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martedì 11 febbraio 2014

Il Centro: la nostra "città"

Vado in città”. Lo diciamo solo noi bolzanini e non è una locuzione sbocciata per caso, ma ha i suoi motivi precisi basti pensare che si dice così sia in italiano sia in tedesco, ma non si tratta di una traduzione. Le origini sono antiche e legate al fatto che la Bolzano storica, effettivamente, si limitava alla striscia tra Talvera e Isarco e tutto il resto città non lo era mica. Il modo di dire, così, tradisce la storia. Un racconto di un rione, il Centro, da sempre cuore del commercio quindi della primissima attività economica. Nell'ipotetica linea tra “noi” italiani e “loro” tedeschi che, senza falsi buonismi, ha caratterizzato parte dello sviluppo di Bolzano il Centro è stato per diversi anni più loro che nostro. Di origine tedesca, infatti, erano buona parte delle attività e, contestualmente, degli immobili perché per molto tempo le due cose non correvano disgiunte. I portici, per dire, erano spesso bottega al primo piano, abitazione al secondo e magazzino sul retro. Un edificio trapezoidale e fateci caso quando camminate per via Argentieri: le case sono decisamente più larghe rispetto alla parallela via Portici. È poi anche dal Centro, comunque, che è cominciata la vera commistione etnica con piazza Walther che ha cominciato ben presto ad essere punto di riferimento, anche italiano, per le manifestazioni. Una piazza Walther con il tram o con le auto parcheggiate, così come piazza Domenicani. Un Centro diverso che ha cominciato solo nel tempo a prendere coscienza del suo essere più Centro e meno Bolzano. Tutto con un'ombra di eleganza in più perché dai quartieri popolari difficilmente si arrivava per un semplice shopping, ma si puntava "alla Città" per l'acquisto specializzato o la ricorrenza straordinaria. Certo, c'era sempre quella Piazza Erbe fiore all'occhiello della cultura contadina e dei prodotti della terra: un simbolo che non si è mai opacizzato come tale. Di sicuro, però, non viveva di notte e non annoverava la frutta secca tra le sue varietà. Non serve molto, comunque, per capire che l'artigianato era il re di queste strade: basta guadare i nomi delle vie di oggi e di quelle di ieri. Basi solidissime su cui si innesta, correndo veloci, l'accelerata  degli ultimi anni: il Mercatino, le multinazionali, il franchising, l'omologazione che batte la specificità, la grande distribuzione che batte la bottega. Nel frattempo la sua porta, il Monumento alla Vittoria, viveva un dibattito politico che ha portato ai cancelli di sicurezza e un'esasperazione che forse solo adesso sta spegnendo la sua fiammella. Dal punto di vista architettonico, comunque, i confronti con gli scatti di una volta rivelano una sostanziale capacità di mantenere gli splendori, ma anche questo orizzonte schiude una nuova sfida contemporanea lungo l'asse parco Stazione-via Alto Adige. Il Centro di interventi così impattanti in un sol colpo non ne ha ancora conosciuti: non è detto che sia un male puntare ancora in modo deciso sul turismo. Ricordiamoci, però, che il Centro è prima di tutto di chi, ancora oggi, lo chiama “Città”.
Alan Conti
 

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