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sabato 29 gennaio 2011

I bolzanini: sui monumenti siamo stati svenduti cattivo esempio per i giovani


28 gennaio 2011 — pagina 06 sezione: Cronaca


BOLZANO. “Vergogna”, “svendita del gruppo italiano”, “mercato delle vacche” e “pessimo esempio per i giovani”. Non vanno per il sottile i bolzanini - al di là degli schieramenti politici - nel commentare il patto Svp-Pdl che, per salvaguardare la fiducia al ministro dei beni culturali Sandro Bondi, prevede la rimozione del Duce a cavallo di piazza Tribunale e il blocco dei lavori di restauro al Monumento di piazza Vittoria. Di fronte al palazzo degli uffici finanziari incontriamo Remo Vanzo, intento a osservare il rilievo di Piffrader: «Che brutta figura. Il ministro Sandro Bondi, e con lui tutto il Pdl nazionale, si è rivelata persona poco corretta, disposta ad assecondare un ricatto per salvarsi. Al di là di ogni discorso precedente, basterebbe questo atteggiamento per giustificare un voto di sfiducia. Il gruppo italiano è stato svenduto». Natalino Dainese scuote la testa: «Guardi, io sono di tutt’altro colore rispetto a chi ha sempre sostenuto il Duce a cavallo, ma qui si è passato il limite. Il frontone va lasciato dov’è: non possiamo piegarci a logiche che ci riportano indietro di un secolo». «La storia è storia - interviene Monica Carnacina - e qualunque nazione annovera pagine belle e brutte nel proprio passato. I simboli dei periodi bui vanno lasciati, anche come monito per le nuove generazioni». Stessa lunghezza d’onda per Alba Saturnini: «Gli errori del passato non si cancellano e non si nasconde la polvere sotto i tappeti. Le trattative condotte sottotraccia, poi, lasciano un alone inquietante su cosa veramente ci sia ancora di nascosto in tutto questo mercanteggiare. Forse si guarda con interesse alle prossime provinciali». Chi si discosta dal sentimento generale è Stefano A., ebreo. «Si tende a limitare il discorso a un dualismo tra italiani e tedeschi, ma chi è ebraico come me soffre nel vedere queste celebrazioni. Sono d’accordo, quindi, con Svp e Bondi: via il Duce a cavallo e via pure il Monumento alla Vittoria». A sorpresa, invece, arriva la critica di Toni Kipperberg: «Sono tedesco, ma questo accordo è solo un contentino gettato dalla Svp per arginare la fuga di voti a destra. Io avrei lasciato monumenti e simboli dandogli, però, una nuova cornice esplicativa». Giuseppe Farina parla apertamente «di mercato delle vacche, dove gli italiani sono stati calpestati. Il Monumento deve rimanere ed essere restaurato per depotenziarlo una volta per tutte, ma rendendo giustizia alla nostra storia comune». Se la cava con una battuta, amara, Giorgio Marcato: «Certo che il Duce a cavallo lo leverei. Immediatamente. L’importante, però, è che al suo posto si metta una rappresentazione del presidente della Provincia Luis Durnwalder. Scherzi a parte, credo che eliminare la storia sia un atto di ingiustizia, al di là delle convinzioni politiche. Il frontone va lasciato e il Monumento restaurato e, magari, riconsegnato alla città con l’apertura di un museo sulla Grande Guerra. Da bolzanino, per esempio, non ho mai avuto l’opportunità di visitarlo. Assurdo. Questo accordo è un pessimo esempio per i giovani: veicola il messaggio che per salvare al poltrona si può vendere tutto». A portare avanti le istanze di parte del gruppo tedesco che non vuole più vedere i simboli fascisti troviamo Gottfried Rungger: «Per me sono da levare immediatamente. Personalmente non mi sento insultato o infastidito, ma è ora di superare queste polemiche per andare avanti e la rimozione mi sembra l’unica soluzione che possa garantire la fine delle discussioni». La verità dei fatti, però, sembra un’altra. «E’ un accordo vergognoso e infame - non usa mezzi termini l’avvocato Paolo Mitolo, nipote di Pietro, storico dirigente di An - che offende la comunità italiana, quel simbolo ricorda solo la vittoria nel primo conflitto mondiale». Monica Rezmüves regala uno sguardo sulla sua Romania «dove i monumenti storici non vengono toccati per nessun motivo al mondo. Magari non c’è molta attenzione nella conservazione, ma un discorso come quello che fanno i nostri politici sarebbe impensabile». Sempre all’Europa dell’Est, infine, guarda la testimonianza di Polda Jeni ed Elisa Zhobe, bariste del bar “Otto e mezzo”. «Siamo polacche e nel nostro Paese il discorso è ancora più delicato. Abbiamo Auschwitz e monumenti che riportano addirittura le svastiche, ma è molto importante che rimangano al loro posto e vengano spiegate per filo e per segno. Le targhe esplicative sono fondamentali basti pensare che a Varsavia, quasi completamente distrutta dai bombardamenti bellici, ogni casa o edificio riporta un cartello col numero e i nomi dei caduti. A Bolzano si sbaglia a voler eliminare la testimonianza storica del Monumento che, bisogna avere il coraggio di dirlo, è anche esteticamente bello».

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Alan Conti

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