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giovedì 13 settembre 2012

E' crisi per la chiesa altoatesina

La chiesa di Avelengo isolata (hafling-meran200.eu)
BOLZANO. Le statistiche dicono che il 75% degli altoatesini si professa cattolico ,il 4,5% si rivolge alla chiesa evangelica e il 19% rifiutano qualsiasi credo. Più staccate le presenze islamiche, rafforzate dal fenomeno dell’immigrazione che ha già portato in provincia 15.000 fedeli o le 50 presenze della comunità ebraica regionale. Stando ai numeri, insomma, la chiesa in Alto Adige sembra godere di ottima saluta e non è un caso che lo stesso vescovo Ivo Muser ricorra alle cifre per sottolineare come il 30% della popolazione sia dedito a una vita da cattolico praticante. Bene, le percentuali però non riflettono un quadro generale messo sotto i riflettori da Georg Mair del settimanale “Ff”: la Chiesa altoatesina è in piena crisi per la caduta a precipizio della fede, per le chiese vuote, per il sovraccarico di lavoro per i parroci e per un mondo che nel suo globale spinge lontano dalle orbite vaticane. La provincia di Bolzano non fa eccezione perché quel 30% di popolazione che si dedica al cattolicesimo attivo crolla decisamente nelle realtà urbane, perché la percentuale del 75% di cristiani qualche decennio fa era assai superiore, perché aumentano gli studenti esonerati dall’ora di religione, perché i parroci ormai si devono di norma occupare del doppio delle comunità inizialmente previste a 1.100 euro al mese e perché la Chiesa ci ha anche messo del suo con scandali e posizioni talvolta anacronistiche. Il Cardinale Carlo Maria Martini l’aveva avvertito: “Siamo indietro di 200 anni” non attirandosi, però, particolari simpatie in un ambiente piuttosto conservatore. Volendo si è aggiunto anche lo sviluppo delle scienze a minare i fondamenti di molte credenze che facevano del parroco un autorità assoluta anche nei nostri paesi fino a pochi anni fa: gli annessi dibattiti su procreazione e genetica hanno fatto il resto. Il big bang toccava la teoria, ora lo scontro è su questioni che incidono direttamente sulla vita delle famiglie. Il salto è notevole. Il vescovo Ivo Muser, comunque, cerca di ridimensionare l’inchiesta e sottolinea come la Chiesa abbia “fortunatamente perso peso politico in favore di una missione ch ora è unicamente concentrata alla diffusione del vangelo. Non credo che la crisi sia particolarmente, acuta anche se dobbiamo focalizzare la nostra attenzione sulle giovani vocazioni”. A un certo punto, però, salta fuori la spinosa vicenda dei preservativi sconsigliati in Africa nonostante l’Aids galoppante e il vescovo si fa serio: “Chiunque – replica – sa che la Chiesa in Africa sta facendo moltissimo per le popolazioni e il problema non sono certo i condom, ma la cultura, l’educazione, la conoscenza e la formazione”. Tutto vero, ma il dribbling al nocciolo della questione è secco e d’un tratto appare chiaro dove siano le difficoltà della Chiesa a sintonizzarsi sulla società.
Alan Conti
TCA ALTO ADIGE TV (Maggiori dettagli nel telegiornale di oggi)

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