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giovedì 14 luglio 2011

Ipes: tre malati di mente in abitazioni singole in un solo condominio


“L’Ipes ha concentrato tre persone svantaggiate nello stesso condominio, con alcune situazioni al limite della tollerabilità”. E’ forte il grido d’accusa di alcuni residenti di una palazzina in via Torino (il nome e il numero civico non vengono pubblicati per tutelare la privacy dei soggetti socialmente deboli coinvolti), stufi di dover assistere a scene al limite della sopportabilità. Pochi giorni fa, infatti, un appartamento dei tre è stato ritrovato in condizioni igieniche disumane dopo i rifiuti dell’inquilino ad aprire ai servizi specialistici, alle forze dell’ordine e ai medici che hanno tentato di farle visita. L’unica che ha ottenuto, a fatica, il via libera, è stata una vicina di casa. “Avevamo a che fare con delle problematiche di carattere psichico che causavano stati d’ansia impedendo l’ingresso a chiunque. Bene, l’appartamento era in condizioni pietose: i pavimenti ormai neri dalla cenere delle sigarette, ovunque immondizia con tetra-pak di vino e sporcizia, oltre a un odore nauseabondo che si è sparso per mesi lungo tutto il giro scala. Non solo, l’abitazione era totalmente priva di luce, gas, acqua e, ovviamente, riscaldamento per l’inverno. Considerate le condizioni impressionanti bastava un mozzicone finito sul materasso per incendiare tutto”. Il paziente in questione è oggi ricoverato all’ospedale e farà rotta verso una comunità senza tornare nel vecchio appartamento, ma l’episodio porta alla luce un’oggettiva difficoltà nella gestione di determinati soggetti che vengono lasciati in abitazioni autonome. “Solo nella nostra scala – continua la signora residente nella palazzina – abbiamo adesso un signore che urla tutto il giorno e la notte e un’altra signora seguita dai servizi che si è fidanzata con un uomo particolarmente violento. Io sono l’unica a famiglia monogenitoriale con un bambino che va alla scuola media, mentre tutti gli altri sono anziani. E’ evidente che mio figlio ha paura a uscire da solo e noi viviamo in uno stato di costante ansia e disagio”.
Come sia possibile che si arrivi a determinate situazioni limite e all’accumulo di casi particolarmente delicati prova a spiegarlo Alberto De Giorgis, direttore responsabile dell’associazione “Hands”. “Prima di tutto bisogna spiegare che l’Ipes destina circa un 20% delle proprie abitazioni a soggetti considerati “svantaggiati”, quindi bisognosi di particolari attenzioni sociali seguite spesso dai servizi. Ora, non esistendo per ovvi motivi una particolare “bollatura” del quadro di assistenza necessario è possibile che alcuni pazienti con problematiche psichiatriche si ritrovino in appartamenti molto vicini tra loro. Via Torino, inoltre, ha un ricambio piuttosto forte negli appartamenti dell’Istituto”. D’accordo, ma qui si parla pure di casi di sostanziale isolamento. “Purtroppo può capitare che i servizi debbano fare i conti con le disponibilità di personale e capacità di seguire al meglio tutti i pazienti in tempi rapidi. Non sempre è facile. Vale la pena sottolineare, comunque, che in molti casi l’abitare da soli o la convivenza in un singolo appartamento di più soggetti deboli assistiti costantemente porta a dei risultati confortanti”. Ci sono realtà, però, in cui alcuni vicini di casa arrivano allo sfinimento, se non alla paura. “Rifiutare l’abitazione per le condizioni di una persona comunque giudicata idonea a stare da sola da alcuni servizi – precisa De Giorgis – è discriminante, ma posso comprendere lo stato d’animo di queste famiglie. Molto spesso non si tratta di disagi continui, ma di ricadute periodiche nella malattia. Esistono, comunque, delle procedure per aumentare il livello di attenzione che possono essere seguite dai vicini di casa”. Quali sarebbero? “Allertare il medico di base dell’inquilino o, nel caso non si conoscesse, avvertire il distretto sanitario che girerà la segnalazione. Il medico, infatti, è l’unico autorizzato a conoscere nel dettaglio il quadro clinico della persona e deve cercare di pilotare la situazione in concerto con i servizi specialistici. Nei casi di pericolo accertato può firmare assieme a uno specialista pubblico la domanda di ordinanza del sindaco per il trattamento o l’accertamento obbligatorio. In casi di barricata dentro le mura di casa significa sostanzialmente entrare nell’abitazione per verificare le condizioni di salute del paziente, che poi è quello che sarebbe successo in via Torino se non fosse intervenuto il recupero ospedaliero”.
Alan Conti

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