“Vado in
città”. Lo diciamo solo noi bolzanini e non è una
locuzione sbocciata per caso, ma ha i suoi motivi precisi
basti pensare che si dice così sia in italiano sia in
tedesco, ma non si tratta di una traduzione. Le origini
sono antiche e legate al fatto che la Bolzano storica,
effettivamente, si limitava alla striscia tra Talvera e
Isarco e tutto il resto città non lo era mica. Il modo di
dire, così, tradisce la storia. Un racconto di un rione,
il Centro, da sempre cuore del commercio quindi della
primissima attività economica. Nell'ipotetica linea tra
“noi” italiani e “loro” tedeschi che, senza falsi
buonismi, ha caratterizzato parte dello sviluppo di Bolzano
il Centro è stato per diversi anni più loro che nostro.
Di origine tedesca, infatti, erano buona parte delle
attività e, contestualmente, degli immobili perché per
molto tempo le due cose non correvano disgiunte. I portici,
per dire, erano spesso bottega al primo piano, abitazione
al secondo e magazzino sul retro. Un edificio trapezoidale
e fateci caso quando camminate per via Argentieri: le case
sono decisamente più larghe rispetto alla parallela via
Portici. È poi anche dal Centro, comunque, che è
cominciata la vera commistione etnica con piazza Walther
che ha cominciato ben presto ad essere punto di
riferimento, anche italiano, per le manifestazioni. Una
piazza Walther con il tram o con le auto parcheggiate, così
come piazza Domenicani. Un Centro diverso che ha cominciato
solo nel tempo a prendere coscienza del suo essere più
Centro e meno Bolzano. Tutto con un'ombra di eleganza in
più perché dai quartieri popolari difficilmente si
arrivava per un semplice shopping, ma si puntava "alla
Città" per l'acquisto specializzato o la ricorrenza
straordinaria. Certo, c'era sempre quella Piazza Erbe fiore
all'occhiello della cultura contadina e dei prodotti della
terra: un simbolo che non si è mai opacizzato come tale.
Di sicuro, però, non viveva di notte e non annoverava la
frutta secca tra le sue varietà. Non serve molto,
comunque, per capire che l'artigianato era il re di queste
strade: basta guadare i nomi delle vie di oggi e di quelle
di ieri. Basi solidissime su cui si innesta, correndo
veloci, l'accelerata degli ultimi anni: il Mercatino,
le multinazionali, il franchising, l'omologazione che batte
la specificità, la grande distribuzione che batte la
bottega. Nel frattempo la sua porta, il Monumento alla
Vittoria, viveva un dibattito politico che ha portato ai
cancelli di sicurezza e un'esasperazione che forse solo
adesso sta spegnendo la sua fiammella. Dal punto di vista
architettonico, comunque, i confronti con gli scatti di una
volta rivelano una sostanziale capacità di mantenere gli
splendori, ma anche questo orizzonte schiude una nuova
sfida contemporanea lungo l'asse parco Stazione-via Alto
Adige. Il Centro di interventi così impattanti in un sol
colpo non ne ha ancora conosciuti: non è detto che sia un
male puntare ancora in modo deciso sul turismo.
Ricordiamoci, però, che il Centro è prima di tutto di
chi, ancora oggi, lo chiama “Città”.
Alan Conti
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