella musica è tutto. Evidente che confrontarsi e appassionarsi anche a queste espressioni artistiche rappresenta un arricchimento professionale». Il loro sguardo sulla musica, comunque, è quello di un lavoro, seppur nato da un'innata passione. Il che, per chi ha successo, si traduce spesso in una vita errante che porta a scoprire varie parti del mondo ed essere lontani da casa. «Siamo sempre in viaggio - continua Federico - a volte è dura e a volte capita di sentirsi a casa propria in realtà appena conosciute come Londra, Berlino o Bolzano». Max è più netto: «La nostra testa diventa quasi viaggio-dipendente e il pensiero di fermarsi ad una routine viene vissuto quasi come una condanna». L'ultima considerazione, amara, è che per loro nel nostro Paese non sembra esserci posto. «Gli italiani scappano - chiude Milan - e gli stranieri non considerano possibile un futuro professionale in Italia. C'è troppa politica anche nelle istituzioni artistiche e la struttura non sembra solida come, per esempio, in Austria o Germania. È un peccato».
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