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lunedì 22 marzo 2010

La politica nel mirino del mercato di via Rovigo


Invertendo le zone il risultato non cambia: la crisi sta piegando le gambe agli ambulanti. E’ questo, ormai, l’assioma dei mercati bolzanini che trova ampia conferma pure tra le bancarelle di via Rovigo, appuntamento storico per il quartiere Europa-Novacella e per la città. Commercianti che puntano il dito contro la politica chiedendo più dialogo, ma non sono disposti a lasciare tutto, anzi, c’è anche chi da poco ha aperto una nuova attività.
"il vero problema è che la gente non compra nulla – dichiara secco Ahmed Selim – e i politici non muovono un dito. Ci vorrebbe più etica e disponibilità da parte degli amministratori che non vengono mai a chiederci come la pensiamo. Smettiamola, infine, di parlare male dei banchetti stranieri solo per aprire la bocca". Gualtiero Mandello è ancora più esplicito: "Bisogna cambiare radicalmente l’assessorato comunale al commercio che ha dimostrato di fregarsene delle nostre esigenze. Avanti così e i giovani vedranno sparire i mercati uno a uno". Elena Iaria risponde da dietro una fila di giacche: "Uno degli aspetti che ci creano difficoltà è sicuramente l’eccessivo numero di bancarelle". Gianni Angelo, invece, è più pragmatico: "La concorrenza degli stranieri, se leale e corretta, va accettata. Ci vogliono prezzi per tutte le tasche e loro li hanno". Ashraf Hassanin è egiziano e da poche settimane ha iniziato a fare l’ambulante: "E’ la mia passione e il lavoro perfetto per me. Non posso fare confronti con il passato, ma mi sembra che si possa lavorare discretamente bene". Helene Hofer, dal banco dei contadini, fa un confronto: "Rispetto al sabato qui si vende molto meno. Per fortuna che per noi è solo un modo per arrotondare, altrimenti ci sarebbe da preoccuparsi". Monica Baio la vede da un’altra prospettiva: "Qui ci rapportiamo con una clientela strettamente locale. Personalmente la preferisco". Alois Seeber, invece, è più duro: "Bolzano è una città morta e in questo mercato vedo tra la gente un po’ troppo snobismo. Vorrebbero tutti i prodotti regalati, senza contare che noi iniziamo a lavorare alle 4 di mattina". Sparare addosso ai clienti, però, non è esattamente la strada maestra per uscire dalla crisi. Pino Baio vende ortofrutta ed è meno pessimista: "Bene o male si mantengono sempre gli stessi livelli di crescita. Il problema è che per far fronte all’aumento delle tasse bisognerebbe incrementare del 5 o 10% ogni anno. In via Rovigo, comunque, spesso abbiamo clienti anziani o che vivono da soli e che, logicamente, comprano di meno". Aldo Munari conferma, invece, la buona tenuta del settore dei polli: "Noi riusciamo a lavorare bene. Certo, la crisi e la concorrenza ci sono, ma la qualità fa ancora la differenza". Daniele Magris da piazza Matteotti rilancia con grinta: "Siamo sempre bistrattati e nessuno che si degni di parlare con noi. Il dialogo è aperto con i giornalisti, ma la politica latita. Non possiamo accettare i continui cambiamenti peggiorativi e tra di noi cresce il fronte che vuole il mercato del sabato in piazza Walther. Gli stranieri? Basta fare il lavoro del commerciante e adeguarsi alla concorrenza proponendo gli stessi loro prezzi e prodotti, ma affiancandoci il made in Italy". Chiude la rassegna un commerciante di vecchia data che intende rimanere anonimo: "Ormai non vendiamo più niente d’inverno perché non ha nessun senso lavorare per perdere soldi. Il problema del mercante è che una volta col prezzo di una maglia si bevevano trenta caffè, oggi, se va bene, massimo dieci. Tutto qui".

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