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venerdì 8 aprile 2011
Passa ai cinesi anche il bar Dolores
OLZANO. Una vecchia famiglia di baristi che se ne va e lascia spazio all'arrivo dei cinesi. Quella del bar "Dolores" e dei Paolazzi che dal 1978 ne gestiscono le sorti sembra una storia come tante in città che si portano via un poco di tradizione e lasciano sul bancone una nuova sfida d'immigrazione. In corso Italia, però, si verificano alcune novità curiose: da una parte la sinergia tra i vecchi proprietari e la nuova gestione cinese che, per una volta, si limiterà a pagare in affitto e dall'altra la voglia di Christian Paolazzi di raccontarci "da dentro" come l'arrivo degli asiatici stia cambiando il mondo dei bar. «Arriviamo alla fine di un percorso bello e importante - premette - di cui è stato indubbio protagonista mio papà Giuliano. Negli anni, però, mi sono sempre interessato al fenomeno cinese, soprattutto nel commercio, perché in qualche modo mi sentivo che questo sarebbe stato il nostro futuro». Previsione quantomai azzeccata, ma partiamo dall'inizio ovvero l'apertura delle trattative si cui girano voci, a metà tra realtà e leggenda, di valigette cash pronte a soddisfare qualsiasi richiesta. «La disponibilità di contanti, confermo, è davvero importante, ma la scena da film della valigia è abbastanza mitologica. Di certo, però, non c'è bisogno di grandi trattative: rispetto alla cifra che abbiamo richiesto c'è stato un margine di ribasso davvero contenuto. La capacità di investimento, quindi, è piuttosto importante». Il "Dolores", come detto, rappresenta però qualcosa di diverso. «Sì perché non abbiamo mai messo sul tavolo delle trattative la proprietà del locale - conferma Christian Paolazzi - il che non sempre è gradito ai cinesi che prediligono proprio impossessarsi dell'intero immobile. Ora, riflettendoci, questo modus operandi è praticamente sconosciuto alle altre comunità di immigrati e stranieri». Ci saranno delle ragioni e le voci di popolo sono certamente tra le più fantasiose. «Lo so, si parla di riciclaggio e di mafia, ma credo sia opportuno basarsi sull'esperienza concreta. A me risulta, infatti, che lo Stato cinese abbia predisposto delle misure economiche e di agevolazioni per chi decide di fare imprenditoria all'estero. Sappiamo tutti quali problemi demografici affliggono Pechino, quindi la ratio di questa scelta è abbastanza evidente. Non sorprende più, dunque, che molti di loro continuino a rimanere agganciati, tramite conti bancari o altri strumenti, al sistema finanziario ed economico della Patria di origine e quasi mai a quello italiano. Non dimentichiamoci, comunque, che non si muovono mai a caso e hanno giovanissimi o anziani che vengono pagati per girare le zone di Bolzano e farne una valutazione commerciale. Effettuano così le loro indagini di mercato». L'affitto del bar di corso Italia, però, determina una situazione inedita: bolzanini e cinesi, in una qualche misura, diventano compagni di uno stesso interesse. «Certo - prosegue Paolazzi che dietro al bancone si fa aiutare da mamma Giovanna Cavagna e da Sonia Surace - loro hanno necessità di inserirsi bene in un contesto di un locale particolare perché storico e frequentato da moltissimi professionisti come avvocati o commercialisti e noi, per affetto e affitto, scommettiamo sulla loro professionalità». E' proprio quest'ultimo termine che spesso viene addebitato come mancante in molti locali cinesi. «I due coniugi che subentreranno al nostro posto - conclude Christian - hanno una voglia imprenditoriale encomiabile. In questi giorni ci affiancano e imparano al meglio il lavoro, inoltre parlano con dimestichezza sia l'italiano che il tedesco e su questo sono già un passo avanti rispetto a noi. Abbiamo avuto anche interlocutori italiani tra le ipotesi di successione, ma davvero lo spirito d'iniziativa cinese non l'abbiamo trovato nel nostro gruppo».
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