Bazzana mostra i gioielli al bancone |
BOLZANO. Orologiaio di professione, scalatore di natura. Sergio Bazzana, titolare della storica omonima orologeria di via Claudia Augusta si appresta a chiudere definitivamente la saracinesca dopo cinquant’anni di attività che hanno lasciato un segno profondo a Oltrisarco. Nonostante la pensione, però, la grinta di Bazzana è ancora quella di quando, da giovane promessa del ciclismo, aggrediva le montagne per alzare per primo le mani al traguardo. "Purtroppo a ottant’anni – racconta – devi mettere in preventivo di lasciare prima o poi, ma rimane la soddisfazione di essere stati un punto di riferimento per tutta la città". Già perché se il mestiere dell’orologiaio era abbastanza diffuso qualche decennio fa, oggi questa figura ha smesso i panni artigianali per consegnarsi all’industria. "Le aziende fagocitano tutto nei centri di ricerca. A Bolzano siamo rimasti praticamente in due e curiosamente siamo entrambi sulla stessa strada". Bazzana si riferisce al collega Doriguzzi, sempre in via Claudia Augusta. "Ci conosciamo e abbiamo un ottimo rapporto. La concorrenza tra noi non è mai stata scorretta". Di lavoro, infatti, ce n’è sempre stato a sufficienza. "All’inizio è stata dura, devo essere sincero – ammette Bazzana – anche perché il negozio lo presi in conto vendita. Non solo, affittai 200 grammi di oro per arricchire la vetrina, ma era l’unica grande quantità aurea che vidi in quel periodo". Ride come chi scollina da una cima faticosa. "Negli anni successivi, invece, il negozio funzionò molto bene e registravo un incremento annuo del 10-15% nelle vendite: Oltrisarco rispondeva bene. Ancora ricordo i turisti tedeschi che, in assenza dell’autostrada, transitavano tutti per via Claudia Augusta nel rientrare in patria. Molti di loro erano clienti affezionati e tornavano tutti gli anni: oggi per questa strada non possono passare nemmeno i bolzanini". Compare il tasto dolente dell’intero commercio di via Claudia Augusta. "Ormai siamo stufi di chiedere sempre la stessa cosa, però anche adesso che potrei fare spallucce ribadisco che la chiusura da sud è stata la peggior misura commerciale presa nella storia del quartiere. Non sono bastati studi scientifici che dimostrano l’uguale inquinamento della zona a dare coraggio ai politici contro i vari comitati". La storia dell’orologeria, comunque, ha vissuto due momenti piuttosto tumultuosi. "Nel 1982 subimmo una rapina che ci mise in ginocchio: i ladri ci portarono via 500 milioni di lire. Un colpo che ci costrinse a cambiare casa lasciando Oltrisarco per Laives. Il negozio fu letteralmente ripulito di 20 orologi d’oro con una precisione chirurgica. Nel 1992, invece, la rapina fu a mano armata da parte di tre banditi: da quel giorno mia moglie non volle più mettere piede in negozio".
Come si diventa, però, orologiai? "Per me si tratta di una tradizione familiare. In casa avevo mio nonno con questa passione e cominciai da subito a interessarmi alla materia. Il mio primo laboratorio fu in piazza Erbe, dove abitavo. Poi ho avuto case anche a Laives e ora in piazza Matteotti". E’ così che Bazzana ha varcato i confini del rione: "Posso dire con orgoglio che tutta la città si è servita da me e ho clienti che arrivano da altri quartieri. Per anni abbiamo attirato persone a Oltrisarco: una bella sensazione". Nessuno, però, continuerà la tradizione di famiglia. "In realtà uno dei miei figli sarebbe orologiaio artigiano diplomato, ma ha deciso di vendere caffè in un’isola delle Canarie. Giusto così se è quello che desidera". Ora, però, si avvicina la linea del traguardo: "Non ho rimpianti – continua Bazzana – ma solo soddisfazioni. Penso ai clienti di sempre, all’amore del quartiere e alla buona salute che ho saputo garantire all’attività nella sua vita". Un cruccio, però, rimane."Il Comune mi impedisce di fare la svendita totale per la concomitanza del periodo natalizio: una vera scocciatura". Commerciante nell’animo, fino a chiusura.
Alan Conti
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