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lunedì 18 ottobre 2010
I commercianti di Galleria Europa «Va rilanciata»
BOLZANO. E' arrivata da poco in Galleria Europa con il suo «Ottica Mirko», ma Michela Magnabosco è già in grado di stilare un piccolo parallelismo con la parte alta di via Museo. «Prima eravamo vicino al Museo civico, ma il passaggio non è paragonabile a quello che troviamo qui. Possiamo contare anche sui turisti e il bacino d'utenza si è allargato molto». Laura Bensi calcola e pesa ogni singola parola e, dopo 40 anni di attività in Galleria, regala un affresco di questo scorcio commerciale: «Abbiamo sempre cercato di essere il corridoio elegante e di un certo livello del centro. All'apertura eravamo moltissime boutique estremamente specializzate: un'idea che ha funzionato negli anni. Ci troviamo bene perché siamo stati in grado di fidelizzare i clienti e non parlo solo dei bolzanini, ma anche dei turisti tedeschi che tornano a trovarci per fare acquisti». Marika Fabbruccio ci accoglie con un sorriso da «MarkItaly» in compagnia di Francesca Adorno, dipendente di Ottica «Mirko». «Non possiamo lamentarci per il lavoro e il passaggio. La concorrenza nell'abbigliamento? E' vero che ci sono parecchi negozi, ma per quanto ci riguarda riusciamo ad occupare una nicchia di mercato più specifica e non ne risentiamo». Arriva da «Timberland», per bocca di Maurizio Nettuno, Francesca Sigillò e Ivan Cescatti la proposta per rilanciare ai massimi livelli la galleria: «Facciamo orario continuato tutti: solo così possiamo attirare i lavoratori del centro che per la pausa pranzo si fermano in zona. Questa, però, deve essere un'azione comune, altrimenti perde completamente di efficacia. Devo ammettere, infatti, che avendo due vetrine ci accorgiamo di quanto via Museo "tiri" di più rispetto alla Europa. Qualcuno, talvolta, ci chiede delle informazioni sull'offerta commerciale e noi cerchiamo di indirizzarli prima qui e poi sotto i Portici, ma intercettare il flusso non è facile. Dobbiamo metterci in testa che se «Mediaworld» incassa centinaia di migliaia di euro è necessario trovare un sistema per appropriarci di parte di quella fetta di mercato perché, evidentemente, è spendibile. Netto rifiuto, invece, alle aperture domenicali perché la vita familiare va rispettata». Da «Napapijri» troviamo David Kaisermann, Romina Kastlunger e Stefanie Kofler, più restii all'orario continuato. «Chi ha la fortuna di avere alcuni dipendenti come noi può anche pensarci, ma le attività individuali non possiamo costringerle. Qui stiamo molto bene, anche se spiace vedere diverse serrande abbassate. Poco male, sembra che a breve arriveranno nuove attività». Sotto il velo dell'anonimato, però, emerge qualcosa di più: elementi utili a capire meglio un ambiente non troppo coeso. «Molte attività abbassano lo standard che andrebbe rispettato in una zona che si è deciso di dedicare all'esclusività», dicono. Qualcuno, addirittura, ci ferma prima che varchiamo le porte di un negozio. «Non entrate», suggerisce, «sono appena arrivati e le loro opinioni non possono certo valere come quelle di chi è qua da più tempo». Di contro qualcuno si lamenta «perché c'è chi non intende incoraggiare un divieto di fumo sacrosanto all'interno della galleria. Ogni tanto siamo costretti a uscire per respirare». In conclusione una fotografia esemplare del clima: «Non chieda nulla, perché non intendo farmi nemici né comparire in mezzo a tutti gli altri». I registri di cassa, almeno quelli, qui sorridono. (a.c.)
Alan Conti
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