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venerdì 19 marzo 2010

Oltrisarco, mercato soffocato dai supermarket


Alto Adige — 18 marzo 2010 pagina 18 sezione: CRONACA

BOLZANO. Ci sono mercati che farebbero carte false per preoccuparsi solo della pulizia delle bancarelle o di eventuali traslochi di piazza: tra questi c’è sicuramente quello che ogni martedì occupa piazzetta Bersaglio e via Aslago. Il problema, anche qui, è legato a doppio filo alla crisi economica: si vende poco perché le famiglie, specie nei quartieri popolari, hanno poco da spendere. «Inutile girarci intorno - dice Eros Bon dal suo banco -, l’unico mercato buono rimasto è quello del sabato, in tutte le altre zone si tira la cinghia. Il passaggio al martedì si è ridotto drasticamente, oggi si vede pochissima gente passare tra le bancarelle». Un’impressione confermata dalla figlia Martina: «Questo mercato, se vuole sopravvivere, dovrà necessariamente cambiare registro. C’è poca gente e la maggior parte sono anziani che, ovviamente, non hanno molto da spendere». Antonio Ezechiele, poco più in là, esprime gli stessi concetti: «La crisi si fa sentire pesantemente». Giuseppe Sagin dal suo camion che vende formaggi prova a fare un’analisi più articolata: «Nel nostro settore reggiamo abbastanza bene l’urto della crisi, anche perché, così come i polli e parte della gastronomia, riusciamo a coprire una nicchia dove la concorrenza dei supermercati non è così forte. L’abbigliamento e l’ortofrutta, invece, patiscono di più, soprattutto per via della concorrenza degli ambulanti stranieri e dei supermercati, che praticano una politica aggressiva dai prezzi bassissimi». Che la corsa sia sui supermercati lo conferma indirettamente Valeria Errighi, cliente del mercato. «Qui vengo per salutare qualche amico, ma la spesa grossa, inutile nasconderlo, la faccio al supermercato. Lì si trova tutto, qui bisogna venire apposta per quei due o tre prodotti in particolare: alla lunga i commercianti questo lo patiscono». Nell’abbigliamento, però, l’argomento spinoso è quello della concorrenza degli immigrati. «L’importante - spiega Ester Andreasi - è non farsi schiacciare, cercando di rimanere competitivi. Da una parte, quindi, tenere i prezzi bassi su alcuni prodotti con un margine di guadagno praticamente nullo, dall’altra offrire contemporaneamente la qualità del made in Italy che è il settore dove possiamo pensare di portare a casa qualcosa». Rahman Habibour, però, ci tiene a fare chiarezza: «Quello che infastidisce è che si parla dei banchetti stranieri come se fossero tutti uguali. Non è assolutamente vero che puntiamo tutti su un prezzo stracciato a discapito della qualità». Maurizio Albertin, referente dei commercianti per Confesercenti, prova a lanciare un appello. «Per salvare le aziende si smuovono mari e monti, ma per noi nessuno si fa vivo. Ricordiamoci che il mercato è il primo barometro economico del ceto medio-basso della popolazione e se si impenna la cassa integrazione è logico che anche noi andiamo in sofferenza. Non solo, tutto questa incertezza in merito ai traslochi in piazza Vittoria o a Merano di certo non ci aiuta». Munirul Moque, infine, ha appena rilevato l’attività: «Si fa fatica, ma cerchiamo di lavorare. Chi è andato via sostiene che il mercato non sia più lo stesso da quando è arrivato l’euro...». Traslochi, sporcizia o crisi, insomma, la verità sembra una sola: dietro le bancarelle si fa fatica. © RIPRODUZIONE RISERVATA - Alan Conti

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