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giovedì 25 marzo 2010
Incontro con gli internati dai nazisti, la storia raccontata dal vivo agli scolari
Alto Adige — 24 marzo 2010 pagina 29 sezione: AGENDA
BOLZANO. «Davanti a voi avete delle pagine di storia viventi: usatele e stropicciatele». Si rivolge così, diretto e senza tanti giri di parole che del resto con bambini e ragazzini sono totalmente inutili, Lionello Bertoldi, presidente della sezione bolzanina dell’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia), parlando aglu studenti di terza media che affollano l’auditorium della scuola “Ada Negri”. L’occasione, ieri nel primo pomeriggio, era di quelle importanti per far “leggere” dal vivo, ai ragazzi, una vera pagina di storia: l’incontro tra i giovanissimi studenti e gli occhi e i racconti di chi ha vissuto il dramma dell’internamento durante il nazismo. A raccontare alla platea la propria storia, infatti, sono stati invitati Tarquinio Barbierato e Orazio Leonardi, due di quelli che venivano burocraticamente indicati come Imi, Internati militari italiani, dopo esser stati catturati dai tedeschi come traditori all’indomani dell’8 settembre 1943. Entrambi patavini d’origine e bolzanini d’adozione, hanno catalizzato l’attenzione del giovane uditorio con una storia viva e pulsante, purtroppo, di sofferenza. Vicende che hanno il dovere di non essere dimenticate per venire tramandate anche dalle più giovani generazioni. «Incontri come questi - spiega l’anfitrione Lionello Bertoldi - servono per aprire una porta verso i giovani e per far comprendere loro quanto dolore, sacrificio e sofferenza ci sia dietro alla Costituzione Italiana, un bene preziosissimo che devono saper conservare». La storia degli Imi è uno di quegli aspetti del nazismo che ha cominciato a fare capolino solo negli ultimi anni: «Purtroppo - aggiunge Bertoldi - la loro vicenda è stata spesso sottovalutata, ma si tratta di testimonianze che non possiamo più scordare». Tarquinio Barbierato è il presidente della sezione degli ex Imi e ha presentato ai ragazzi un quadro della situazione: «Fummo internati in 670.000 e 70.000 non fecero mai ritorno a casa. La denominazione di Internati militari italiani fu studiata appositamente dal Reich per impedirci di riconoscerci lo status di prigionieri di guerra, che ci avrebbe permesso di ottenere alcuni benefici, come l’aiuto della Croce rossa. E’ stata una mossa per dare libero sfogo alla crudeltà contro i “traditori Italiani”». Un’iniziativa, quella della testimonianza diretta, ieri, sostenuta e voluta fortemente dal dirigente dell’Istituto comprensivo dell’“Ada Negri”, Bruno Iob: «Mi interessa - commenta - che i ragazzi possano rendersi conto di quanto sia facile cadere in una dittatura, quasi senza accorgersene. Il problema è che la fatica per uscirne è immane e non si tratta di un pericolo superato dal mondo contemporaneo». Orazio Leonardi poi ha inchiodato l’attenzione degli studenti al suo racconto: la cattura lungo il Talvera, la deportazione in Germania, le baracche buie, le giornate dure, il freddo, il lavoro coatto, il lazzaretto e, finalmente, la gioia della liberazione. E dopo i racconti, dopo un po’ di riflessioni, spazio ovviamente alle domande dei ragazzi, incuriositi. Non c’è che dire: quelle pagine di storia le hanno sgualcite con dovizia e incoraggiante attenzione. © RIPRODUZIONE RISERVATA - Alan Conti
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