Un'immagine d'epoca della Huber |
BOLZANO. Per un paio di giorni si sono dati
periodicamente il cambio, appollaiati al cancello giallo e verde cercando di
comprendere i perché di tanta chiusura. La caserma Huber è costante meta di
pellegrinaggio dei veci che dietro quelle mura di viale Druso hanno passato
dodici lunghi mesi di naia. Vogliono vedere come è cambiata, rispolverare
emozioni gettando lo sguardo su un qualche particolare rimasto intatto nel
tempo, ma solo ieri pomeriggio hanno potuto farlo liberamente. Oggi, infatti,
la naia non c’è più e dietro le piccole cabine all’ingresso ci sono solo
militari professionisti: per loro sbarrare il passo a chiunque non sia
autorizzato è prima un ordine e poi un lavoro, zero sentimentalismi.
Paradossalmente l’eccezionalità della festa alpina rimane fuori dall’uscio
proprio nella caserma delle penne nere. I pensionati delusi che allungano il
naso tra le sbarre fanno stringere il cuore: qualcuno prova addirittura a
mostrare ai piantoni le foto d’epoca con una supplica: "Guardi, 40 anni
fa ero lì al suo posto, le chiedo solo una sbirciatina veloce. Ricordo ancora
gli inverni passati in questo piccolo spiazzo a guardare la gente che passava,
immaginarsi le loro vite e comunque godersi un’esperienza preziosa. Sono
momenti che si apprezzano di più una volta cresciuti". Nessuno spazio,
però, per la nostalgia dall’altro lato che veloce deve essere la reprimenda
perché la mano, no, il vecio non deve metterla così vicino alla cabina: se ne
resti al suo posto. Nel pomeriggio di ieri, finalmente, il parziale rompete le
righe con gli alpini accettati nella caserma: un tuffo nei ricordi per chi ha
avuto la fortuna di arrivare al posto giusto nel momento giusto. Per gli altri
ci sarà una prossima volta, ma quanto distante appare l’accoglienza festosa degli
attendamenti con quel signore invitato a non recarsi all’interno della Huber
con i pantaloncini corti perché "potrebbero esserci delle autorità".
Lo spirito dell’Adunata è libero per la città, non sta in caserma.
Alan Conti
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