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domenica 20 marzo 2011
«L'unica vera festa, i nostri tricolori»
di Alan Conti
zoom . BOLZANO. Il disagio italiano esiste ed a finire sul banco degli imputati sono i partiti italiani. Assodato e mai digerito il gran rifiuto di Durnwalder alla Festa del 150esimo dell'Unità d'Italia, ora la discussione si sposta sul futuro degli altoatesini che non accettano più un ruolo subalterno né sono pronti a giustificare chi spinge forte ed ossessivamente sul pedale del nazionalismo. Il tutto con la certezza che a Roma la questione non interessi un granchè, complice anche il discusso accordo sui monumenti tra il dimissionario ministro ai beni culturali Sandro Bondi e l'Svp. «C'è poco da fare - allarga le braccia Claudio Paolo Marin - noi italiani dobbiamo sempre sentirci un gradino al di sotto, soprattutto in ambito politico e istituzionale. Prendiamo la festa di ieri: com'è possibile che in tutta la città ci fossero le bandiere e in via Museo nemmeno lo straccio di un vessillo? Tutti i marchi internazionali dei negozi sotto i Portici, inoltre, perché non hanno avuto il coraggio di esporre il tricolore in uno dei luoghi simbolo della città?». «Sarebbe stato giusto essere tutti coinvolti - concorda Domenico Colella titolare del bar "Debby" in piazza Matteotti - e regalare una giornata di piena convivenza alla nostra terra». Netto, invece, il giudizio di Assuero Cabassa: «Siamo svuotati praticamente a tutti i livelli di potere e la parte del leone, logicamente, la fa la politica. Da una parte, infatti, si continua a seguire la strada di un nazionalismo che non ha mai portato a grossi vantaggi né grandi considerazioni da Roma, ma dall'altra manca un'autentica alternativa forte. In mezzo ci siamo noi e la convivenza, forse, funziona molto più nella vita sociale di tutti i giorni che non in quella istituzionale». Tirata d'orecchie da Luca Bonato del bar "Romagnolo". «Nel resto d'Italia abbiamo visto organizzare concerti, feste e manifestazioni di un certo rilievo. L'anniversario era di quelli importanti e a Bolzano, in una piazza Matteotti imbandierata, a nessuno è passato per la testa di organizzare qualcosa. Proprio i vessilli, infatti, testimoniano come la ricorrenza fosse sentita nel cuore popolare della città». Si rivolge direttamente al governo centrale, invece, Silvano Tiozzo. «Basta riflettere sugli ultimi avvenimenti per rendersi conto che gli altoatesini a Roma contano e interessano poco. E' evidente, infatti, che qualcuno trovi più vantaggioso assecondare il potere tedesco in grado, politicamente, di pesare molto di più». Interessante l'analisi proposta da Davide Marinovich, residente al Renon da una quindicina d'anni. «In un contesto tedesco si può tranquillamente vivere bene e con soddisfazione: non creiamo contrapposizioni eccessive. Logico, comunque, come con l'atteggiamento dei Biancofiore o degli Urzì sia molto difficile integrarsi, ma se si riesce ad allargare i propri orizzonti di pensiero ecco che non si incontrano particolari difficoltà o resistenze». Critico con l'intero sistema Italia è Luciano Groppo. «Non voglio banalizzare, ma onestamente l'unità non è esattamente la prima virtù del nostro Paese. Personalmente, comunque, mi sento altoatesino, quindi cerco di trovare elementi di convivenza concreta e reale cercando di superare tutte le divisioni». Bruna Coli ancora non ha metabolizzato le uscite del presidente della Provincia: «Non mi sento rappresentata al 100% da un politico che fa determinate sparate. Capisco che si senta in dovere di difendere il suo elettorato tedesco, ma forse c'erano modi più rispettosi di farlo». «Questo è territorio italiano - le fa eco Rosalba Tutino - quindi è bene che i contrari si rassegnino. Capisco, però, che chi è cresciuto con una cultura austriaca possa avere sensazioni e idee differenti dalle mie». Italo Marcantonio è di poche parole, ma concetti arguti: «Raggiunto un certo obiettivo i nostri politici se ne fregano. La festa, comunque, è stata molto bella e vedere tutte le bandiere ai balconi ha regalato gioia». Flora Morandi circoscrive il disagio «alla sfera politica e dei finanziamenti. Nella vita di tutti i giorni, invece, i rapporti sono buoni e certe divisioni non sono così nette come si vorrebbe far credere». Simone Buonaspina invita all'Unità anche dopo le celebrazioni: «Troppo spesso gli italiani si sfaldano, soprattutto su questioni che dovrebbero vederci compatti. Non parlo solo a chi è nato in Italia, ma mi rivolgo pure a tutti quegli stranieri che hanno ottenuto la cittadinanza, e che si riconoscono nei valori della nostra comunità. E' questa la nuova frontiera dell'Alto Adige».
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