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lunedì 24 marzo 2014

Nicotera, calzolaio del mondo


Le scarpe servono per camminare e la passione della famiglia Nicotera di strada ne ha fatta parecchia. Un mestiere che germoglia con l’intreccio di alcuni sandalini per bambini a Serrastretta in Calabria e passa per Milano e l’Australia prima di atterrare a Bolzano in via Milano: regno dei calzolai Nicotera, Angelino prima e Raffaele poi, dal 1969. “E’ una storia lunga – sorride Raffele che oggi gestisce l’attività con immutato entusiasmo – e il primo ricordo che ho dell’amore per questo mestiere è proprio durante la preparazione di una colonia per noi bambini in provincia di Catanzaro. Mi aggiravo tra i banchi di mio papà, che lavorava lungo la strada, e guardavo affascinato i sandali che realizzava per tutti noi”. Una punta d’orgoglio che diventa il battito di farfalla per un percorso che cresce attraverso l’apprendistato e la professionalità vera e propria imparata da un papà mastro che cercò, come detto, fortuna anche in Australia. “Fu a Bolzano, però, che trovammo l’ambiente ideale e dopo un anno di via Resia ecco nel ’68 via Milano, qualche metro più avanti rispetto alla bottega di oggi”.
 Già, oggi. Si è quasi portati a pensare che la grande distribuzione e l’ampia offerta di calzature segni il tramonto di questo antico mestiere. Troppo facile cambiare la scarpa se è rotta. Cosa ci spinge ad aggiustarla? “Sono ancora tantissimi coloro che chiedono questi interventi. Non solo sulle scarpe eleganti o di pregio, ma anche su calzature che non hanno un particolare valore. Il lavoro c’è ed è molto”. Due i motivi forti. “Da una parte – continua Nicotera – la crisi che spinge a mantenere bene quello che già si ha e dall’altra il non volersi staccare da scarpe in cui ci si cammina comodi. Sembra una banalità, ma non lo è affatto”. Naturalmente le donne giocano in casa. “Sì, certo, per loro c’è un rapporto particolare perché amano avere ampia scelta e fanno in modo di poterla mantenere. L’uomo è più abitudinario e si attornia di meno paia, ma quando trova quelle giuste le cura con altrettanta passione”. Perché, allora, di botteghe di calzolai non ne nascono più? “Perché i giovani non vogliono fare questo mestiere. Interessa poco come poco interessano alcune mansioni artigiane storiche. Attenzione perché si tratta di un discorso molto diverso dalla carenza di lavoro. La mia clientela giovane mi lascia tranquillamente supporre che ci sia un certo orizzonte di tranquillità”. Anche le figlie di Raffaele, Sara e Marta, hanno preso strade diverse ma il sangue è sangue. “Marta ogni tanto viene in negozio, si mette le borchie sulle scarpe e segue il mio lavoro. Le piace anche se non l’ha scelto come professione. Ho anche una piccola nipotina, Nina, che già si aggira per le macchine ad appena un anno e mezzo”. Chissà, magari il gene del calzolaio è diventato come quello dei gemelli e salta una generazione.
 Decine di anni di esperienza, però, non possono rispondere a un dilemma che strappa solo una risata senza risposta a Raffaele:  “Perché le scarpe piacciono nettamente più alle donne, ma i calzolai sono quasi tutti maschi?”.

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