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lunedì 7 marzo 2011

Via Torino, anziani senza ascensore: colpa della burocrazia Ipes


BOLZANO. Vent'anni di richieste, tra carrozzine di invalidi e passeggini dei bambini, non sono stati sufficienti per convincere l'Ipes a costruire un ascensore al civico 61/A di via Torino. La beffa, però, è che in molte case nelle vicinanze sono stati realizzati senza battere ciglio e ora gli inquilini, stufi, alzano la voce e chiedono all'istituto quali siano i criteri di preferenza accordata alle altre scale. La questione degli ascensori, comunque, è da tempo tasto delicato in via Torino, con l'Ipes che si è sempre rifiutata di avvallare opere in vetro, considerate dagli inquilini più economiche e luminose, per sostenere i lavori in muratura, sicuramente più costosi. L'imperativo "niet" pronunciato, a suo tempo, da Stefano Grando è però stato smentito da realizzazioni in vetro in altre zone della città con contesto simile. Nulla, però, sembra muoversi all'orizzonte perché tra le conseguenze dello scandalo che ha coinvolto l'Istituto c'è l'assoluta vacanza di un amministratore di condominio per le case di via Torino senza, però, che le rette di spesa siano calate di un centesimo. «La nostra situazione - racconta Maria Luisa Concin, caposcala del condominio in via Torino 61/A - è davvero paradossale. Negli ultimi piani dell'edificio abbiamo anziani, invalidi e bambini da portare su per le scale con il passeggino, eppure nessuno ha mai accettato la nostra richiesta di costruire un ascensore esterno». Concin si è anche presa la briga di contare gli scalini: «Un totale di 80, capaci di tagliare le gambe a chi non può reggere particolari sforzi». La situazione curiosa, comunque, è che stranamente un'intera scala si proclama compatta nel volere un'opera che, generalmente, è molto discussa nelle varie assemblee condominiali, ma l'Ipes non presta ascolto alla richiesta. «Abbiamo una persona invalida, famiglie con bambini, una addirittura con due gemelli e decine di scalini da percorrere ogni volta che si necessita di uscire da casa. Non sono, però, gli unici: nell'attesa di questo ascensore, tre persone che ne avrebbero avuto bisogno sono decedute».
Gina Morandi, con la badante Snyezhok Lyubov, è tra le richiedenti: «Per un lungo periodo non abbiamo neppure potuto muoverci di casa. Per fortuna che l'Assb ci ha fornito un elevatore elettrico, ma rimane lo stesso molto complicato uscire e rientrare a casa. Non dovrebbe essere così, per di più all'interno di case pensate per il sostegno sociale». Roberta Visentin si affaccia sul pianerottolo: «L'ascensore ci vorrebbe e sono anni che esiste questa necessità. Si tratta dell'ennesimo episodio che testimonia l'inadeguatezza di molte scelte fatte dall'Ipes». Entrando nel dettaglio, comunque, le proposte concrete erano state fatte. «Avevamo chiesto - riprende Concin - una struttura in vetro, che permetterebbe un risparmio di oltre il 30% e la salvaguardia della luminosità, ma ci è sempre stato risposto picche. Esistono, comunque, anche preventivi di altro genere, sistematicamente ignorati, a differenze delle case vicine. Infastidisce, a questo punto, che l'Istituto ci abbia lasciato senza un amministratore, in attesa di passare la gestione a un privato. Il tutto tenendo inalterate le spese». Prova a dare qualche spiegazione il fiduciario Ipes di zona Giampietro Gervasoni: «Posso solo dire che tutto è bloccato, almeno fino a quando non si risolverà la questione amministratore. Vero, invece, che la struttura in vetro era stata bloccata con una motivazione legata alla tutela degli insiemi. Ora, però, abbiamo riscontrato questa soluzione in contesti simili al nostro, quindi qualche spiraglio potrebbe anche esserci». Nella speranza di non sfruttarlo tra altri vent'anni. (a.c.) 6 marzo 2011

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