Un cucciolo di beagle liberato nell'incursione dei giorni scorsi |
Un ragazzo bolzanino racconta la sua incursione nell'allevamento dell'orrore. "Cagne senza corde vocali e con la pancia tagliata". Associazioni e politica locale, intanto, non dicono nulla...
BOLZANO. "Le cagne adulte vengono
tenute in celle, a molte tagliano le corde vocali perché non abbaino e una
presentava una grossa cicatrice lunga tutta la pancia. Sfornano cuccioli che
vengono requisiti il prima possibile e avviati alla vivisezione: non conoscono
il sole, l’aria e le coccole". Gianni (nome di fantasia) è un bolzanino
che studia a Milano e che nei giorni scorsi era tra i manifestati che sono
entrati all’interno dell’allevamento di “Green Hill” a Montichiari in provincia
di Brescia. Un’azienda recintata con il filo spinato che contiene 2.500 beagle
con un destino scritto: finire a pezzi per sperimentare nuovi prodotti
industriali. La protesta, come noto, è sfociata in un’irruzione che ha portato
alla liberazione di alcuni cuccioli. "I giornali hanno scritto 30 –
continua Gianni – ma per me erano almeno una sessantina. Per entrare è stato
effettuato un buco nella rete e i cuccioli venivano passati dall’alto della
recinzione verso l’esterno. C’erano famiglie, mamme con i bambini, abitanti del
paese e semplici cittadini che accorrevano per prendere i cagnolini e portarli
lontano". Gli arresti alla fine sono stati 12, ma l’atmosfera era assai
meno tesa di quanto si possa immaginare. "Inizialmente c’erano solamente
una ventina di agenti, poi sono aumentati ma il loro atteggiamento è stato
molto permissivo. Diciamo che sono intervenuti solamente quando la situazione,
a livello normativo, lo ha reso strettamente necessario. Prima dell’ingresso
dal foro nella rete, per esempio, avevamo fatto un tentativo con una barriera
da cantiere inclinata sul muro senza nessun intervento repentino. Onestamente non
so se il motivo di questa cautela sia un’intima adesione al movimento oppure il
tentativo di concedere azioni che screditassero l’iniziativa in vista del
decisivo voto parlamentare sulla questione in programma il 9 maggio".
Qualche anno fa Bolzano diventò protagonista
per l’adozione di una cinquantina di piccoli beagle intercettati sull’A22 e
destinati ai laboratori cosmetici di Amburgo. I politici fiutarono la vetrina e
fecero a gara per mettersi a capo della distribuzione dei piccoli, salvo
scordarsi negli anni a seguire che le torture sui cani continuavano a pochi
chilometri dal confine altoatesino. Le associazioni ambientaliste locali, dal
canto loro, hanno messo gli argini dei fiumi, le pale eoliche e l’aeroporto in
cima alle priorità per cui spendere fiumi di inchiostro, ma per i cuccioli
fatti a pezzi nemmeno due righe. Cosa ne pensa di questa latitanza? "Purtroppo sono deluso, ma molti ambientalisti altoatesini hanno ancora
una concezione un poco limitata della loro azione. Preferiscono concentrarsi
solo sui temi locali con la convinzione che della fabbrica di cuccioli da
vivisezione debbano preoccuparsi altri. L’atteggiamento dei politici, se
vogliamo, è uguale identico con l’aggiunta che si muovono solo se intravedono
un tornaconto elettorale. Il fatto che nulla sia stato organizzato per
Montichiari quando si raccolgono centinaia di firme su altre questioni è in
qualche modo esemplare di questo modo di pensare. La gente andrebbe stimolata
maggiormente perché certe questioni non si conoscono abbastanza". Per la
verità la presenza di “Green Hill” è piuttosto risaputa, purtroppo. "Sì,
certo, ma manca il passo successivo che porta a considerare tutte le aziende
che hanno implicazioni e sostengono il meccanismo su cui vive un mostro come
quell’allevamento. Quando alla lettura della notizia in famiglia seguirà un
elenco di tutti i prodotti che abbiamo in casa testati su animali e la
decisione di non comprarli più avremo un cambio decisivo di mentalità. Sia ben
chiaro, infine, che non siamo noi dei fanatici, ma ci sono fior di studi che
testimoniano come scientificamente la vivisezione non serva. Il tornaconto
delle multinazionali è di tipo commerciale, normativo ed economico: questa non
è scienza".
Alan Conti
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