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sabato 23 ottobre 2010
Corso Italia, «negozi dimenticati»
Alto Adige — 21 ottobre 2010 pagina 20 sezione: CRONACA
BOLZANO. La strada del vicino è sempre la più verde. Il vecchio adagio si declina bene anche per la realtà di molti commercianti della città e, in particolare, per chi ha la vetrina che si affaccia lungo Corso Italia. Pur ammettendo la possibilità di lavorare con un certo margine di guadagno, gli esercenti lamentano un certo scarto rispetto all’attenzione e alle opportunità offerte da corso Libertà. Rispunta anche il problema legato ai parcheggi e alla raggiungibilità in auto. Stavolta, però, la criticità cresce in modo inversamente proporzionale rispetto alla vicinanza dei posteggi nelle piazze Mazzini e Adriano. I commercianti, inoltre, denunciano di pagare dazio a una strada concepita come utile solo al transito in cui le vetrine sono troppo lontane perché siano anche solo adocchiate dagli automobilisti. Nel mezzo, comunque, si trova anche tanta voglia di non piegarsi alle logiche della grande distribuzione e la voglia di resistere nonostante le molteplici difficoltà degli ultimi anni. Conferma Liliana Valsecchi, titolare di una boutique di abbigliamento, assieme al cliente Luciano Minio. «Ogni tanto ci sentiamo tagliati fuori rispetto a corso Libertà. Prendiamo le feste di Natale organizzate dalla Confesercenti: non c’è una volta che tentino di coinvolgerci. Problemi di parcheggio? Noi che siamo vicini a piazza Mazzini possiamo considerarci fortunati, ma sarebbe ora che si facesse il parking interrato in piazza Vittoria senza intaccare la falda acquifera posta sotto questa zona». Poco più in là, Fabio Tait e Igor Aniballi, giovani commercianti del negozio specializzato “Aquarium”. «Bisogna essere capaci di mettere impegno, passione e voglia di specializzarsi. La nostra attività punta molto sugli appassionati di settore e ha un raggio di azione più ampio del singolo rione. Chiaro, però, che di fronte alla grande distribuzione anche nel campo degli animali domestici è necessario fornire ai clienti quei servizi che nei maxistore non possono trovare. Il passaparola è determinante e per ogni cliente insoddisfatto se ne perdono otto, mentre conquistare qualche nuovo appassionato significa sperare di poterne intercettare altri tre». Più lapidario Salvatore Esposito, della pizza al taglio “A modo mio”. «Qui funziona come in tutto il commercio: si procede ad alti e bassi. Difficile indicare una soluzione che possa far decollare tutto il settore con un battito di ciglia». Claudia Busselli con il suo negozio di scarpe è arrivata «da sole tre settimane, ma per il momento siamo molto soddisfatti della risposta della gente. Possiamo contare anche su clienti in arrivo da tutta la città». Andrea Ferretti e Gaetana Manzetti gestiscono un’attività storica per la strada: la gelateria “Dolomiti”. «E’ dura perché il passaggio non è sempre cospicuo. Di solito lavoriamo durante la settimana con la gente del rione e nel weekend riusciamo a intercettare anche chi abita un poco più lontano». Nel campo dei bar, invece, suona strana la denuncia di inflazione dell’offerta fatta da Zhane Yili del bar “Forum”. Troppo spesso, infatti, sono proprio i cinesi a essere additati come responsabili del fenomeno. «Questo c’entra poco, perché il problema dei troppi locali uno vicino all’altro lo paghiamo anche noi. Per fortuna, comunque, che ci sono gli uffici altrimenti senza parcheggi e con poco passaggio sarebbe dura». Flavio Galtarossa, titolare dell’omonima profumeria: «Fino a qualche anno fa il lunedì incassavamo 10 milioni di lire, oggi portiamo a casa 300 euro con una media giornaliera di 15-20 clienti. Avevamo un organico di 18 persone, oggi sono rimasto solo. Sono le cifre che evidenziano da sole le difficoltà di tutto il movimento che soccombe sotto i colpi della crisi e della grande distribuzione. Come resistere? Con gli sconti sui profumi e la specializzazione nel settore della cura dei capelli, almeno per quanto ci riguarda. Sulla bassa profumeria, invece, abbiamo dovuto cedere il passo». Mariateresa Fontanella e il marito da 35 anni gestiscono la gelateria “Cadore”. «E’ un momento difficile. La zona industriale, per esempio, è cresciuta a dismisura come offerta e qui siamo senza parcheggi. Per il carico e scarico, invece, subiamo il paradosso di dover tirare giù dai mezzi le vasche di gelato in arrivo da laboratorio e portarle in negozio attraversando ogni volta la strada». Chiudono il giro Ferdinando e Giovanna Granziol dell’ottica “Excelsior”. «Siamo una strada dimenticata, poco appetibile per i turisti e mai coinvolta nelle iniziative per promuovere il commercio». (a.c.)
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