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martedì 24 maggio 2011
I ristoratori di via Roma: «Questa zona sta morendo più parcheggi e iniziative»
di Alan Conti
BOLZANO. E' via Roma il "melting pot" della ristorazione bolzanina: dal messicano al russo, passando per le italianissime pizzerie di lunga tradizione della zona. Una situazione non sempre facile, complicata da una serie di fattori legati principalmente alla conformazione urbanistica di una strada senza parcheggio e scarsamente coinvolta nelle iniziative cittadione. E colpita nell'immagine da alcuni fatti di cronaca che hanno coinvolto un locale della strada per traffico di droga: una cattiva pubblicità che ha messo in difficoltà gli esercenti onesti della zona del tutto estranei a quanto accaduto, e che ora cercano di rilanciare il prestigio della via. L'apertura dei ristoranti take away all'interno del Twenty, inoltre, contribuisce a inasprire la concorrenza e la ricetta per smarcarsene è sempre quella: la ricerca della qualità. Andrea Ceravolo, per esempio, ha trovato il coraggio di investire e dopo la "Posillipo", pizzeria di famiglia da 25 anni, ha preso in mano la nuova gestione de "La Siesta". «In questo scenario bisogna lavorare moltissimo su qualità e immagine. La prima ti garantisce un bacino d'utenza fidelizzato e paga continuamente, mentre la seconda permette di proporsi nel modo adeguato». Proprio per questo un episodio di cronaca può fare danni ingenti. «Da poco una pizzeria di via Roma è stata chiusa per presunto spaccio e condizioni igieniche inaccettabili: un simile passaparola, pur non essendo responsabili, ha comportato un 40% del calo del lavoro tra clienti in sala e servizio a domicilio. Non avendo, oltretutto, una grande affluenza turistica nella zona è evidente che dobbiamo subire il contraccolpo di una cosa che non ci riguarda. Un'idea per venirci incontro, comunque, potrebbe essere quella delle feste con la strada chiusa al traffico». La pizzeria chiusa dall'intervento delle forze dell'ordine ha tormentato pure le notti di
Massimo Fava, storico titolare della pizzeria "Moretti". «Il domicilio, servizio essenziale in un periodo di crisi generale, è stato azzerato. Incredibile perché paghiamo le colpe degli altri, ma è proprio la stessa natura di attività di ristorazione decentrata a innescare la miccia. Il passaparola, per dire, è più determinante per noi che non per una pizzeria o un ristorante del Centro». Negativa anche la riflessione di Alessandro Vinante, titolare del ristorante messicano "Charro's". «Il problema più concreto, per quanto banale, è proprio quello dei parcheggi. Quanti residenti che hanno il garage posteggiano lo stesso in superficie? Sarebbe il caso di predisporne di più di colore blu. L'altro giorno dei clienti mi hanno detto di aver cercato 50 minuti prima di trovare un posto. Le licenze libere, inoltre, stanno mettendo in ginocchio molte attività perché non esiste praticamente più alcuna distinzione tra un ristorante, un bar con piccoli pasti o un take away. Il tutto con la possibilità di aprire fianco a fianco e l'unica speranza, allora, diventa quella di percorrere la strada della specializzazione. Pensiamo, inoltre, alle grandi mense della Zona Industriale oppure all'apertura dei ristoranti del Twenty salutati come fossero la vera svolta sui prezzi. Bene, la concorrenza nella Bolzano popolare sta semplicemente tagliando posti di lavoro perché i prezzi, il più delle volte, non possono essere abbassati per questioni di semplice sopravvivenza del locale». Unico nel suo genere è anche il bar Matrioska, egstito da Nadiya Tsurkan: «Essere l'unico punto vendita di specialità russa a Bolzano ci permette di vantare una clientela che arriva da ogni zona della città e uno zoccolo duro, più legato al bar, di residenti e lavoratori. E' la ricetta per sopravvivere in un posto come questo perché effettivamente quello del parcheggio è un problema molto sentito e persino per ottenere pochi metri per un dehors estivo bisogna condurre delle battaglie infinite». Chiusura con la riflessione di Flora Maria Kruger dell'enoteca "Il Brigante". «La liberalizzazione eccessiva comporta un appiattimento della professione verso il basso. Io stessa ho assistito a baristi cinesi che non erano nemmeno in grado di caricare la macchina del caffè. Si dovrebbe partire, forse, da un maggiore rispetto per la professionalità». 23 maggio 2011
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